In Sala

Hitchcock/Truffaut

Kent Jones, abile scrittore, sceneggiatore e regista, grazie anche all’ausilio di Serge Toubiana, storico direttore e caporedattore dei Cahiers du Cinéma, realizza un riuscitissimo documentario. Attraverso l’analisi di sequenze memorabili e le testimonianze di alcuni dei registi contemporanei più influenti, viene evocato lo storico incontro tra i due maestri. Una grande lezione di cinema da non perdere

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Arriva nelle sale italiane dal 4 al 6 Aprile Hitchcock/Truffaut, il documentario di Kent Jones sullo storico incontro dei due grandi registi.

“Nel 1962, mentre ero a New York per presentare Jules et Jim, mi accorsi che tutti i giornalisti mi ponevano la stessa domanda: «Perché i critici dei Cahiers du Cinéma prendono sul serio Hitchcock? È ricco, ha successo, ma i suoi film non hanno sostanza». Uno di questi critici americani, al quale avevo parlato entusiasticamente per un’ora de La finestra sul cortile, mi rispose con questa enormità: «Le piace La finestra sul cortile perché, non essendo di casa a New York, non conosce bene il Greenwich Village». Gli risposi: «La finestra sul cortile non è un film sul Villagge; è semplicemente un film sul cinema e io conosco il cinema».”

Così Françoise Truffaut nella prefazione all’edizione definitiva de Il cinema secondo Hitchcock esprimeva in maniera netta una profonda ammirazione per il cinema del regista britannico, introducendo senza fronzoli quella che era la posizione sua e di tutti i colleghi cineasti (Godard, Rohmer, Chabrol, Rivette), provenienti come lui dai Cahiers du Cinéma. Nel 1962, dopo aver realizzato tre film, entrati di diritto nella storia della settima arte (I quattrocento colpi, Tirate sul pianista e, soprattutto, Jules et Jim), scrisse una lettera a Hitchcock in cui manifestava incondizionatamente l’amore per il suo cinema, chiedendo di rilasciargli un’intervista registrata della durata di 30 ore, da realizzare in otto giorni. Hitchcock, commosso da tanta passione, accettò di buon grado di acconsentire a quanto richiesto. Il risultato fu un libro divenuto nel tempo un punto riferimento imprescindibile per tutti gli addetti ai lavori, dai registi fino ai cinefili più appassionati. Un vademecum sull’autore di Psyco che, a tutt’oggi, costituisce uno strumento efficacissimo per valutare il suo cinema, nella misura in cui ogni singolo film – e in certi casi alcune specifiche sequenze – viene analizzato con un rigore estetico senza precedenti.

Kent Jones, abile scrittore, sceneggiatore e regista, grazie anche all’ausilio Serge Toubiana, storico direttore e caporedattore dei Cahiers du Cinéma, realizza un riuscitissimo documentario in cui rievoca, attraverso le registrazioni della famosa conversazione, le foto che ritraevano i due, l’analisi di alcuni film particolarmente significativi e, infine, le testimonianze di taluni dei registi contemporanei più influenti (Scorsese, Fincher Linkater, Schrader, Bogdanovich, Gray, Assays, Desplechin e Kioshi Kurosawa), quello storico incontro, deliziando gli occhi famelici degli amanti del cinema, che sprofondano senza opporre resistenza in quell’atmosfera di sogno che solo il cinema di Hitchcock riesce a evocare.

Il film si sofferma su Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) e Psyco (1960), sottolineandone alcuni passaggi decisivi: per quanto riguardo il primo, la sequenza analizzata è quella che vede James Stewart e Kim Novak nella stanza d’albergo in cui si assiste al processo di mutamento della donna, che, per venire incontro alle richieste dello scosso protagonista, entra nella toilette apportando le ultime modifiche al suo aspetto, così da ‘riportare in vita’ la scomparsa Madeleine Elster. Hitchcock ci rivela alcuni dettagli di quella scena, mettendoci a conoscenza della fortissima carica erotica che la anima: ogni gesto dei due attori risponde a un preciso disegno, a una metaforizzazione che ne amplifica il significato, fino al fatidico ‘amplesso’ che si consuma senza strepito.

Per Psyco, invece, ovviamente, ad essere messo sotto osservazione è l’indimenticabile momento della doccia, la cui realizzazione fu di grandissima difficoltà, considerando la necessità di non inquadrare mai le parti intime di Marion (Janet Leigh) e quella di fornire un dinamismo che, unito all’incalzante musica, scuotesse, terrorizzandolo, lo spettatore: obiettivo ampiamente raggiunto, visto che mai prima di allora si era realizzata una sequenza di tale potenza, che a distanza di oltre cinquant’anni non cessa di dare i brividi a chi guarda.

Si parla anche della vita privata del regista, della funzione essenziale che ricoprì la moglie, Alma Reville, che fu una collaboratrice decisiva per tutta la sua carriera, nonché della convinzione di Hitchcock, più volte affermata, che il cinema dovesse arrivare a un grande pubblico; non smetteva mai di pensare che i propri film sarebbero stati proiettati in sale da duemila posti, e quindi l’attenzione ai destinatari finali era totale.

Un motivo in più (tra i tanti) per andare a vedere questo documentario è il semplice fatto che si può fruire di alcuni dei meravigliosi film del Maestro sul grande schermo, e per uno della generazione di chi scrive, a cui tale possibilità è stata, per motivi di anagrafe, fatalmente interdetta, è stato entusiasmante poter notare alcuni dettagli che solo nel silenzio e nel buio di una sala cinematografica si possono afferrare.

Prodotto da Artline Films e Cohen Media Group, e distribuito in italia da Cinema di Valerio De Paolis e Nexo Digital, Hitchcock/Truffaut sarà disponibile nelle sale italiane dal 4 al 6 Aprile. Non perdetelo, vi privereste della possibilità di assistere a una grande lezione di Cinema.

Luca Biscontini

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