Il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, in collaborazione con la Cineteca Sarda, propone una selezione di film e documentari sardi in occasione della presentazione del libro di Gianni Olla, Dai Lumière a Sonetàula – 109 anni di film, documentari, fiction e inchieste televisive sulla Sardegna (CUEC, Cagliari, 2008). Dai Lumière a Sonetàula è il primo libro che documenta in maniera accurata tutto il percorso di un immaginario sardo.
Dall’introduzione di Orio Caldiron, «il libro che avete in mano, tra saggio critico repertorio, catalogo e indagine, “è vissuto” dalla prima all’ultima pagina, attraversato dalle vicende che ne hanno determinato la realizzazione, iniziata e poi abbandonata, ripresa con i contributi più disparati e anonimi, rifiorita tutte le volte che la buona volontà del singolo prevaleva sull’indisponibilità ufficiale».
Scrive Gianni Olla a proposito del cosiddetto cinema sardo: «Se si esclude Napoli, e in parte la Sicilia – che peraltro, fino agli anni Venti, erano anche dei fiorenti centri di produzione cinematografica con una specializzazione regionale indirizzata alla vasta produzione di emigrati nelle due americhe –, il cinema italiano, compreso il neorealismo, è stata in larga parte romano-centrico. L’assorbimento delle creatività periferiche – soprattutto scrittori e sceneggiatori – non escludeva tematiche regionaliste, ma queste lasciavano segni labilissimi, se non in rare occasioni […]. Tutto sommato non aveva tutti torti Nanni Loy quando affermava che la “la Sardegna non fa una lira”. […] Neanche Banditi a Orgosolo, dopotutto, andò bene al botteghino e il suo riscatto fu una questione di prestigio culturale, di premi nei festival, di diffusione internazionale mirata: università, circuiti alternativi, cineteche. Il che non cambiò l’accredito di De Seta presso l’industria cinematografica: continuò ad essere un autore non facilmente accettato dai produttori e finì per restare inattivo per oltre 15 anni».
E del cosiddetto “nuovo cinema sardo” nato negli anni anni Novanta? «Più che una rivelazione», scrive Olla, «è piuttosto l’inizio di un processo di normalizzazione […]. La normalizzazione del cinema “girato da sardi” ha vari gradi di appartenenza locale e di rivendicazione culturale autoctona. […] La certezza che “il nuovo cinema in Sardegna” sia prevalentemente legato a istanze autoriali di tipo universale […] rovescia però talmente il concetto di appartenenza regionale. Nei film di Mereu ci sono i più evidenti trapianti di richiami autoriali alti: Fellini, Taviani, Truffaut, […]. Cabiddu e Livi, e per certi versi anche Grimaldi, utilizzano la forma memoriale, grande contenitore del cinema contemporaneo, alto e basso. Columbu e Sanna costruiscono referti quasi conradiani: “il cuore di tenebra” sardo resta inesplorato, irriducibile alla modernità. […] Pau, infine, si muove nell’insidioso terreno post pasoliniano, cioé un realismo trasfigurato che sottolinea la purezza dei propri eroi: gli ultimi marginali della società contemporanea. Il linguaggio del cinema, insomma, è ancora una volta universale, personale e capace di restituirci realtà locali potenziate e non impoverite dal cosmopolitismo».
Per informazioni e il programma completo:
Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale