Pensato, scritto e diretto da Antonio Manzini, attore e scrittore di lungo corso, Cristian e Palletta contro tutti, suo primo lungometraggio, spicca per la ricchezza dei personaggi che popolano la storia e per il continuo passaggio di ambienti e situazioni, in uno scambio di battute che si rifanno al teatro dell’assurdo di Samuel Beckett..
Sinossi: Cristian (Libero De Rienzo) ha più di trent’anni e vive con la madre e il fratello; non lavora e tenta di sbarcare il lunario tra videogiochi e lavoretti poco puliti. Un giorno si lascia trascinare dai boss del quartiere Silvanello e Sergione (Tullio Sorrentino e Dario D’Ambrosi) che gli chiedono di recuperare una busta contenente cinquemila euro a casa di un ex-detenuto agli arresti domiciliari. Si tratta di un lavoretto tranquillo e “pulito” da cui ricaverebbe 300 euro. Cristian cerca la svolta e si fa intortare dall’ex-galeotto che lo ripulisce dei soldi che gli aveva consegnato, con una partita a scopetta.
Cristian è di nuovo punto e capo, anzi peggio: deve restituire i soldi a Silvanello e Sergione, con tanto di interessi a tassi da strozzini e rimettere a posto le cose con la fidanzata Teresa (Margherita Vicario), che gli aveva chiesto di accompagnarla in Puglia al matrimonio della cugina, proprio il giorno in cui si è infilato in quell’affare finito male.
Sempre alla ricerca della botta di culo, Cristian torna a fare affari con Silvanello e Sergione che gli propongono un lavoro più importante, per pareggiare i conti (interessi compresi) e guadagnare un bel po’ di soldi, che potrebbero essere la base di partenza per una nuova vita, sia per lui che per il suo amico di sempre, Palletta (Pietro Sermonti): trasportare un carico di droga da Roma al Liechtenstein. Palletta fa il meccanico (in nero) in un’officina gestita da un tizio poco raccomandabile; è sempre mosso da buoni sentimenti e buoni propositi ed è convinto che nella vita sia il duro lavoro a ripagare degli sforzi; ma nonostante questo si ritrova coinvolto nella disavventura dell’amico.
Cristian sa che trasportare droga all’estero è rischioso e per questo si rivolge a una specie di guru, un maestro di vita che in preda ai fumi di sostanze stupefacenti non sarà in grado di aiutarlo; sarà la sua assistente sudamericana a suggerire a Cristian la soluzione; per coprire l’odore della droga ed evitare i controlli della polizia alla frontiera i corrieri colombiani usano la pipì di giaguaro.
La svolta è sempre più difficile ma non impossibile: è estate e a Roma non ci sono giaguari, il tempo stringe e Teresa è sempre più arrabbiata con Cristian perché vorrebbe che lui l’accompagnasse al funerale dello zio Gaetano “santo protettore” della sua famiglia, che commercia in burrate e ha da poco subito un grosso furto.
Ma Cristian deve pensare alla pipì del giaguaro e parte con Palletta alla volta dello zoo di Fasano in Puglia dove, pare, ci sia un esemplare del felino; da Commedia a sfondo sociale il film si fa road-movie (suggerito anche da un cambio di fotografia) e poi, con il salire della tensione e delle vicissitudini dei protagonisti, strizza l’occhio al western. In una Puglia deserta e surreale i due protagonisti si trovano alle prese con i padroni di un circo semi-abbandonato fino ad entrare nella roccaforte di un boss locale, proprio durante l’allestimento della camera ardente del “mammasantissima”.
Il finale, prevedibile sì, ma ricco di ritmo e piccoli colpi di scena mantiene lo spettatore inchiodato allo schermo e chiude una storia ben scritta e articolata, semplice e chiara nel suo motivo conduttore: in un mondo dove nessuno ha più fiducia e speranza, (quasi) tutti sono spinti dalla ricerca della svolta, la scorciatoia per una vita più facile e senza farsi troppo domande morali e, soprattutto, senza troppo sbattimento.
Recensione: Pensato, scritto e diretto da Antonio Manzini, attore e scrittore di lungo corso, al suo primo lungometraggio, e prodotto da Flavia Parnasi, definita “produttrice coraggiosa” da Serena Dandini, Cristian e Palletta contro tutti è un film ambientato ai nostri giorni, in piena crisi economica e sociale, in uno scenario dove giovani e meno giovani non credono più nei percorsi di studio e di lavoro tradizionali e sono convinti che la prospettiva di un futuro migliore possa realizzarsi solo attraverso la svolta.
Cristian individua la svolta in una missione pericolosa che lo porterà a cercare un giaguaro dalla periferia romana alla campagna pugliese; Silvanello e Sergione cercano la svolta così come i due circensi Alfredo (Rocco Ciarmoli) e sua cugina, la famiglia di Teresa. C’è chi prova a stare fuori dalle macchinazioni per la via più breve verso il benessere (e la felicita?) come Palletta, che sogna un’officina tutta sua da aprire coi soldi che guadagna lavorando come meccanico oppure come il fratello di Cristian, che studia con costanza e dedizione per prendere una laurea. Ma se Palletta, per inseguire il suo sogno deve lavorare in nero e mettere a punto macchine che serviranno per piccoli e grandi furti, oppure trasportare il carico di droga oltre la frontiera, il fratello di Cristian in questa storia resta una semplice comparsa, l’unico che sceglie la strada più lunga e faticosa.
Il film spicca per la ricchezza dei personaggi che popolano la storia e per il continuo passaggio di ambienti e situazioni, in uno scambio di battute che si rifanno al teatro dell’assurdo di Samuel Beckett. Chi scrive conosce i tempi narrativi, il nostro tempo storico, la letteratura e il cinema ma soprattutto conosce l’animo umano e come questo si stia adattando ai mutamenti sociali ed economici degli ultimi anni. Altrettanto ricca è la varietà linguistica dialettale che storpia i nomi di cose e luoghi, restituendo allo spettatore una geografia singolare e divertente.
Libero De Rienzo ha definito il film “un puro atto di egoismo di chi vi ha partecipato, un momento di anarchia pulita e rispettosa” sottolineando in particolare la bravura del direttore della fotografia Antonello Emidi, “una piccola stella da tenere sott’occhio”, che è stato in grado di ricreare perfettamente attraverso l’uso della luce, i generi narrativi esplorati.
In un’epoca in cui i temi a sfondo sociale vengono trattati in film drammatici, che possono allontanare lo spettatore dal cinema, il film di Manzini è una vera e propria Commedia che in alcuni punti ricorda il Don Chisciotte di Cervantes; leggero ad un primo livello di lettura, ma che si apre ad una rilettura decisamente più profonda, avvicinando lo spettatore alla storia grazie anche al mescolamento di generi e alla parodia. Quest’ultima non è fine a se stessa ma consente al film di deformare la realtà e di farlo in maniera naturale, senza forzature, affinché l’esasperazione della realtà e delle persone possa mostrarne le debolezze per riderci sopra e far riflettere lo spettatore.
Anna Quaranta