Tre ottimi cortometraggi premiati, l’incontro con Elena Sofia Ricci e una lunga chiacchierata con Gabriele Mainetti hanno concluso in grande stile l’undicesima edizione del Roma Tre Film Festival, ideato e diretto da Vito Zagarrio.
Anche quest’anno la kermesse, pensata “insieme” e “per” gli studenti universitari, ha offerto in collaborazione con Kino e Premio Solinas uno spettacolo formativo capace di attrarre i giovani appassionati di cultura cinematografica, oltre al pubblico romano di ogni età. Fra le iniziative più interessanti, vanno menzionati i laboratori di filmmaking tenuti da Francesco Crispino e da Antonio Di Trapani, la masterclass in cui Patrizia Genovesi ha approfondito l’eccellenza della coppia da Oscar Iñárritu–Lubezki senza tralasciare l’intrigante illustrazione degli errori presenti in Birdman (2014) e in Revenant-Redivivo (2015), e infine il coinvolgimento degli studenti americani dell’Arcadia University che hanno presentato alcuni entusiastici audiovisivi sulla loro esperienza di studio in Italia.
Chiamata sul palco del Palladium in qualità di “madrina” della serata finale, Elena Sofia Ricci ha parlato delle scelte che hanno segnato la sua luminosa carriera, come l’importanza di essere seguita da un’agente seria e la forte passione per Tennessee Williams e per i testi che indagano la follia. Ha detto che solo occasionalmente si è cimentata nella regia della brillante commedia Mammamiabella!, ma ha annunciato di essere impegnata attualmente nella stesura di un soggetto teatrale.
Dopo l’attrice, che era accompagnata dal marito e musicista Stefano Mainetti, è salito sul palco il loro nipote Gabriele Mainetti, ex studente del DAMS e regista del film Lo chiamavano Jeeg Robot (2015). Intervistato da Massimo Galimberti, Mainetti ha catalizzato l’attenzione della sala, raccontando con travolgente simpatia aneddoti e piccoli “miracoli” della sua avventura registica e produttiva. Reduce dal Tokio Film Festival, ha detto di aver ricevuto tre offerte per la distribuzione in Giappone del suo film, che è stato molto apprezzato dai creatori della serie Jeeg Robot d’acciaio (1975). In Italia, molto presto Lo chiamavano Jeeg Robot uscirà in blu ray con dei contenuti extra che tra l’altro racconteranno il modo stravagante in cui Luca Marinelli si preparava ad impersonare lo Zingaro. In merito ad un eventuale sequel del film, Mainetti oscilla fra il desiderio di assecondare l’alto consenso di pubblico ottenuto dal personaggio col volto di Claudio Santamaria e l’impulso di chiudere con i miti popolari, dopo questo suo primo lungometraggio e i cortometraggi Basette (2008, omaggio al manga e anime Lupen III) e Tiger boy (2012, ispirato al wrestler Il Tigre).
Il concorso di cortometraggi ha premiato Yogurt diet di Andrea Lucco Borlera, spiazzante metafora di denuncia della violenza sessuale e psicologica all’interno di una coppia intrappolata in un amore “bulimico”; Non vedo la fine, in cui Giovanni De Rosa racconta la “sua” Bolivia, alternando gli entusiasmi del proprio viaggiare ad alcune interviste; Ghost story di Romeo Vincenzo De Nicola, che gioca argutamente con l’horror e la presenza soprannaturale di tre crudeli ma maldestri fantasmi.
Lucilla Colonna