Di gran classe il design, se così lo vogliamo chiamare, di questa prima giornata del Future Film Festival 2016. Prima tutti al al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, per l’inaugurazione della mostra Manga Hokusai Manga – Il fumetto contemporaneo legge il maestro, che peraltro sarà visibile gratuitamente fino al 22 maggio. Poi il mondo del grande Hokusai si è trasferito direttamente sul grande schermo. Già, perché alle 21, quale evento di punta della serata inaugurale, ha avuto luogo l’anteprima italiana del lungometraggio d’animazione Miss Hokusai (ovvero Sarusuberi: Miss Hokusai, Giappone 2015). Trattasi dell’ennesimo gioiellino targato Production I.G., studio che in quanto a impulsi creativi e qualità delle opere va affermandosi sempre di più. E ciò offre lo spunto per un altro possibile fil rouge di questo inizio festival: difatti qui a Bologna il Platinum Grand Prize era andato, un anno fa, a un altro film realizzato da Production I.G., quel Giovanni’s Island così toccante e anche molto curato, sotto il profilo della rievocazione storica.
Del resto il forte legame con il passato del Giappone è uno dei tratti salienti dello stesso Miss Hokusai, che ha come protagonista un’eroina decisamente particolare: O-Ei, la figlia del pittore Hokusai, artista a sua volta e descritta nel film come donna molto avanti rispetto ai suoi tempi, energica, libera, capace di tenere testa alla combriccola di scombinati talenti raccolti attorno alla figura del padre.
La riuscita di questo ritratto non ci sorprende, considerando che ad aver collaborato con lo studio di animazione giapponese, in questo caso, è un regista del calibro di Keiichi Hara, autore tra le altre cose di Colorful.
In Miss Hokusai l’ispiratissimo Keiichi Hara ha saputo trasferire tutto il fascino del periodo Tokugawa al tramonto, rappresentando l’Ottocento in Giappone e determinati stili di vita attraverso un tratto carico ma al contempo delicato, colori caldi, fondali in grado di catturare impressionisticamente l’essenza di determinati luoghi. Ma la genialità dell’opera sta anche in quelle scelte registiche che d’un tratto la liberano dagli schemi, ne dinamizzano l’incedere, sprigionando una modernità di linguaggio che contrasta proficuamente con l’ambientazione tradizionale del racconto. Il che, volendo, si addice benissimo alla figura di Hokusai padre. Ma a beneficiarne è in primo luogo la figura di O-Ei, che appare realmente più emancipata, donna dallo spirito rock come quei momenti della colonna sonora che ne accompagnano il passo fiero e determinato sul ponte. Anche le aperture verso un mondo magico, popolato di figure mitologiche che vanno dal drago agli spiriti, si concretizzano in suggestioni fulminee, che, nel caso della strana folata di vento che fa presagire la tragica scomparsa dell’altra figlioletta di Hokusai, lasciano un brivido sotto la pelle. E tra questi intermezzi in cui il film respira, offrendosi a una diversità di sguardo, la menzione speciale è per le scene in cui i bozzetti stessi prendono vita, rappresentando così le contorte fantasie (spettacolare quella relativa agli dei, immaginati giganteschi e indifferenti al destino degli uomini), le paure e le aspirazioni degli artisti coinvolti.