Sinossi: Ivo e Clara vivono a Bari. Ivo è agronomo, ed ha appena accettato un’offerta di lavoro in Romania. Clara esce da una difficile storia d’amore. S’incontrano per caso nell’appartamento dell’eccentrica Signora Nitti: lui è affittuario uscente, lei la nuova inquilina. E si riconoscono all’istante, entrambi sospesi tra una vita che finisce e una nuova che comincia. Poi Ivo parte per la Romania, e Clara resta a Bari. Quando perde il suo lavoro in un cantiere navale, Clara decide di raggiungerlo. Insieme condividono lo spaesamento in una terra straniera e l’incertezza del futuro, così come la sensazione di un amore che sta nascendo. L’esilio dalla loro terra è l’unico modo per essere felici?
Recensione: Bari. Due trentenni si incontrano, lui mentre sta andando lei mentre arriva, in un appartamento quasi vuoto con gli scatoloni sul pavimento ed una luce che, nonostante le grandi vetrate, si fa desiderare. “La luce si fa avara – amara l’anima”, recita la poesia I limoni di Eugenio Montale. Amare sono, in questa narrazione, le quotidianità di Ivo (Edoardo Gabriellini) e di Clara (Elena Radonicich), giovani che avrebbero tutt’altro umore se potessero lavorare rispondendo alle loro aspirazioni, agli studi, alle abilità, alle passioni.
Clara è spesso ripresa davanti al mare, o col pennello in mano mentre ridipinge delle barche, che tocca con una tale delicatezza da farci capire quanto le piaccia quel lavoro. Ma in una settimana riesce a perderlo, insieme ad un marito e a un cane, così le dice la padrona di casa, prima di Ivo e poi sua (Piera degli Esposti), stizzosa all’inizio e poi molto vicina nelle confidenze. Le due donne, oltre a raccontarsi, sono riprese mentre fanno pratica di Qì Gōng e hanno l’aria di averne molto bisogno, entrambe confuse, soprattutto nella vita sentimentale, anche se la più anziana vuole apparire più sicura di sé.
Ivo, invece, è sicuro solo sul suo futuro di agronomo, molto meno sul viaggio, anche perché la prospettiva di lavoro è quella di andare fino in Romania (Banat). E va. Dopo tanti tentennamenti, va. Mettendo in atto un’emigrazione al contrario che stupisce, per la situazione di miseria nella quale si troverà. E’ una campagna livida e fredda quella di cui si dovrà occupare, anche qui con l’incertezza della paga, e brutture che risalgono ancora al regime passato, che evidentemente ancora del tutto passato non è. Eppure, quando la macchina da presa si sofferma sui volti dei contadini o la festa ne rivela le facili contentature (due passi di ballo, un bicchiere di vino), quasi si capiscono le ragioni per cui Ivo vuole rimanere.
Sarà la genuinità della vita aspra dell’Est, o l’aver lasciato così poco in patria. Carla, tuttavia (con cui è rimasto in contatto dalla prima notte passata a Bari e che l’ha raggiunto là, e con cui ora ha una relazione intima come si conoscessero da chissà quanto) gli consiglia di tornare in Italia. Lui resiste. E il film non scioglie questo grande quesito dell’andare o rimanere. All’inizio Ivo è deciso a partire dall’Italia e di tutte le sue insicurezze precedenti ci racconta, raccontandole a Carla; ora sembra dell’idea di rimanere in Romania. Certo la presenza di lei (che tra l’altro è incinta dalla sua precedente storia) lo condiziona non poco. Ma a noi non è dato sapere il loro futuro, neanche se staranno insieme o si separeranno.
Il regista Adriano Valerio, al suo primo lungometraggio, ha voluto raccontare le difficoltà dei giovani, oggi, ma forse più che il viaggio di Ivo ciò che rimane impresso è l’incontro tra due persone con gli stessi problemi, lei che fugge dalle storie d’amore e vive nella totale provvisorietà, lui che cerca qualcosa di più stabile, accomunati dal desiderio di realizzazione professionale e affettiva e dallo stesso identico spaesamento. È così perfetta la loro intesa che diventa quasi superfluo sapere cosa ne sarà di loro, tanto è appagante la comunione di due anime (amare, sì, ma non del tutto), e dei due corpi che si mettono a nudo senza imbarazzo, anche quando lei si spoglia e rivela la sua iniziale maternità. Sorride, certa dell’accettazione di lui, della mancanza di giudizio. E se il film è decisamente drammatico, il loro rapportarsi è privo di dramma, tanto è ricco di reciproca fiducia.
Piace la soluzione originale del montaggio, per cui le sequenze temporalmente molto vicine si sovrappongono, quanto basta ad anticipare di poco il dopo, senza confondere lo spettatore. Anche lo spazio si avvicina quando, per esempio, nella prima parte, Ivo si perde per aver bevuto troppo la sera, in Romania, e Carla si ritrova nell’alba barese con una piazza stracolma di bottiglie vuote. Quasi ad annullare la distanza tra Bari e Banat, tra Italia e Romania, tra un uomo e una donna che si sono avvicinati e vicini restano.
Una curiosità. Nel trailer si legge: “Un rito di passaggio filmato meravigliosamente”, ma i riti di passaggio non dovevano avvenire prima?
Margherita Fratantonio