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69 Festival di Cannes: Ma’ Rosa di Brillante Mendoza (Concorso)

Brillante Mendoza aggiunge al puzzle impressionista della sua infernale Manila un altro tassello prezioso con Ma’ Rosa, pellicola presente nel concorso ufficiale, più misurata (se nel suo cinema è possibile adottare questa definizione) nella forza espressiva di tensione visiva e narrativa rispetto all’immenso Taklub (portato a Cannes dentro Un certain regard l’anno scorso) ma sempre dirompente

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Brillante Mendoza aggiunge al puzzle impressionista della sua infernale Manila un altro tassello prezioso con Ma’ Rosa, pellicola presente nel concorso ufficiale, più misurata (se nel suo cinema è possibile adottare questa definizione) nella forza espressiva di tensione visiva e narrativa rispetto all’immenso Taklub (portato a Cannes dentro Un certain regard l’anno scorso) ma sempre dirompente, per ciò che ci mostra e per come lo mostra. Ma’ Rosa è un’altra eroina mendoziana che si carica sulle spalle 3 figli, un marito e tutta la fatica della povertà condivisa dentro un sobborgo-casba di Manila. Nel suo emporio Ma‘ Rosa gestisce un piccolo  traffico di stupefacenti. Tradita da una soffiata, Ma‘ Rosa e suo marito vengono prelevati dalla polizia locale con le prove del reato, subendo la esplicita corruzione degli agenti, interessati soltanto a riempire le proprie tasche…….I tre figli si mobiliteranno nel raccattare i soldi necessari per liberarli e per ritornare alla consueta schiavitù quotidiana, a cui Ma‘ Rosa si abbandona con tenerezza ed impotenza nel guardare una giovane famiglia di venditori ambulanti, riflesso di tutte le speranze della propria giovinezza.

Mendoza come al solito non ci lascia tregua, nemmeno uno spiraglio di aria fresca da immagazzinare. Ci getta immediatamente in quel pezzo di mondo, senza funi a cui aggrapparci: la macchina da presa si fa largo, si attacca, fugge, incalza, schiaccia…..L’occhio camaleonticamente assorbe i chiaroscuri, le ombre, le luci artificiali, la pioggia incessante, maledetta acqua che sommerge le formiche umane e la loro forzata costipazione nei tuguri che popolano…Che rende la loro fragile esistenza ancora più pesante, soffocante….La macchina da presa rincorre la vita da formiche dei suoi abitanti, il ritmo frenetico, la loro miracolosa resistenza, la disperazione, l’infaticabile inventiva nel rendere l’inferno più umano e vivibile possibile, le bassezze a cui devono arrendersi per procurarsi il denaro…Soldi, che nel mondo delle formiche umane Mendoza riesce a farci vedere per lo sporco valore che rappresentano: pezzi di carta contati, racimolati, ridotti a pacchetti e messi in tasca, nelle scatole…Niente bancomat o carte di credito, i soldi li vediamo. Sono qui, non celati come motore primo di tutto, perché procurarseli è davvero il solo motivo per andare avanti nel mondo delle formiche umane, per non morire.

Mendoza utilizza con maestria e maturità assolute gli ‘artifici tecnici’ del cinema di cui ha bisogno per costruire l’ennesima tela nel proprio grido disperato di attenzione a quella umanità, a quelle formiche lasciate a loro stesse….E per ricordarci che nella nostra emancipazione fortunata e puramente casuale, quel caos ci appartiene, che adesso ne siamo responsabili, che anche noi siamo quelle formiche. Anche noi.

Maria Cera

  • Anno: 2016
  • Durata: 110'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Filippine
  • Regia: Brillante Mendoza

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