Meglio tardi che mai. A distanza di quattro anni dalla premiere cannense nella sezione Un Certain Regard, Movies Inspired distribuisce in Italia Laurence Anyways, storia d’amore, desiderio e rivoluzione sessuale dell’allora ventitreenne e prodigioso regista/costumista/montatore Xavier Dolan. Alla terza visione del film – la prima a Cannes dove la protagonista Suzanne Clément si è aggiudicata il premio come Miglior Interpretazione Femminile, la seconda a Berlino dove il film è stato distribuito nell’estate del 2013 e la terza in occasione dell’attesa uscita italiana – l’ambizione, l’audacia, l’originalità stilistica e l’affondo emotivo dell’onnivoro culturale Dolan sono ancora lì inscalfiti.
Sinossi: Montreal, dal 1989 al 1999. Laurence Alia (Melvil Poupaud) e Fred Belair (Suzanne Clément) vivono la loro relazione nella turbolenza del cambiamento necessario per Laurence, destabilizzante per Fred. Lui non accetta il suo corpo maschile ed è finalmente determinato ad abbandonarlo a tutti gli effetti, lei non se ne capacita ma si sforza di comprenderlo e di rimanergli accanto nella trasformazione. La metamorfosi di Laurence inizia a lavoro, dove arriva in tailleur e tacchi a insegnare letteratura, e continua con la sperimentazione della violenza dello stigma sociale, con il rifiuto della famiglia, la crisi di un rapporto di coppia dove non si riesce a vivere né assieme né senza l’altro.
La re-visione di questo tripudio di emozioni sull’amore, l’identità, la complessità personale e sociale del transgender dopo il premio della Giuria a Cannes 2014 Mommy (primo film di Dolan distribuito in Italia grazie a Good Films) e il recente Gran Premio della Giuria It’s Just the End of the World conferma, anche a posteriori, la fattura di un autore da alcuni tacciato di presunzione che però si è senza dubbio imposto con il suo occhio stravagante, investigativo e pop.
Recensione: A soli diciannove anni Dolan si fa conoscere con J’ai tué ma mére, complessa e profonda esplorazione del rapporto muto e rabbioso tra una madre single incapace di ascoltare e un figlio adolescente in pieno tumulto. All’esordio straordinariamente riuscito, centrato e calibrato nel rapporto tra ricerca estetica e indagine tematica, dopo soltanto un anno fa seguito Les amours imaginaires, affondo personale su una triade amorosa vissuta tra illusioni, giochi di seduzione e gelosia. Il terzo lungometraggio, Laurence Anyways, affronta la transessualità in termini di tentativi, rinunce e conquiste, frugando nel ricordo di una storia d’amore, della storia d’amore con la donna A-Z, da scrittore – o meglio scrittrice affermata. La digressione lascia rivivere un amore romantico invidiabile e il prezzo da pagare per l’affermazione della propria identità, sullo sfondo di famiglie anaffettive da cui si fugge per poi invece tornare in cerca di accettazione (come la glaciale madre di Laurence interpretata da Nathalie Baye o la sarcastica sorella di Fred, Monia Chokri), e di una società ipocrita, imbarazzantemente ignorante e conservatrice, mentre un gruppo di drag queen diventa un rifugio alternativo e protettivo. Contro le possibili critiche alla natura caricaturale degli attori in gioco, va sottolineata invece l’esasperazione dei tratti nell’ottica di una stilizzazione estremizzante secondo la percezione di chi subisce.
L’estetica dell’immagine ha echi lontani – pittorici e fotografici – da Mondrian a Chagall a Klimt agli scatti cruenti di Nan Goldin, affonda lo sguardo nella moda che nei film di Dolan non ha solo il dovere di rappresentare coerentemente lo stile del tempo ma anche quello di esprimere stati d’animo in cambiamento, la colonna sonora oscilla tra i ritmi 80s dei Cure e dei Visage, con We Fade to Grey come bizzarra colonna sonora di una festa altrettanto stravagante ai limiti del reale, i bit incalzanti di Moderat e la classica di Prokofiev e Tchaikovsky per irrompere a tutto volume quando le scene si impongono ai nostri occhi con ralenti eccentrici da videoclip. Sebbene in alcune parti la tensione, che è motore di tutta la storia, si allenti per poi riprendersi e chiudere il ciclo della metamorfosi, lo stile visivo meticolosamente curato in ogni frame compensa le imprecisioni di una mano giovane seppur dal precoce talento. La pioggia di vestiti in slow-motion, e i vestiti stessi, le acconciature eccentriche e il décor sfarzoso ripagano con la loro meticolosità artistica i momenti narrativamente più deboli.
Francesca Vantaggiato