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Intervista esclusiva a George A. Romero
Il padre degli zombi, George A. Romero è stato l’ospite d’onore dell’ultima edizione del Lucca Film Festival. Il nostro inviato, Andrea Bianciardi, l’ha intervistato. Buona lettura!
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9 anni agoon
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RedazioneCome già anticipato settimana scorsa in questo articolo, George A. Romero (La notte dei morti viventi, Creepshow, Knightriders) è stato l’ospite d’onore dell’ultima edizione del Lucca Film Festival. La mattina di sabato 9 aprile si è tenuta la Master Class di George A. Romero presso i locali del cinema Moderno di Lucca. Quello stesso pomeriggio Romero ha ricevuto me e pochi altri giornalisti, da lui preventivamente selezionati. Il sottoscritto, in quanto redattore di Taxidrivers ed esperto di cinema horror e in modo particolare dell’universo zombi, è rientrato nella ristretta cerchia di fortunati che hanno avuto l’onore di poter intervistare, privatamente, il “padre degli zombi”.
Ritengo necessario chiarire come Romero sia uno dei pochi registi che hanno sempre dato (sembrerà strano a leggersi, ma è così) dignità sociale e politica alla figura dello zombi. Nei suoi film, come ha più volte ribadito, gli zombi non servono tanto a spaventare il pubblico, bensì a veicolare messaggi di critica sociale e politica ben precisi.
Uso questa idea un po’ particolare, quella degli zombi, per fare delle istantanee dell’America, soprattutto del suo cuore profondo e oscuro. George A. Romero
Ho sempre simpatizzato per gli zombi, hanno un che di rivoluzionario. Rappresentano il popolo che a un certo punto, stanco dei soprusi, si ribella. George A. Romero
Romero e sua moglie Suzanne Desrocher mi accolgono gentilmente e l’intervista inizia con il supporto di un’interprete.
La prima domanda che pongo a Romero fa riferimento a due immagini che ho stampato per l’occasione e che deposito sul tavolo: un fotogramma de La terra dei morti viventi (film del 2005 diretto dallo stesso Romero) e una foto del dipinto Il quarto stato (1901) di Giuseppe Pelizza da Volpedo.
Esattamente come il pittore lombardo, nel suo film Romero mette in scena una compatta schiera di zombi che avanza come un corpo unico per fare fronte comune contro il nemico: l’essere umano. Ben conoscendo l’animo politico del regista la mia prima domanda è se, per realizzare questa scena, egli abbia preso ispirazione da questo famoso quadro italiano.
George Romero – Wow! Hai trovato questo collegamento. Stupefacente! Non conosco questo dipinto ed è una cosa veramente straordinaria! Credo di aver avuto la stessa idea, ma non avevo mai fatto riferimento a questo quadro. Avevo semplicemente questa idea degli zombi che marciano.. Wow! Incredibile.. Sono veramente spiazzato. Suz vieni a dare un’occhiata.
A questo punto Romero chiede a sua moglie, che si trova dall’altra parte della stanza, di raggiungerci per contemplare le immagini.
Suzanne Desrocher – Wow! Wowow! (…) Questa è La terra dei morti viventi [indicando l’immagine] e questo è un quadro [indicando la stampa che avevo fatto del dipinto] ?
Interprete – [Suo marito] pur non avendo mai visto il quadro ha messo in scena una marcia molto simile e questo giovane giornalista ha trovato un…
Suzanne Desrocher – … un collegamento!
George Romero – Incredibile.. Davvero sorprendente che tu abbia trovato questa connessione.
Suzanne Desrocher – Wow! Fantastico…
QUI SOTTO POTETE ASCOLTARE LA RISPOSTA DI ROMERO
QUI SOTTO POTETE ASCOLTARE LE REAZIONI DEI CONIUGI ROMERO ALLA MIA INTUIZIONE
Dopo le entusiastiche esternazioni dei coniugi Romero ho fatto al Maestro una seconda domanda. Più volte egli ha dichiarato di essersi ispirato al romanzo Io sono leggenda (1954) di Richard Matheson per realizzare il suo primo film, La notte dei morti viventi (1968). Ho dunque chiesto a Romero come gli sia venuto in mente di “trasformare” i vampiri del libro di Matheson in morti che camminano e che mangiano la carne umana, dando così vita ad una “rivoluzione” nella storia del cinema zombi. Parlo di rivoluzione in quanto prima del film d’esordio di Romero gli zombi non erano rappresentati come quelli cui siamo abituati oggi, ma come esseri umani resi schiavi da stregoni voodoo, scienziati pazzi o persino dagli alieni. In aggiunta alla prima parte della domanda, gli ho chiesto quanta conoscenza egli avesse degli zombie movie dei decenni precedenti.
