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Dopo Mezzanotte

Master Blaster incontra Simone Lucciola

Master Blaster incontra Simone Lucciola, fondatore dello storico magazine Lamette, disegnatore underground e autore di infinite copertine di dischi e locandine “punk”, nonché musicista egli stesso in ben due delle più storiche band della scena Italiana

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Pomeriggio assolato e terso, nel mio negozio.

Colonna sonora Birra dei Bloody Riot.

Complicazioni!

Se c’è una cosa in cui, fin dalla più tenera infanzia sono stato un vero maestro jedi, è senza dubbio la raffinata arte del complicare cose estremamente semplici. Così, quando ho fin troppi spunti per un articolo, mi accade di trovarmi bloccato davanti alla pagina bianca, in preda ad un soffocante attacco di ansia da prestazione. Ma come sono arrivato a questo punto?

Occorre fare un piccolo salto indietro, di circa un mesetto, quando, riguardando gli articolo scritti nell’ultimo anno per Taxi Drivers, mi sono accorto di essermi concentrato fin troppo sul cinema a discapito delle culture metropolitane. Mi ha quindi cominciato a rodere pian pianino come un tarlo il desiderio di andare a rimestare negli ambienti delle controculture in cui alla fin fine sguazzo felice dalla tenera età di quindici anni.

Come sempre lo spunto giusto me lo fornisce la mia fotografa, sempre attenta alla rete, a differenza di me, che, imbevuto delle più sane teorie cospiratorie, non solo non possiedo nemmeno un account facebook, ma mi premuro sempre di oscurare con un cerotto la webcam del pc, terrorizzato dal fatto che qualche bieco agente governativo (di non so quale governo), possa spiare la mia intimità.

Lo spunto giusto, dicevamo, consisteva nella mostra personale di Simone Lucciola, fondatore dello storico magazine Lamette, disegnatore underground e autore di infinite copertine di dischi e locandine “punk”, nonché musicista egli stesso in ben due delle più storiche band della scena Italiana.

Così, una domenica di fine febbraio inforco la macchina, raccatto la fotografa e ci rechiamo a Roma con la ferma intenzione di vedere la mostra e la speranza di beccare in loco Simone per cavargli un’intervista. Il luogo del misfatto è il B-folk, associazione culturale, o meglio controculturale, che ospita deviazioni artistiche a 360 gradi, dalla musica, al cinema, passando per teatro e arti plastiche. E dico arti plastiche con cognizione di causa, visto che all’interno trovo esposti anche i lavori di Murder Fart, una vecchia conoscenza che già ebbi modo di ospitare nella mia rubrica qualche tempo fa.

Il nostro anfitrione e dominus del locale è Marco, altra vecchia gloria del post – punk sperimentale di lunga militanza con i suoi Gronge. Ovviamente il quartiere con poteva essere che quello di Centocelle – che a torto o ragione considero il posto più underground della capitale, a causa delle mie scorribande notturne prima e dopo un’infinità di concerti visti al Forte Prenestino.

Magari la mia definizione è un po’ romantica e viziata dall’esperienza personale, però ritengo che in quel luogo specifico il vernissage di Simone renda il meglio di se. Le sue tavole in bianco e nero, come i miei ricordi, ferite da sprazzi violenti e quasi casuali di colore si incastonano in quell’ambiente, come gemme in un lavoro di oreficeria. Di più: in maniera naturale, ce lo raccontano; senza affettazione, con cruda poesia ci parlano di quelle e altre storie che in fondo sono sempre le stesse.

Ci guidano  in una realtà metropolitana che forse non c’è più, forse resiste, ma è sempre presente nella mente di chi ha scelto di viverla a pieno. Parlano di strade, muretti, comitive punk, rabbia e disincanto, concerti, droga, sesso….. qualche volta amore. Chiunque abbia vissuto la strada quindi non può non rimanere rapito come in un attacco da sindrome di Stendhal davanti a quei disegni.

