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69 Festival di Cannes: Tour de France di Rachid Djaidani (Quinzaine des Réalisateurs)

Diretto dal regista e sceneggiatore francese Rachid Djaidani, al suo secondo lungometraggio, Tour de France è una commedia semplice e senza sbavature, che va dritta al cuore del problema dell’integrazione e lo fa affidando i ruoli dei protagonisti al giovane e promettente Sadeq e ad uno strepitoso Gerard Depardieu, che divertono e incantano il pubblico con una botta e risposta esilarante e surreale

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L’ultima proiezione di questa edizione 2016 della Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes si svolge allo Studio 13 di Avenue Picaude, a circa una ventina di minuti a piedi dalla Croisette, ancora un po’ sonnolenta e in attesa di rifarsi il trucco per l’attesissima Palme D’Or di questa sera.

Diretto dal regista e sceneggiatore francese Rachid Djaidani, al suo secondo lungometraggio, Tour de France è una Commedia semplice e senza sbavature, che va dritta al cuore del problema dell’integrazione e lo fa affidando i ruoli dei protagonisti al giovane e promettente Sadeq e ad uno strepitoso Gerard Depardieu, che divertono e incantano il pubblico con un botta e risposta esilarante e surreale.

Farouk Ben Said, in arte Far’Hook (Sadeq), è un giovane rapper ventenne che vive nella periferia parigina; dopo uno scontro con uno dei suoi rivali, che lo minaccia di ritorsioni, il suo produttore Bilal (Nicolas Marétheu) lo allontana da Parigi, preoccupato che possa succedergli qualcosa e non possa partecipare ad un concerto previsto a Marsiglia di lì a poco. Bilal lo spedisce da suo padre Serge (Gérard Depardieu) con cui non ha rapporti da molti anni, per via della conversione dello stesso Bilal all’Islam, che Serge non ha accettato.

Diffidente, burbero, intollerante e con una mentalità poco aperta rispetto all’integrazione interculturale, Serge si rifiuta di considerare Farouk un francese: per lui resta sempre un musulmano che non mangia carne e non beve vino per via della religione, e non riesce ad ammettere che il Paese sta andando avanti verso un’integrazione ormai in atto da almeno due generazioni. Bilal chiede a Farouk di accompagnare Serge in un viaggio che l’anziano uomo aveva programmato di fare da molto tempo: un viaggio che ripercorre i dieci porti della Francia riproducendo gli stessi quadri che il pittore Vernet aveva dipinto su commissione di Luigi XV. Nonostante il carattere ruvido e le battute dettate da stereotipi e luoghi comuni, Farouk si affeziona a Serge, probabilmente perché vi ritrova la figura di un padre che non ha mai avuto; anche Serge si lascia andare a moti d’affetto nei confronti di Farouk, ripensando a quanto è successo con il figlio e iniziando ad aprirsi nei confronti di ciò che è diverso.

Il film è ricco di battute e freddure che lo rendono una commedia divertente e brillante ma non senza tensione a sfondo sociale, che a volte si stempera grazie all’auto-ironia dei personaggi – Depardieu che canta la Marsigliese in versione rap o i due protagonisti che duettano sulle note di Je suis malade di Serge Lama – e altre culmina in momenti drammatici e di rivelazioni dolorose.  La rabbia di Serge nei confronti degli immigrati, raccontata anche dalla radio che manda in onda programmi di propaganda stile “prima i francesi”,  non è soltanto paura dell’altro. Come Farouk gli dirà a brutto muso, i francesi disprezzano sia lui che Serge, entrambi francesi ma uno è figlio di immigrati e l’altro, seppur di carnagione bianca e religione cattolica, è un poveraccio. E la rabbia di Serge è quella di chi sa di non essere accettato e si scaglia contro chi è nella sua stessa situazione.

Il film è ricco e ben curato, nelle citazioni artistiche che oltre a Vernet e alla musica pop francese comprendono anche la poesia di Baudelaire, nel modo di raccontare attraverso i nuovi strumenti di comunicazione come i video virali di youtube, e nella fotografia, affidata a Luc Pagés, modulata seguendo i toni della Commedia e quelli del dramma.

È una storia che tocca le corde e scuote, Djaidani riesce ad andare a fondo del problema dell’integrazione, e lo fa semplicemente senza retorica o melodrammi. In uno dei dialoghi tra i due protagonisti Serge si interroga sulla colpa di questa situazione di intolleranza e Farouk gli risponde che quelli come lui, seppur di nazionalità francese, sono considerati cittadini di seconda classe – a meno ché non diventino calciatori o cabarettisti. Sono parole importanti, intessute di una verità semplice e chiara, per molti scomoda, ma che racchiude una questione che ormai da tempo accomuna i paesi di un’Europa sempre più divisa da muri invalicabili.

Anna Quaranta

  • Anno: 2015
  • Durata: 95'
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Rachid Djaidani

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