Beh io conoscevo i vecchi film con gli zombi, ma non pensavo di star realizzando degli zombi dato che essi non erano dei morti. Fino ad allora gli zombi erano, se hai visto Il serpente e l’arcobaleno [film del 1988 di Wes Craven], delle persone drogate chimicamente, degli esseri sospesi tra la vita e la morte: non veramente dei morti.
Ciò che io volevo era che ci fosse qualcosa di incredibile che accadesse nel mondo mentre, all’interno di una casa, ci sono delle persone che si rinchiudono e che l’attenzione fosse su di loro, sulle loro interazioni. Che queste persone continuino a comportarsi come se nulla fosse, mentre intorno a loro il mondo sta cambiando, ma essi non lo capiscono. Questo era ciò che volevo fare.
Non pensavo a loro come a degli zombi, non li ho mai chiamati zombi… nel primo film! Essi erano i vicini di casa, i morti che ritornano a causa di qualcosa di strano che fa si che essi ritornino in vita. Questo è ciò che ho preso dal romanzo di Matheson. Anche se con le dovute differenze. Io sono leggenda narra di un uomo in una società di zombi… volevo dire vampiri. E così ora è lui la leggenda; mentre prima lo erano i vampiri ora è l’uomo ad essere una leggenda.
Io non ho fatto esattamente lo stesso. Il mondo subisce un’improvvisa battuta d’arresto quando queste creature iniziano a prendere il controllo. Arrivato a questo punto pensai: “Bene, qualcosa che ricordi i vampiri è il mangiare la carne”. Anzichè bere il sangue mangiare la carne. Molto semplice, è stata un’idea banale. Cosa sarebbe stato abbastanza mostruoso da cambiare il mondo? Questo è quello che io e John [John Russo, amico d’infanzia di Romero e cosceneggiatore de La notte dei morti viventi n.d.R.] abbiamo pensato per la sceneggiatura.
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La mia ultima domanda è stata la seguente
Io – Lei che ha sempre parlato di non-morte, che cos’è la morte per lei?
Geroge Romero – Ahaha! Non lo so anche se desidererei saperlo. Non lo so. Chi può saperlo? Ho ancora una piccola speranza che forse non sarà la fine. Ma, invece, potrebbe esserlo. Davvero, non lo so: è una domanda complicata. Ci penso spesso, anche a causa della mia età, ma nessuno di noi sa cosa viene “dopo”.
Per me non è mai stata qualcosa di spaventoso o a cui bisognava prestare troppa attenzione: è qualcosa che prima o poi colpirà tutti e non sappiamo come sarà. Si può avere una piccola speranza anche senza il supporto della religione. Le religioni non sono necessarie per poter sperare che [la morte n.d.R.] non sia la fine di me, di noi. Ecco di cosa si parla [quando si parla di morte n.d.R.]: della fine di me e di tutti noi.
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Sia durante che al termine dell’intervista, Romero si è dimostrato una persona di una gentilezza e di una umiltà disarmanti. Per me che amo il cinema, che lavoro in questo settore in qualità di produttore e che ho iniziato ad appassionarmi a questo mondo grazie ai suoi film è stato veramente straordinario averlo visto sgranare gli occhi e rimanere folgorato quando ha sentito (e visto) la prima domanda che gli ho fatto.
Romero è genuino è come i suoi film: è una persona che, nonostante la fama mondiale di cui gode, non si fa problemi a chiacchierare con chiunque lo fermi (anche per strada) e gli chieda due minuti del suo tempo. Questo per me vuol dire essere una grande persona oltre che un grande regista. Cito lo storico regista Alessandro Blasetti che a tal proposito disse che
Il mestiere del regista è un mestiere, fra tutti, estremamente difficile, perché richiede la contemporanea presenza di due sentimenti opposti dell’uomo: l’ambizione e l’umiltà. All’ambizione che nasce dall’essere il responsabile unico dell’impresa occorre accoppiare l’umiltà.
Per esperienza diretta posso garantire che Romero rispecchia alla perfezione la descrizione fatta da Blasetti e tutta l’Italia deve essere onorata di aver avuto ospite per qualche giorno uno dei più grandi registi della storia del cinema.
Spero che le domande e, soprattutto, le risposte che avete appena letto vi siano piaciute e vi abbiano dato qualcosa su cui riflettere.
Andrea Bianciardi