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Alphonse Mucha: la linea melodica dell’Art Nouveau

Una mostra eccezionale, per ricchezza e qualità di opere è quella che si svolge al Vittoriano di Roma. Esposta una collezione di oltre 200 opere che svelano i diversi aspetti della personalità dell’artista. Presenti i più importanti manifesti litografici, disegni, dipinti a olio e molto altro creato dall’incomparabile mano del maestro cecoslovacco. L’evento, curato dagli eredi dell’artista e dalla Fondazione Mucha, è prodotto da Arthemisia

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Una mostra eccezionale, per ricchezza e qualità di opere è quella che si svolge al Vittoriano di Roma. Esposta una collezione di oltre 200 opere che svelano i diversi aspetti della personalità dell’artista.  Presenti i più importanti manifesti litografici, disegni, dipinti a olio e molto altro creato dall’incomparabile mano del maestro cecoslovacco. L’evento, curato dagli eredi dell’artista e dalla Fondazione Mucha, è prodotto da Arthemisia, che da poco ha la gestione del prestigioso spazio espositivo.

 Le poetiche immagini sono costruite da una linea continua e sinuosa. Il contrappunto di colori pastello: dai rosa ai lilla, dal giallo al verde chiaro, dominano il fare artistico di questo genio dell’arte del ‘900 e ci suggeriscono l’ascolto di melodie coeve come quelle del grande compositore Eric Satie.

 Le forme femminili di Alphonse Mucha restano nel tempo come simbolo noto e amato di un mondo positivo fatto d’ amore, rispetto per la natura e per le donne che è stato l’emblema di un breve periodo della nostra storia e che purtroppo non abbiamo voluto e saputo preservare e perseguire. La Belle Epoque è tutta compenetrata di questo linguaggio fatto di costumi raffinati e delicati sentimenti considerati ormai fuori moda.

L’Arte Liberty, art Nouveau, lo Jugendstl, proponevano modelli innovativi e rivoluzionari la cui portata non è stata del tutto analizzata. Gli artisti di quel tempo, sua fossero pittori, artigiani o architetti s’impegnavano a mantenere uno stile coerente nel loro linguaggio indipendentemente dalla “dignità” intrinseca dell’oggetto che creavano. Tipico l’esempio del grande architetto belga Victor Horta, che studiava sia il progetto architettonico completo e lo rendeva coerente fino alla maniglia della porta o lo scarico dell’acqua. La critica ha relegato questi maestri nel ristretto limite di artisti decorativi o commerciali e quindi minori. Il grande imbroglio crociano dove l’artista moderno deve creare solo la cosiddetta arte pura dilagherà dovunque e diventerà una legge. Ancor oggi sussiste per i grafici, i pittori di manifesti di cinema, per gli illustratori, per i fumettisti ecc. questa discriminazione che gli artisti del passato non conoscevano.  Fino all’800, infatti, gli artisti lavoravano in buona parte su committenza e pur dovendo rispettare soggetto e idee del committente, creavano comunque incomparabili opere d’arte. L’orrore della prima guerra mondiale spezzerà ben presto questo mondo elegiaco, mentre, dal punto di vista artistico e critico, l’avanzata delle avanguardie capitanate da uomini talvolta troppo legati al mito del maschio e della violenza, hanno distrutto e negato fino ad oggi il valore di questo linguaggio dell’Art Nouveau che ha informato per un breve periodo il gusto e la cultura d’Europa e del mondo.

Questa manifestazione romana si incentra su uno dei protagonisti di questo stile che ne è forse il principale interprete. La mostra, eccezionale anche rispetto a molte altre che si basano solo sui manifesti e litografie, rivela i segreti della sua pittura su carta e ci fa comprendere che le capacità poetiche unite a quelle tecniche di Alphonse, superano qualsiasi altro artista del suo tempo. Sempre presente la linea che definisce le forme e ne esalta la plasticità, pur senza mai essere asservita al volume e al modellato.

Le donne di Mucha, tra veli e tralci di foglie e fiori, come vuole lo stile floreale, sono sempre morbidamente rappresentate, libere da vincoli e costrizioni, come immerse in una liquida sostanza organica, luminosa e sonora, fluida e avvolgente, che le permea e le trasfigura. I suoi grandi e magnifici quadri dell’epopea slava sono un esempio indimenticabile del suo valore d’artista. Opere colte, permeate della conoscenza del passato: la linea di Botticelli, le cangianze cromatiche dei manieristi, la postura delle figure che, nelle loro languide torsioni, ricorda per alcuni versi le figure delle Sibille del soffitto michelangiolesco della Sistina.

Guardando molto da vicino le rare opere originali si scopre che la linea nera, a prima vista compatta, veniva modulata dall’artista da mille piccoli cambiamenti di tratto e realizzata quindi con tante piccole linee sovrapposte che creavano un segno unico. La composizione è un altro punto forte dell’artista; in Mucha essa è sempre equilibrata e rivela un’altra delle sue qualità sorprendenti: ogni oggetto è giustapposto all’altro come in una sequenza naturale e armonica di figure, natura e paesaggio senza soluzione di continuità. Questo crea una sorta di magico incantamento dal quale non ci si può e non ci si vuole sottrarre. Immagini che trasferiscono nel fruitore una serie di emozioni antiche, sottile nostalgia per qualcosa che non c’è più. Le figure femminili, in mille pose e soluzioni, non sono mai un pretesto solo per un raffinato ed elegante erotismo ma rappresentano il logo essenziale di un artista e di un momento storico.

Alphonse Mucha era nato a Ivančice nel 1860 e morì a Praga nel 1939. Tra le opere esposte a Roma, l’autoritratto del 1899 e molti manifesti famosi come quello di Gismonda del 1894, Sarah Bernhardt ne La Princesse Lointaine del 1896 e disegni, tra cui gli studi per By force towards freedom, with love towards unity! del 1910-1911 oltre a una serie d’interessanti gioielli creati per Esposizione Universale del 1900.

Dal 15 aprile 11 settembre al Complesso del Vittoriano di Roma. Per la quantità, qualità, valore e il fascino delle opere, una mostra assolutamente da non perdere.

Fino all’11 settembre 2016.

Alessandra Cesselon

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