Ultime opportunità per un appuntamento con la grande storia dell’arte e con la storia.
Ancora pochissimi giorni per godere di una mostra di grande valore che sintetizza, nella visione di due grandi artisti, l’immagine di un secolo la cui ricchezza culturale e artistica lascia ancora stupiti. Il contesto delle Scuderie del Quirinale, costruite all’inizio del ‘700, ben si attaglia a questo incontro con due figure la cui personalità deborda oltre le opere, in un mondo vivace e a tutto tondo che è quello del XVI secolo. Entrando nella mostra ci si trova in pieno nel clima di una città nel rinascimento. Parma diviene, all’inizio del 1500, anche con l’aiuto di questi due personaggi, una città all’avanguardia del suo tempo, degna della vita e della cultura cosmopolita e raffinata che caratterizza le grandi capitali di questo periodo: Roma, Venezia, Firenze e Bologna, e si conferma uno dei luoghi principali dell’Italia delle grandi committenze religiose e nobiliari.
La ricca esposizione, curata da David Ekserdjian e commentata mirabilmente dal video realizzato da Sky arte e condotto da Mia Ceran, ci apre le porte al mondo intimo e privato di Correggio (1489 1534) e Parmigianino (1503 1540), due soprannomi che, come ci fa notare il curatore, presumono l’importanza degli artisti e un grande riconoscimento del pubblico coevo che già li individuava con nomi diversi da quelli di famiglia. Due artisti ben diversi, accumunati da un linguggio netto e riconoscibile che contrappunta le sintesi plastiche di Caravaggio e punta al superamento dei limiti formali in direzione del Manierismo.
Antonio Allegri da Correggio, superò per primo gli elementi linguistici del primo cinquecento intendendo la pittura a olio come un linguaggio nuovo, dove alle limpide, scandite e stereometriche visioni chiare e cromatiche delle esperienze di Mantegna e Raffaello vengono superate da altri aspetti e sentimenti. Correggio, guarda molto più a Leonardo e alle atmosfere sfumate e delicate del grande maestro toscano; a questo proposito da ricordare il Ritratto di Dama di San Pietroburgo del 1520, che ha un fascino analogo a quello de La Gioconda, datata solo una decina di anni prima. Molto interessanti le figure femminili che interpretano profondamente uno spirito di dolcezza e tenerezza che non si era mai visto prima nella storia dell’arte. Tra le più belle opere di Correggio c’è un’opera mitologica: La Danae. La nube dorata, che impersona l’amplesso di Giove e che la pervade in una polvere sottile, genera una particolare atmosfera in tutto il quadro. In questa scena la seduzione erotica non è evidente, ma percepibile del movimento del corpo abbandonato su un accogliente e morbido giaciglio e nel sorriso intimo e privato della protagonista. La tela, conservata alla Galleria Borghese di Roma, rivela tutta la nuova capacità espressiva e sentimentale di questo autore. Ogni figura interpretata da Correggio prende vita e sentimento. Le figure delle Madonne col Bambino o il Matrimonio mistico di Santa Caterina, il Noli me Tangere, e molti altri soggetti tipici, vengono interpretati in un modo nuovo per raccontare le immagini religiose con un risvolto molto più familiare e umano. Allo stesso modo le figure mitologiche perdono la ridondanza e grandiosità del linguaggio precedente, per suggerire una vera e propria sinfonia di legami armonici e vorrei dire quasi musicali tra i personaggi e la storia in cui sono immersi. Soluzioni innovative che preludono al barocco sono immediatamente evidenti invece in opere non presenti nella mostra ma famose e notissime, e cioè le grandiose cupole e soffitti dipinti dall’artista nella sua città e altrove. In queste opere la grande capacità prospettica e costruttiva dell’artista parmigiano viene rivelata in tutta la sua grandezza. Figure e nuvole viste dal basso diventano vortice in volo, un’apoteosi immagini e natura fino alla parte centrale che, illuminata una luce fantasmagorica, il fulcro ideale del quadro e rappresenta l’astrazione del divino o, nei casi profani, una suggestiva immersione nella natura animata. Questa è l’altra novità del dell’artista, il colore luce che sfalda e costruisce alla stessa maniera le forme sia fisicamente che spiritualmente.

Parmigianino, al secolo Francesco Mazzola, è invece un grandissimo interprete di un arte considerata tendente, con termine dispregiativo al manierismo, basata quindi sul bel fare o bella maniera, e quindi, in qualche modo emotivamente e intellettualemente meno valida di quella che, secondo critici antichi e moderni, interpreta lo spirito duro e puro del Rinascimento. Al contrario il suo stile rivela una grande ricchezza di spirito, un ironia sottile e la capacità di un divertissement del vivere cha rivela un animo bello, come era anche il suo aspetto fisico. La sua pittura sembra andare oltre le forme naturali, oltre alla capacità dell’interpretare il vero; unarte che non trascende ma che ha comunque il fulcro nella vita umana. Parmigianino, per i pochi anni che la vita gli ha concesso, poco più di quaranta, resta comunque un maestro e un personaggio unico. Questo stile originale, che lega a tutti i personaggi delle sue opere, prevede spesso figure con gli occhi quasi a mandorla, incredibili Madonne dal collo allungato e dalle dita sottili, affusolate, assolutamente improbabili in natura. Oppure figure dove il sottile sorriso e l’ironia ridente degli occhi sbarazzini, come nella cosiddetta Schiava turca, ci fanno comprendere la grande capacità psicologica e l’intuizione mirabile dell’artista nel raccontare gli elementi più profondi di un personaggio. Allo stesso modo, a volte, la grandiosità delle figure umane e animali divengono simbolo di un superamento di schemi e legami con il linguaggio tradizionale che porteranno a una deformazione della figura umana in toto. Le immagini del Parmigianino rivelano sempre una capacità di indagare lo spirito e la psicologia delluomo che, negli interessanti ritratti, divengono di volta in volta archetipi di diversi sentimenti ed emozioni che caratterizzano i protagonisti, come nell’inquietante e oscuro Ritratto di uomo con libro, di New York e nell’intenso sguardo dell’Antea col visone di Napoli. La mostra costruita in un percorso molto interessante e gradevole, benché come accade spesso fisicamente un pò troppo oscuro, presenta un vero contrappunto tra i due artisti e la volontà di far comprendere al pubblico le rispettive analogie e differenze.
I pochissimi giorni che restano per godere di questo evento, che deve annoverarsi senza dubbio tra i migliori di questa stagione del 2016, devono spingerci a visitare quanto prima questa bellissima mostra proposta dalla sempre curata gestione del Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Alessandra Cesselon