Piano piano il tempo sfuma, come le pareti del locale e puoi sentire l’odore delle canne a casa degli amici la sera, prima di un concerto, quello dell’asfalto bagnato, il suono di una chitarra amplificata che esce dalla finestra aperta di un vecchio palazzone in un quartiere popolare. Immagini e colori che sono uguali ovunque e che ovunque ti fanno sentire a casa, fratello di chiunque sappia capire queste sensazioni.

Uno stile malato quello di Simone che però è anche una cura per i mali che ti porti dentro. Se qualcuno lo potrebbe trovare lugubre, per me questi disegni sono un inno alla vita. Una vita vera, senza edulcorazioni, belletti e mezze misure. Una vita che ti fa sputare sangue, ma che ti regala passioni che rapiscono se riesci a tener dentro l’anima di un bambino. Il tuo Peter Punk con cresta e chiodo. No, in nessun altro quartiere di Roma si potrebbe godere meglio questa mostra. Non di certo nelle stradine di un Pigneto, ormai gentrificato, dove queste tavole probabilmente risulterebbero aliene anche agli hipster che per qualche insondabile ragione decidessero di andarle a vedere… Esposte in un angolo poi ci sono le vecchie raccolte di Lamette. Istintivamente ne prendo una e la sfoglio. Sorrido nel trovare una delle prime storie di Zerocalcare. Un’intervista a fumetti a Roberto Perciballi dei Bloody Riot. Un uomo che oltre ad essere una pietra miliare della musica, ha anche un ruolo in questa particolare storia. Perché in effetti, l’unica cosa che manca alla mostra di Simone, è proprio Simone.

Roberto Perciballi

L’oggetto delle mie attenzioni ha scelto proprio quella sera per marinare l’evento. Certo quanto ho visto sarebbe sufficiente per chiudere il pezzo in maniera più che dignitosa, tuttavia chi mi conosce sa che non amo gli articoli tipo “tema da fare a casa” e quando parlo di qualcosa mi piace sempre fare due chiacchiere con l’autore per una breve intervista, per completezza o anche solo per vedere che persona è e quanto coincida con l’idea che mi sono fatto di lui.

Marco del B-folk si offre di fare da intermediario per mettermi in contatto con il grande assente e in serata mi arriva una telefonata di Lucciola per accordarci su dove e quando fare l’intervista. Per onestà professionale è bene premettere che io e Simone ci eravamo già incrociati più volte, in occasione di alcuni concerti a cui partecipavamo con le nostre rispettive band. Il sito di Lamette poi, ospitò a suo tempo anche un articolo che riguardava il mio gruppo. In aggiunta, siamo entrambi residenti nel Pontino, solo che ai due capi opposti della palude.

Decidiamo quindi di incontrarci a metà strada, in territorio neutro, a casa di un personaggio di comune conoscenza, con il quale avevamo condiviso il palco…ovvero Roberto Perciballi dei su citati (come se ce ne fosse bisogno!) Bloody riot, anche lui Pontino d’adozione che mette generosamente a disposizione la sua tana per un incontro al vertice. Dopo esserci persi per due volte, nel giro di due chilometri finalmente riusciamo ad arrivare alla meta, accolti dal padrone di casa, con cani e gatti al seguito.

L’atmosfera non è certo quella della solita intervista, ma è più simile ad un autentico “cabaret voltaire” privo di convenzioni e caratterizzato da un totale superamento dei ruoli. Circondati dai quadri e dai libri di Roberto che partecipa attivamente alla discussione, piazzando qua e la dei suggerimenti, andiamo a dipanare la fittissima matassa della vita artistica di Simone. L’inizio è senza dubbio il concerto dei Ramones del 1994 al Tenda e Strisce di Roma. C’ero anche io! Ma quella che per me fu una bellissima esibizione, per Lucciola (classe 1978) è stata invece la più classica delle folgorazioni sulla via di Damasco. L’atmosfera e l’energia della controcultura punk lo possiede letteralmente, facendogli praticare un percorso esplorativo a 360°.

