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69 Festival di Cannes: Divines di Houda Benyamina (Quinzaine des Réalisateurs)

Il pubblico della Quinzaine si lascia letteralmente trascinare da questo piccolo capolavoro di scrittura (scritto a sei mani dalla regista insieme a Romain Compingt e Malik Rumeau), regia e recitazione; qualcuno lo paragona a West Side Story, qualcuno lo definisce un “film perfetto”, sicuramente è un film ricco di temi di attualità, come la violenza e le lotte nelle periferie

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Scoppia l’applauso del pubblico sui titoli di coda e si prolunga per oltre sei minuti, per lasciare spazio alla regista e agli attori, tutti visibilmente emozionati, compresa l’interprete.

Divines è un misto di commedia e tragedia a sfondo sociale, ambientato nella periferia di una città francese, tra la banlieu e la baraccopoli, il campo Roma; è anche una storia d’amore e d’amicizia e molto altro.

La vita di Douna (Oulaya Amamra), una ragazza del campo Roma alle prese con una madre instabile e problematica (Majdouline Idrissi), ha due punti fermi: la sua migliore amica Maimouna (Deborah Lukumuena), una ragazzona sempre allegra e piena di vita, che si lascia trascinare dalle idee della sua compagna; e la sua voglia sfrenata di fare soldi (“money, money, money”) per riscattarsi dalla povertà.

Alla ricerca della maniera più veloce per arricchirsi, Douna si scontra con Rebecca (Jisca Kalvanda), una sorta di “mammasantissima” nel traffico di droga del quartiere e Djigui, un giovane di modeste origini che fa la guardia in un supermercato e di sera studia danza, a cui affida il suo sogno di riscatto.

Da un lato ci sono i guadagni facili, i traffici loschi, e il coinvolgimento di Rebecca in situazioni torbide e poco pulite e dall’altro c’è il lavoro duro e costante di Djingui, che Douna osserva inizialmente con scherno, per poi farsi travolgere dalla passione che il ragazzo mette nella sua arte; Douna oscillerà tra l’inferno e il paradiso fino all’ineluttabile destino che, seppur non colpirà lei direttamente, innescherà l’ennesima guerra tra poveri da cui si sfugge molto difficilmente.

Divines, nonostante le tinte fosche e cupe, alterna momenti di spensieratezza (la scena in cui Douna e Maimouna fanno finta di guidare una Ferrari è un misto di poesia e commedia che vale tutto il film) e restituisce allo spettatore una favola moderna raccontata anche attraverso i video girati con lo smartphone, mezzo di comunicazione di questi anni, soprattutto tra le giovani generazioni.

Il pubblico della Quinzaine si lascia letteralmente trascinare da questo piccolo capolavoro di scrittura (scritto a sei mani dalla regista insieme a Romain Compingt e Malik Rumeau), regia e recitazione; qualcuno lo paragona a West Side Story, qualcuno lo definisce un “film perfetto”, sicuramente è un film ricco di temi di attualità, come la violenza e le lotte nelle periferie, gli idoli che sono sempre i soldi e i beni materiali, e anche la storia di una giovane donna che prende coscienza della propria femminilità e dalla sua aridità di partenza riesce a raggiungere la maturità di donna che la porta ad accogliere l’altro.

La regista, al suo primo lungometraggio, spiega entusiasta che la perfezione del film è dovuta al cast artistico con cui ha lavorato; è stato un percorso lungo, la Benyamina ha diretto tutti con forza ed emozione, quella stessa emozione che è il motore che la spinge a fare cinema, “per condividere le mie emozioni e la mia visione del mondo”.

Anna Quaranta

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