Film da Vedere

La classe operaia va in paradiso di Elio Petri

La classe operaia va in paradiso è un film del 1971 diretto da Elio Petri, scritto con Ugo Pirro, vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972. Con Gian Maria Volontè e Mariangela Melato. Il film fu inoltre accolto gelidamente dalla sinistra italiana, sia classe dirigente che critica cinematografica, perché da una parte descrive i sindacalisti come buoni a provocare la ribellione altrui ma in fondo pavidi e corruttibili e dall’altra rappresenta gli studenti di estrema sinistra come parolai astratti e intellettuali

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« Con il mio film sono stati polemici tutti,
sindacalisti, studenti di sinistra,
intellettuali, dirigenti comunisti, maoisti.
Ciascuno avrebbe voluto un’opera
che sostenesse le proprie ragioni:
invece questo è un film sulla classe operaia »
(Elio Petri, 1972)

La classe operaia va in paradiso è un film del 1971 diretto da Elio Petri, scritto con Ugo Pirro, vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972. Con Gian Maria Volontè e Mariangela Melato.

Trama

Ludovico Massa, detto Lulù, è un uomo di 31 anni con due famiglie da mantenere ed è un operaio con alle spalle già 15 anni di fabbrica, due intossicazioni da vernice e un’ulcera. Sostenitore e stakanovista del lavoro a cottimo grazie al quale, lavorando a ritmi infernali, riesce a permettersi l’automobile e altri inutili beni di consumo, Lulù è amato dai padroni che lo utilizzano per stabilire i ritmi ottimali di produzione ma odiato dagli altri operai della fabbrica per il suo eccessivo servilismo. Tuttavia, non è contento della sua situazione, i ritmi di lavoro sono talmente sfiancanti che arrivato a casa riesce solo a mangiare e ad annichilirsi davanti alla televisione, nessuna vita sociale, nessun dialogo con i propri cari, non riesce neppure più ad avere rapporti con la compagna. La sua vita continua in questa totale alienazione, che lo porta a ignorare gli slogan urlati e scritti dagli studenti fuori dai cancelli, finché un giorno ha un incidente sul lavoro e perde un dito. Così improvvisamente Lulù si sveglia dal sonno dell’alienazione per ritrovarsi nell’incubo della sua misera vita, di cui finalmente prende coscienza; così si schiera contro il ricatto del lavoro a cottimo e aderisce alle istanze radicali degli studenti e di alcuni operai della fabbrica in contrapposizione alle posizioni più moderate dei sindacati. In breve tempo il fermento nella fabbrica aumenta e si arriva all’inevitabile scontro con la polizia. Il risultato di questo cambiamento è drammatico: Lulù viene abbandonato dalla compagna, licenziato in tronco dalla fabbrica e contemporaneamente abbandonato dagli studenti, che sostengono che il suo è un caso individuale e non di ‘classe’, ed emarginato anche dagli operai che non prendono nessun provvedimento per il suo licenziamento. Cerca, inutilmente, conforto nelle visite all’anziano Militina, un ex compagno di fabbrica costretto a finire i suoi giorni in manicomio; ma l’unica cosa che Lulù ottiene da queste visite è la scoperta che la sua alienazione si sta trasformando in pazzia. Quando ormai tutto sembra perduto i suoi compagni, grazie al sindacato, ottengono la sua reintroduzione in fabbrica alla catena di montaggio, dove Lulù urlando, per superare il rumore assordante, di nuovo in balia dei ritmi frenetici della produzione, racconta ai compagni di un sogno: Militina tenta con la testa di fare breccia in un muro al di là del quale vi è una fitta nebbia in cui sono immersi Militina, Massa e tutti gli operai stessi.

Il film fu presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale del cinema libero di Porretta Terme, dove si tenne l’anteprima mondiale. In quell’occasione il regista Elio Petri e Gian Maria Volonté, al termine della proiezione, si recarono negli stabilimenti della DEMM, storica industria meccanica della cittadina appenninica, a discutere con gli operai l’alienazione e i meccanismi sociali prodotti dalla catena di montaggio. Il film suscitò alla sua uscita una forte ondata di polemiche. Presente in sala, il regista Jean-Marie Straub prese il microfono in pubblico e dichiarò che tutte le copie dovevano essere bruciate seduta stante. Il film fu inoltre accolto gelidamente dalla sinistra italiana, sia classe dirigente che critica cinematografica, perché da una parte descrive i sindacalisti come buoni a provocare la ribellione altrui ma in fondo pavidi e corruttibili e dall’altra rappresenta gli studenti di estrema sinistra come parolai astratti e intellettuali. Agli occhi di certa critica dell’epoca “Valido (…) come espressione della tendenza all’imborghesimento effettivamente presente (o, meglio, coltivata) nella classe operaia, Lulù Massa non lo è affatto come rappresentante, tout court, della classe stessa, di cui fornisce una immagine tanto parziale da risultare falsa e mistificante”. Il 24 gennaio 2011, esattamente quarant’anni dopo la sua uscita, il film è stato nuovamente proiettato a Porretta Terme in occasione della decima edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme in versione restaurata.

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