Sinossi: A volte la vita ci obbliga a mettere in discussione tutto ciò in cui crediamo. Nadia è una professoressa di inglese, ma, prima che la lingua e la letteratura, ai suoi studenti vorrebbe insegnare l’onestà e il rigore morale. E così, quando uno di loro viene derubato, Nadia non ammette che l’azione resti impunita ed esige che il colpevole salti fuori. Ma la scoperta di uno sfratto imminente la forzerà a cambiare prospettiva e, messa alle strette, si scoprirà disposta a tutto pur di ottenere i soldi di cui ha bisogno. Per rendersi così conto che il confine tra il giusto e l’ingiusto è meno netto di quanto potremmo credere
Recensione: The Lesson – Scuola di vita inizia e finisce con il rumore del gesso sulla lavagna, su uno schermo buio, mentre vanno i titoli di testa e di coda; come a volerci dire che si è concluso un ciclo per tornare al punto di partenza. In realtà, si è imparata una grande lezione in questi 105 minuti per noi, e in pochi, drammatici giorni, per la protagonista Nadezhda (Margita Gosheva), insegnante di inglese in Bulgaria.
Siamo nella modestia della provincia, in un’incredibile essenzialità per noi occidentali che, se pure in crisi, manteniamo l’apparenza del benessere. Una sobrietà ai limiti dello squallore, nei paesaggi, nelle abitazioni, nelle strade desolate di campagna che Nadezhda-Nada attraversa con il rumore delle sue scarpe da poco. Quel ticchettio insistente sembra scandire il ritmo nervoso che è dentro la nostra giovane donna, e fuori. Un marito inetto (Ivan Barnev), ex-alcolista e forse neanche ex, una bella bimba bionda che lei non riesce a proteggere dallo sfacelo familiare ed economico; un padre che ha dimenticato la moglie per vivere con una nuova donna poco affidabile.
A Nada resta il conforto della tomba materna, mentre rimane chiusa nel dolore di una perdita affatto rielaborata, se la vediamo bere il caffé e portarne uno alla mamma, lasciarlo davanti alla sua fotografia. Sono passati quattro anni, ma il padre non ha ancora provveduto a porre una lapide. Il ritratto materno è inquadrato molto spesso, anche in casa, ad indicare che il passato felice, e idealizzato, non può più tornare. Un bel viso, ma posizionato sulla parete nuda, e troppo in alto, a dispetto delle norme estetiche più comuni.
Nelle scene scolastiche, Nada ci appare rigida fin da subito (addirittura si vede uno studente che le cammina dietro scimmiottando il suo passo), temuta dagli studenti che in generale sanno essere molto più affettuosi di lei. “Open your book at pag…….”: inizia sempre così la sua lezione. Sarà una brava insegnante? Meticolosa, certo, ma deve ancora imparare cosa siano l’empatia, l’ascolto attivo, una relazione educativa che non tenga conto solo dei contenuti e delle regole. Nada ci viene presentata così severa forse anche perché la vicenda inizia con un furto in classe e lei vuole a tutti i costi, giustamente, scoprire il responsabile.
Vuole sapere, perché tocca a lei insegnare il confine tra il bene e il male, ma la lezione con cui dovrà scontrarsi sarà tremenda, una sorta di contrappasso dantesco nel quale la punizione amplifica di tanto il peccato commesso. Onestà dignità e senso del dovere verranno messi in discussione proprio lo stesso giorno in cui ha voluto trasmetterne il senso ai suoi ragazzi. Tornata da scuola, si troverà di fronte l’ufficiale giudiziario che le preannuncia la messa all’asta della casa se non si pagano, entro pochissimi giorni, le rate del mutuo, i cui soldi sono stati sciupati dal marito incosciente per spese inutili.
Da qui inizia la discesa agli inferi che la vedrà correre tra l’azienda per cui traduce e che non la paga, la banca, il padre che potrebbe aiutarla se solo lei imparasse a perdonarlo, fino all’usuraio e alla polizia corrotta, ai ricatti, al gesto disperato. E avrà, alla fine, anche imparato molto, ma a che prezzo! E con quanta umiliazione!
Per il contesto sconfortante, la recitazione asciutta e nitida da Margita Gosheva, in scena dall’inizio alla fine (con tantissimi primi piani e le sue corse affannate verso una soluzione che non si vede), Scuola di vita ha ricordato da vicino la filmografia dei fratelli Dardenne, che i registi, anche qui una coppia, Kristina Grozeva e Petar Valchanov, considerano i loro maestri.
Il film del 2014 arriva solo ora nelle sale italiane, dopo parecchi premi all’estero e merita di essere visto, soprattutto nel panorama così ricco di pellicole costosissime e patinate di questi ultimi mesi. Quando si dice un piccolo film, per dire che in realtà piccolo non lo è per niente.
Margherita Fratantonio