Paul Verhoeven è la sorpresa dell’ultimo minuto. Sorniona lo aspettavo, sperando in un pizzico di eccitazione cinematografica intelligente, divertente e sanamente perversa, come lui sa egregiamente rendere. Elle ravviva una chiusura di questa edizione del festival di Cannes accompagnata da pellicole fischiate e imbarazzanti. A ‘friccicare’ la stampa, proprio l’ultimo film in programma per il Concorso: Elle è una pellicola brillante, originale, dove le contraddizioni, le pulsioni, le verità, le menzogne, i luoghi comuni, le non convenzioni si mescolano, si confondono, donandoci una pittoresca ambiguità. Ambiguità è la parola chiave per disinnescare il flusso di situazioni e personaggi che la popolano, capitanate da un figura femminile inafferrabile.
Michèle è la superlativa Isabelle Huppert, una donna che appare indistruttibile. La vediamo subire l’inaspettata e scioccante aggressione-violenza sessuale in casa sua e reagire alla cosa come ad uno spiacevole contrattempo. Capo di una piccola società di videogiochi, nel lavoro e nella gestione della vita privata adotta la medesima praticità esistenziale. Attorno a lei ruotano una serie di meteore impazzite che rendono non semplice un equilibrio: in primis suo figlio, grande fanciullo succube di una fidanzata dall’umore psicopatico; l’ex marito scrittore in pausa, abbandonato ma controllato a vista nelle sue relazioni, una madre che tenta di esorcizzare la propria vecchiaia in un rapporto con un giovane squattrinato, una coppia di vicini scissa tra la blindata dedizione cattolica di lei e la perversione controllata di lui, una coppia di amici storici e colleghi di lavoro tradita da Michelle nel sesso che la donna si concede con lui.
Dentro questo calderone si insinua e affiora un passato ingombrante per Elle e sua madre depositato nella figura di un padre assassino seriale. Ad aggiungere pepe alla vicenda, la poliziesca caccia privata di Elle al suo violentatore, che riaffiora nella vita della donna con piccoli indizi sparpagliati nel quotidiano.
Adattamento cinematografico del romanzo del 2012 Oh… di Philippe Djian, Verhoeven lavora sul canovaccio scritto dallo sceneggiatore David Birke con tutta la maestria nel pilotare, incrociare, isolare i molteplici stimoli contrastanti che ci attraversano. L’ironia stempera e ravviva insieme certi paradossi, ci fa comprendere che la vita è costantemente popolata da ambiguità, menzogne, senso del ridicolo, che gli affetti danno soprattutto problemi, che l’istinto e la ragione lottano quotidianamente e incessantemente ogni giorno dentro gli uomini e che l’equilibrio si può raggiungere staccando la spina al proprio motore come fa Elle: basta volerlo e agire per farlo. Tutto il cast della pellicola sorregge alla perfezione un ritmo, già dai dialoghi, allegramente senza tregua… Corriamo, ci fermiamo, prendiamo un bel respiro e continuiamo a camminare insieme a tutti loro!
Maria Cera