Dopo aver fondato il suo primo gruppo, i Rapina a mano armata ne comincia a disegnare anche le locandine per i concerti, mettendo a frutto quella passione per il disegno che fin da piccolo aveva avuto e coltivato su ogni supporto e con ogni mezzo necessario. Se col passare degli anni i gruppi cambiano (Blood 77 e Gioventù bruciata), la passione per la pubblicistica punk rimane, anzi si evolve e piano piano altre band del pontino cominciano ad accorgersi che Simone non solo è bravo, ma con una matita in mano sa rendere a pieno con le immagini le suggestioni che un certo tipo di musica e di immaginario vogliono trasmettere.

Gli viene chiesto sempre più spesso di occuparsi della grafica di questi gruppi: Monkey’s factory, Crazy Nuance, Bone Machine, Godzilla e le tre bambine coi baffi, Fun, per dirne alcuni che arrivano ad una rilevanza nazionale. Contemporaneamente, scrive il suo primo soggetto per una storia di Alda Teodorani e insieme a Rocco Lombardi, finalmente arriva a fondare Lamette Comics, la prima e, per quello che ne so io, anche l’unica pubblicazione antologica dedicata al fumetto di ispirazione punk e underground. É presente al Lucca Comix e nel duemilaequalcosa (cit. Simone Lucciola) al Napoli Comicon. Ma per sua stessa ammissione l’unica vera affinità elettiva è con il Crack Festival del Forte Prenestino. Nel 2003 esce anche la seconda antologia di Lamette, rigorosamente distribuita attraverso canali alternativi. Difatti, nonostante sia una realtà che vanta al suo interno nomi di peso come Zerocalcare, Bacilieri, Palumbo e Corona, Simone allarga le braccia e ammette che la grande editoria italiana (che non brilla certo per coraggio) non è interessata ad un format come quello di Lamette.

Ma ormai l’argine è rotto e il nome di Lucciola come autore compare sempre più spesso. Scozzari ripubblica una sua storia sulla celeberrima rivista Cannibale, e la sua spietata parodia del documentario Nazirock , presentata allo Sherwood Festival, finisce su Low Fhi.

In realtà a questo punto resto un po’ interdetto, visto che il film a me piacque…. però me ne resto zitto zitto…. tanto Simone lo scoprirà leggendo l’articolo. Chiude la carrellata, almeno per ora, una graphic novel sul poeta Dino Campana.

Roberto Perciballi

Anarchico com’è vorrei evitare la domanda di rito sui progetti futuri, però alla fine gliela faccio. Più che scontato il “Non lo so” come risposta, anche se non nega che gli piacerebbe realizzare una raccolta dei suoi lavori dell’ultimo decennio, logistica editoriale permettendo. A questo punto, come al solito dovrei dire che l’intervista è finita e che salito in macchina ho fatto rotta verso casa. Ma no, le cose sono andate diversamente. Roberto non era affatto disposto a farci andar via così facilmente e, dopo averci fatto sentire alcuni nuovi brani su cui stava lavorando, ci propone di scendere giù con lui in studio e di lavorarci su insieme. Improvvisando tutto, senza rete di sicurezza.

Metti tre vecchi punkettoni insieme e non potranno mai rifiutare una serata di cazzeggio musicale dalla quale potrebbe anche venirne fuori qualcosa di serio. Il risultato non saprei giudicarlo, però ci siamo divertiti con adolescenziale passione.

Quindi stavolta il pezzo con cui abitualmente chiudo gli articoli lo conosco solo io, e voi potrete solo immaginarlo, almeno finché qualcuno non deciderà di pubblicarlo. Purtroppo, per una crudele ironia della sorte, mentre scrivo queste righe, una telefonata di Simone mi avvisa dell’improvvisa morte di Roberto.

Quindi suppongo che a me tocchi il dubbio onore di scrivere l’ultima cosa che riguardi il Perciballi ancora tra noi. Un primato di cui, credetemi, ne avrei fatto volentieri a meno.

Ciao Robbè…. che la terra ti sia lieve!

Master Blaster

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