Saggio visivo estremo, in cui l’occhio fa esperienza di una bellezza gettata in pasto a uno sguardo che, mai pago, cerca sempre di innalzare l’asticella del visibile/scibile, nel tentativo perverso di aumentare a dismisura un godimento che, però, non raggiunge mai la vetta dell’orgasmo, dando corpo, in tal modo, a una frustrazione che fa del rilanciare a oltranza la propria unica modalità operativa: The Neon Demon è un’affilata riflessione sul concetto di rappresentazione, laddove il tema della bellezza diviene l’oggetto di una ricerca attraverso cui Nicolas Winding Refn (coadiuvato nella scrittura da Mary Laws e Polly Stenham) tenta di segnalare il passaggio da un atteggiamento fenomenologico caratterizzato da un’intenzionalità tutta tesa a cosificare a un’accoglienza che rompe con le usuali griglie conoscitive, sfociando in una dimensione etica superiore che redime ciò che insistentemente continua a collocarsi sul piano gnoseologico.
La bella e innocente Ella Fanning interrompe con la sua magnifica presenza un meccanismo saturo, in cui il narcisismo ha raggiunto quasi il massimo grado, giacche è proprio nell’effimero mondo della moda che il voyeurismo diffuso porta alle estreme conseguenze quella logica dell’oggettualizzazione che fa del corpo dell’Altro una terra di conquista, da colonizzare, rilanciando all’ennesima potenza quella tragica esposizione allo sguardo che non cessa di angosciare colui il quale vi è sottoposto (da qui l’insistente richiesta di “avere pietà”, di “abbassare lo sguardo”). NWR ci conduce in un mondo soffocante, glamour fino all’intollerabilità, correndo coraggiosamente il rischio di essere preso sul serio, e quindi frainteso, finanche di essere deriso: ma il suo è proprio il tentativo di mettere alla berlina un atteggiamento che è più che mai operativo attualmente, sebbene l’elevato grado raggiunto costituisca, paradossalmente, la premessa per il suo superamento.
Seguiamo Jesse (Fanning) nella varie tappe che scandiscono il suo percorso all’interno di un processo visivo in cui l’occhio danza vorticosamente con la bellezza, che spera di catturare, ma che si dilegua sempre un attimo prima di essere afferrata, e tutte le compagne-modelle che le gravitano intorno aggredendola, minandone le sicurezze (la sua ancestrale innocenza che abbaglia, la luce che esse non possiedono), invidiandola a morte, non costituiscono altro che quel combustibile per la saturazione di una modalità che chiede di essere oltrepassata. E giungiamo, infatti, alle sequenze finali, in cui apprendiamo che il corpo della giovane ragazza è stato mangiato da due sue compagne. L’antropofagia diviene dunque quel gesto tramite cui si porta finalmente alle estreme conseguenze l’intenzionalità dell’atteggiamento fenomenologico, facendolo contemporaneamente dissolvere, inaugurando un nuovo corso in cui, attraverso il “nutrimento” (vedi l’Eucarestia nella liturgia cristiana), si fa un’esperienza piena dell’Altro, che viene liberato, in quanto alla soggettività della coscienza si contrappone l’oggetto così introiettato. È attraverso una liberazione etica che può cominciare un inedito cammino che riconfiguri completamente la topologia dei rapporti. Una delle due ragazze che ha ‘mangiato’ Jesse ne sputa dei brandelli di carne e un occhio (chiara è qui l’allusione al cinema e allo sguardo), non riuscendo a contenerla (tant’è che si toglie la vita), mentre l’altra raccoglie l’organo visivo espulso, lo ingoia e se ne va tranquilla per la sua strada: una trasfigurazione, dunque, che tramite l’incarnazione neutralizza la rappresentazione. Non più, quindi, la proliferazione della rappresentazione senza più un pubblico, disorientato dalla diffusione massiva delle immagini sub specie spaectaculi, bensì un pubblico senza rappresentazione, laddove il versante della fruizione accoglie al suo interno, a partire da un nuovo dispositivo etico, quell’oggetto che prima ci si affannava tanto, e in vano, ad afferrare.
NWR dimostra ancora una volta (lo aveva fatto con Bleeder, Bronson, Valhalla Rising e Drive) di essere un regista assai intelligente, che ha meditato tanto e fruttuosamente sulla natura dello sguardo, sviscerandone i misteriosi meccanismi, spingendosi fino a quella soglia dell’indiscernibile, dove soggetto e oggetto si fondono in una meravigliosa unità che per un attimo pare ripristinare la riserva di senso contenuta nell’origine perduta. D’altronde cos’è quella di Jesse se non una discesa agli inferi, in cui porta una parola di speranza, e dove alla fine arriva all’estremo sacrificio?
The Neon Demon è dunque un film significativo, e anche se non è perfetto (la visionarietà barocca di Refn talvolta, pur se premeditatamente, potrebbe irritare lo spettatore) segnala in maniera inequivocabile la statura di un autore che non cessa di mettere in scena una spasmodica ricerca, di cui far fare esperienza al pubblico. The Neon Demon è un saggio sullo sguardo e la bellezza, sui rapporti, sulla coscienza, sull’amore, sulla speranza. Non a caso il regista ha dedicato il film alla moglie Liv. Dispiace, quindi, che non abbia incassato premi a Cannes, ma l’ultimo lungometraggio di Refn, che non è furbo, non è stato realizzato per piacere a tutti i costi, sebbene in tanti lo abbiamo recepito in questo senso.
Distribuito da Midnight Factory per Koch Media, The Neon Demon è disponibile in ultralimited edition (2 blu ray), in formato 2.35:1 e audio originale e in italiano (DTS-HD Master Audio) e sottotitoli opzionabili. Contenuti speciali Disco 1: Storytellers-Lo scandalo di Nicolas Winding Refn; La bellezza del demonio-Conversazione con Nicolas Winding Refn; Photogallery; Commento audio di Nicolas Windinf Refn e Ellen Fanning. Contenuti speciali Disco 2: Balck box con Nicolas Winding Refn; Making of; Intervista a Cliff Martinez; Nicolas Winding Refn e Alejandro jodorowsky-Conferenza stampa al Monaco Fil Festival 2013
Luca Biscontini