Gli abbracci spezzati (Los abrazos rotos) è un film del 2009 scritto e diretto da Pedro Almodóvar.
La recensione di Natasha Ceci
Ancora una volta il maestro Almodòvar riprende le corde a lui tanto care del melò avvolgente, mai stucchevole e inverosimile quanto basta. Gli abbracci spezzati sono quelli dolorosamente rimossi dal regista Mateo Blanco (Lluìs Homar) che in un incidente perde la vista e la sua amata.
Cancellato il passato, Mateo si costruisce una nuova identità: Harry Caine, pseudonimo con il quale firma sceneggiature, racconti ed altri lavori letterari. Accanto a lui la fidata direttrice di produzione e il figlio di lei, al quale Mateo racconta il suo passato “epico”: dall’incontro con Lena (una sublime Penélope Cruz), umile segretaria e poi donna del broker Ernesto Martel, alle riprese del suo film “Chicas y Maletas”. Il passato si incastra al presente (“ci sono cosa da cui non si può fuggire” ribadisce un personaggio di Kar Wai) e le passioni almodovariane sono sempre intense e violente e, nel loro essere preda del destino, giustificano tutto, anche un omicidio. Su tutto giganteggia un atto d’amore profondissimo: quello per il cinema. Il cinema dello stesso regista spagnolo, con i suoi riferimenti a Donne sull’orlo di una crisi di nervi e alle sue attrici feticcio come Rossy De Palma.
Il cinema che lo ha formato: Fellini, Lang, il noir e l’ironia sagace di Wilder, le letture di Tonino Guerra e Rossellini. Gli abbracci spezzati sono anche quelli dei due corpi mummificati che turbano la Bergman in Viaggio in Italia, mentre si aggira assieme al marito per le rovine di Pompei. Almodòvar cita non per autocompiacimento ma per amore e per esprimere il cinema come rappresentazione e duplicazione della realtà. Una realtà che è carne tremula mai doma. (Natasha Ceci)
Volver è un film del 2006 diretto da Pedro Almodóvar. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2006, ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura e per la migliore interpretazione femminile (Penélope Cruz, Carmen Maura, Lola Dueñas, Chus Lampreave, Yohana Cobo, Blanca Portillo). Volver significa “Tornare” e, oltre ad essere il titolo del tango cantato da Penelope Cruz in una scena culminante, sottolinea la tematica principale dell’opera.
Tre generazioni di donne sopravvivono al vento “solano”, al fuoco, alla pazzia, alla superstizione e perfino alla morte grazie alla bontà, alle bugie e ad una vitalità infinita. Queste donne si chiamano Raimunda (Penélope Cruz), sposata con un operaio disoccupato e con una figlia nel pieno della adolescenza; Sole (Lola Dueñas), sua sorella, che si guadagna da vivere come parrucchiera, e la madre delle due (Carmen Maura), morta in un incendio accanto a suo marito. Questa appare dapprima a sua sorella (Chus Lampreave) e successivamente a Sole, anche se le persone con cui ha lasciato in sospeso le questioni più importanti sono Raimunda e la vicina di casa, Agustina (Blanca Portillo).
Poco prima della fine del film, Irene sta guardando in tv Bellissima di Luchino Visconti in particolare una scena di Anna Magnani. È possibile che il regista abbia voluto creare un parallelismo sul tema dell’amore materno. In un precedente film di Almodovar, Il fiore del mio segreto, la protagonista scrive un romanzo che dopo essere stato rifiutato dalla casa editrice, viene rubato e adattato a sceneggiatura. Dalla trama di questo romanzo nasce Volver. Volver ha ispirato la creazione dell’itinerario turistico denominato “Ruta Cinematográfica de Almodóvar”, che si snoda all’interno della Comunità di Castilla La-Mancha.