Silvano Agosti ricorda e l’evocazione del passato – il periodo è quello della seconda guerra mondiale (Agosti è del ’38) – è sia elegia (la prima parte del film), sia una ricostruzione, attraverso gli occhi di un bambino, di un momento storico delicato, che vide, dopo l’8 Settembre, un rocambolesco rimescolarsi delle carte in tavola, con i nazi-fascisti che si nascondevano e quelli che aderivano alla repubblica di Salò, con i partigiani che resistevano e le forze anglo-americane che incombevano, e di lì a poco avrebbero cacciato le ultime truppe tedesche che presidiavano il nostro paese.
“Dedicato ai bambini che volevano vivere e sono morti durante le guerre”: così il regista chiude il film, mettendoci al corrente della prospettiva della narrazione, che è quella di un ragazzino (lo stesso Silvano) che si è chiuso nel silenzio e osserva il mondo senza capire fino in fondo, data l’età, gli avvenimenti, eppure è assai lucido nell’emettere un sacrosanto giudizio di condanna nei confronti degli adulti, incapaci di sincerità, sempre inclini alla menzogna, di cui hanno fatto il proprio più coriaceo modus vivendi. Lou Castel, che interpreta Silvano da grande, apre il film, e lo vediamo mentre, assieme al figlioletto, passeggia nelle distese fiorite della campagna bresciana, prima di giungere all’antico casolare in cui viveva da bambino, e dove, una volta entrato, comincia a ricordare, e le immagini del passato prendono forma, ritornando in un flusso emotivo cui assiste quasi fosse uno spettatore. I giochi, il teatrino delle suore, i rituali fascisti celebrati nella piazza del paese presso il busto del Duce ed orchestrati da un gerarca vicino di casa, i traumatici contatti con la morte seminata da sparatorie e bombardamenti, la visita alla giovane e disinibita zia Olga, guardarobiera in un grande albergo sede del comando tedesco: una parata di visioni che prendono corpo restituendo lo spirito di un’infanzia segnata da un contesto sociale, umano e politico da cui era impossibile sottrarsi.
Ma c’è spazio anche per la poeticità di alcune vicende che videro Silvano avvicinarsi a taluni personaggi che, in qualche modo, lo iniziarono all’amore per il cinema: uno di questi era senz’altro Crimen, un anziano signore (interpretato dal sempre ottimo Alan Cuny) che viveva sulle montagne, e sul cui conto gravava una fantasia popolare, ovvero che avrebbe mangiato la moglie per tenerla sempre accanto a sé, e che mostra a Silvano e alla piccola sorellina le immagini della lanterna magica, e li conduce nella grotta dove, in realtà, aveva custodito in segreto il corpo della compagna, motivo per cui era stato a lungo tempo internato in un manicomio. C’è poi il primo vero incontro con la settima arte, quando l’unico abitante ebreo del piccolo paese proietta su un telo improvvisato una pellicola in cui alcune ballerine si dimenano, e Silvano è inesorabilmente attratto dal dispositivo cinematografico, e lo sentiamo pronunciare la fatidica parola: “Il cinema!”.
Alla dimensione intima della prima parte segue quella in cui vengono mostrati gli effetti dei rivolgimenti politici successivi all’8 Settembre, con il padre del piccolo protagonista costretto a nascondersi, l’amore clandestino della sorella maggiore per il soldato inglese che per sbaglio, dopo essersi paracadutato, si era ritrovato proprio presso il casolare della famiglia, le ultime, ignobili esecuzioni operate da ciò che restava della milizia fascista, le incursioni dei partigiani, l’ingresso delle forze anglo-americane nel paese e la sbornia del dopo liberazione. Si ritorna, infine, nel presente, con Silvano che fa ingresso nella caverna di Crimen, in un gioco di luci e ombre che sembra proprio ripetere la magia del cinema. È in questa occasione che il figlioletto trova il famoso uovo di garofano, che è disponibile solo al tramonto e che, se messo sotto il cuscino, realizza tutti i sogni.
Silvano Agosti traspone in immagini il suo romanzo, e il risultato è una narrazione poetica e dura al tempo stesso, un’evocazione in cui tutti ci sentiamo partecipi, proprio perché priva delle sovrastrutture del mondo adulto, e la Storia diviene un flusso che sopravvive in maniera pulsante accanto alla prosaicità del presente. Un’opera, Uova di garofano, che ricorda certe atmosfere dei film di Bellocchio e Olmi, e con ciò se ne vuole sottolineare il valore, quello di un grande cinema che dev’essere recuperato e metabolizzato nella giusta maniera.
Distribuito da CG Entertainment, Uova di garofano è disponibile in dvd, in formato 1.33:1, con audio in italiano (DD 2.0) e sottotitoli opzionabili. Nei contenuti speciali L’infanzia di guerra di Valentina Pattavina.
Luca Biscontini