Luc Besson, qui alla sua seconda prova registica, parte subito in pompa magna, allertando lo spettatore con due lapidarie citazioni di illustri filosofi: “Essere è Fare” (Aristotele) e “Fare è Essere” (Sartre); poi, però, intelligentemente, corregge il tiro, scherza, si ridimensiona e riporta il ‘pensiero’ di Frank Sinatra: “Fa Re, Fa Re”. Insomma, non c’è dubbio, per il cineasta francese l’uomo è atto, l’esistenza precede l’essenza (si scusi l’abuso della terminologia ‘metafisicizzante’) e la musica diviene il luogo privilegiato in cui far confluire il movimento senza mediazione del pensiero, laddove, come faceva notare Nietzsche ne La nascita della tragedia, la musica è il riflesso immediato della realtà, e, dunque, per questa sua natura svetta su tutte le altre arti.
L’enigmatico Fred, interpretato dall’ossigenatissimo Christopher Lambert, dà corpo con la sua figura a un’iconografia che ha lasciato un certo segno nell’immaginario cinematografico; dopo aver sottratto alcuni compromettenti documenti a un gangster, che per tale motivo gli dà una caccia spietata, si rifugia nella metropolitana di Parigi, riuscendo a evitare coloro che lo braccano (di mezzo c’è anche la polizia). Nei fumosi sotterranei viene a contatto con un’umanità altra, che vive muovendosi negli angusti cunicoli di uno spazio ostile, buio, inospitale, eppure capace di fornire alloggio a un modo alternativo di interpretare l’esistenza, laddove tutto avviene per caso, sembra mancare un disegno preliminare che determini le azioni. Insomma, è proprio questo il punto, non c’è una logica che regoli preventivamente i comportamenti, si sconfina apertamente nell’aneconomico, ovvero in un ‘atto continuato’ senza interruzioni, tant’è che Fred utilizzerà i soldi ricavati da una rapina per pagare i suoi strampalati musicisti (tra cui un giovane Jean Reno) che si esibiscono in un improbabile concerto.
Héléna (Isabella Adjani) – una bellezza, la sua, abbagliante – è la donna del gangster derubato, e si ritrova a inseguire Fred, non tanto per recuperare il maltolto, quanto per smarcarsi dal rapporto con l’asfissiante compagno, che l’ha ridotta a statuina da esibire nelle noiosissime cene che sovente frequenta. È tutto un fuggire da una realtà che opprime, cosifica, imbalsama: è necessario, dunque, precipitare negli abissi per poter fare esperienza della verticalità, di un incessante divenire in cui non c’è tempo per esitazioni e tentennamenti, arrivando a rischiare la propria vita pur di rimanere fedeli a un ‘evento che non smette di accadere’. A questo punto Fred e Héléna riescono a incontrarsi, i loro corpi si sfiorano, e l’uomo, colpito da un proiettile sparato da un gangster, sdraiato al suolo, le sussurra una canzone. Non sappiamo quale sarà l’esito della vicenda, se Fred sopravvivrà, eppure il loro incontro presagisce un senso di liberazione fatalmente interdetto dal mondo soprastante.
Dunque, Luc Besson rivela con Subway ambizioni altisonanti, il desiderio di ripensare completamente le dinamiche dei rapporti, le categorie del pensiero, criticando un modello di vita frustrante e infruttuoso. Ma questa che è la forza del film costituisce anche il punto debole, giacché spesso la trama si sfilaccia, incurante di disorientare lo spettatore che fatica a comprendere, ma soprattutto ad appassionarsi alla gesta del misterioso protagonista. Ciò non toglie che Subway rimanga un interessante esperimento che di certo ha segnato un decennio cinematografico, quello degli anni ottanta, in profondità. Se ne consiglia, quindi, la visione, per fare esperienza dello sprofondamento del protagonista, troppo impegnato a precipitare per fornire chiavi di letture esaurienti al pubblico.
Pubblicato da Pulp Video e distribuito da CG Entertainment, Subway è disponibile in blu ray con audio in italiano (DD 5.1 e DD 2.0) e in francese (DD 2.0) con sottotitoli opzionabili.
Luca Biscontini