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Festival di Berlino 66: Death in Sarajevo di Danis Tanovic

Con un ritmo e un montaggio impeccabili, Tanovic prende spunto dal passato per indagare il presente di un Paese dilaniato dai conflitti, parla di classi e di lotta, di media e potere, concentra in un luogo tutti questi aspetti della società e li mette in relazione con maestria e drammaticità, senza mai rinunciare a momenti comici

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Il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip, un giovane rivoluzionario bosniaco di origine serba, uccise a Sarajevo l’erede al trono di Austria-Ungheria e sua moglie, pretesto usato dall’impero oltraggiato per dichiarare guerra alla Serbia. A cent’anni dall’attentato di Sarajevo, diventato il casus belli del primo conflitto mondiale, nel lussuoso Hotel Europe situato nella capitale della Bosnia ed Erzegovina un appello di pace sta per essere proclamato. Ispirato liberamente all’opera Hotel Europa dell’intellettuale francese Bernard-Henri Levy, Death in Sarajevo di Danis Tanovic usa una moltitudine di personaggi e microstorie per cogliere le sfaccettature di un Paese dal “dualismo isterico”.

Il manager Omer (Izudin Bajrovic) si prepara ad accogliere nel suo sontuoso albergo in bancarotta una delegazione di diplomatici francesi pur sapendo che il suo staff ha intenzione di portare avanti uno sciopero proprio in questo giornata particolare. Il suo braccio destro Lamija (Snezana Vidovic) lo avverte dell’arrivo del diplomatico francese (Jacques Weber), colui che terrà il discorso di pace ispirato agli scritti di Levy, affinché Omar possa accompagnarlo nella suite presidenziale. Intanto le telecamere di sicurezza sono state piazzate ovunque dalla guardia viziosa Edo (Edin Avdagic), anche abusivamente nella suite, espediente che non manca di provocare ilarità.

L’efficiente Lamija col suo passo svelto e deciso, ci guida su e giù per l’albergo, dai piani alti dell’attesa diplomazia ai piani bassi della manovalanza in procinto di scioperare, dove lavora anche sua madre, la marxista Hatidza (Faketa Salihbegovic-Avdagic) a cui presto verrà affidata la dirigenza dello sciopero, fino ai piani sotterranei dove Enco (Aleksandar Seksan), il proprietario malavitoso dello strip club, sguinzaglia i suoi scagnozzi contro il leader dello sciopero da picchiare su richiesta di Omer. A completare questo complesso spaccato organizzato in livelli che ricostruiscono perfettamente la stratificazione sociale, c’è il tetto con la troupe televisiva della giornalista Vedrana (Vedrana Seksan) alle prese con interviste a esperti e storici sulla figura di Gavrilo Princip per indagare sul cambiamento di percezione dell’assassinio e del suo perpetratore.  L’intervento dell’ospite Gavrilo Princip (Muhamed Hadzovic), nazionalista serbo discendente e del famoso Princip da lui considerato un eroe e non un criminale, apre un interessante dibattito sul significato che un assassinio politico avrebbe oggi, e soprattutto su quale potrebbe essere il bersaglio privilegiato di un’azione di violenza estrema per scuotere la società. L’idealista e combattivo Princip è la figura destinata a incarnare il dramma del film, è infatti il punto verso cui converge la spirale di violenza declinata in ogni linea narrativa.

Con un ritmo e un montaggio impeccabili, Tanovic prende spunto dal passato per indagare il presente di un Paese dilaniato dai conflitti, parla di classi e di lotta, di media e potere, concentra in un luogo tutti questi aspetti della società e li mette in relazione con maestria e drammaticità, senza mai rinunciare a momenti comici.

Francesca Vantaggiato

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