Dopo il sublime Vita di O-Haru, donna galante (1952), il maestro Kenji Mizoguchi realizzava quello che a tutt’oggi è considerato uno dei suoi massimi capolavori, I racconti della luna pallida d’agosto (Ugetsu monogatari, 1953), ispirandosi ai due racconti L’albergo di Asaji e La lubricità del serpente di Ueda Akinari, facenti parte della raccolta Racconti di pioggia e di luna. Il risultato è un affilatissimo pamphlet contro la guerra e i suoi devastanti effetti, laddove i protagonisti, due coppie, vengono investiti da una serie di eventi che ne sconvolgono irrimediabilmente le vite. Mizoguchi, come per molti dei suoi precedenti film, tratteggia delle figure di donne assai incisive, in riferimento al peso che acquistano nell’economia della storia, costituendo un decisivo contrappunto a uomini spesso deboli e incapaci di uno sguardo lungimirante sulla difficile situazione che attraversano.
Siamo alla fine del XVI secolo, e il vasaio Genjurô e suo fratello Tobei vivono con le loro mogli Miyagi e Ohama in un villaggio della regione di Omi. Il primo è fatalmente attratto dalla possibilità di lauti guadagni che lo stato di guerra gli potrebbe consentire, e, per tale motivo, produce più suppellettili che può, per poi rivenderli alla popolazione, bisognosa di tutti quei beni che durante un conflitto vengono a mancare. Tobei, invece, vorrebbe diventare un samurai per poter finalmente emanciparsi dalla condizione di povertà che affligge sia lui che la moglie. I due partono per vendere la merce, e tornano con un cospicuo guadagno. Durante una notte, però, un esercito penetra nel piccolo villaggio saccheggiando tutto quello che può, eppure Genjurô riesce a salvare i suoi vasi che nonostante il forno per la cottura si sia spento si sono perfettamente formati. Decide dunque di partire per una nuova spedizione, e lascia a casa la moglie e il figlio, temendo per la loro incolumità; Tobei e la moglie vanno con lui. I prodotti di Genjurô vanno a ruba, e tra i tanti clienti si avvicina una sensuale signora, Lady Wakasa (la spalendida Machiko Kyô), che gli chiede di portargli a casa quanto acquistato. Nel frattempo Tobei si allontana per comprare con i soldi guadagnati un’armatura da samurai. Ohama, la moglie, lo cerca invano, finché non incappa in un gruppetto di soldati che abusa di lei, lasciandola esanime dopo aver compiuto ripetute violenze. Genjurô, incantato da Lady Wakasa si reca al castello dove ella vive, e rimane fatalmente attratto dai modi della signora, cui cede incondizionatamente, dimenticandosi della moglie e del figlio. Intanto Tobei, fortunosamente, uccide il soldato che aveva decapitato il generale dell’esercito nemico, e porta la testa così ottenuta al signore del luogo, che lo premia nominandolo samurai, consegnandogli un cavallo e un manipolo di uomini al suo servizio. Mentre si reca a casa per ritrovare la moglie, si ferma in un postribolo, dove inaspettatamente tra le tante prostitute scorge proprio Ohama, la quale, vedendolo, ha una furiosa crisi di pianto, e l’incontro si conclude con un abbraccio disperato. Genjurô, mentre si recava a far acquisti per la sua giovane amante, viene fermato da un sacerdote veggente, il quale lo allerta sul fatto che la donna che frequenta è in realtà uno spirito ammaliatore, e per evitare che in futuro possa essere ancora stregato, gli dipinge sul corpo un sutra e quella notte finalmente Genjurô riesce a liberarsi; tutto ciò che aveva vissuto si rivela un’illusione e, dunque, non gli resta che tornare dalla moglie, la quale però nel frattempo era stata depredata e uccisa da alcuni soldati affamati. Nonostante ciò, quando arriva al villaggio, si reca nella sua casa e incontra lo spirito di Miyagi che lo accoglie con grande calore. Solo all’indomani il saggio del villaggio gli rivela la verità. Il film si chiude con Tobei e Genjurô che, rinsaviti, si dedicano intensamente al lavoro per poter vivere onestamente.
I racconti della luna pallida d’agosto è un film che racconta con semplicità e struggimento la guerra, stigmatizzandone gli effetti, soprattutto sul piano morale, laddove viene innescata una degenerazione etica che produce discordia, divisione, egoismo e sopraffazione. Ma ciò che altresì interessava Mizoguchi era l’atmosfera di sogno e la fantasia che i racconti di Ueda Akinari veicolano, e, in tal senso, risultano davvero riuscite le sequenze in cui il protagonista Genjurô (Masayuki Mori) si relaziona con l’eterea Lady Wakasa, la cui fantasmaticità si evince immediatamente dal modo in cui incede nella folla per giungere al banco in cui l’ignaro vasaio vende i suoi prodotti. Sembra quasi levitare, come se il suo avanzare non incontrasse attrito. Sublimi sono le scene dentro il castello, e in particolare quando la donna implora l’amore del commerciante tra i fumi sognanti di un bagno caldo che restituisce in pieno l’illusorietà della situazione. La macchina da presa di Mizoguchi è mobilissima, agile (a differenza del collega Ozu), e tanti sono i bei piani sequenza costruiti intorno alle splendide prestazioni dei suoi protagonisti. Un capolavoro, dunque, da vedere e rivedere, per fare esperienza di un cinema che non cessa di esercitare un immarcescibile fascino.
Pubblicato da Sinister Film e distribuito da CG Entertainment, I racconti della luna pallida d’agosto è disponibile in dvd, in formato 1.33:1, con audio in italiano e originale (DD Dual Mono) con sottotitoli opzionabili. Nei contenuti speciali il trailer originale dell’epoca.
Luca Biscontini