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Trieste Film Festival: The Summer of Sangaile di Alanté Kavaïté

Fino ad ora il Concorso Lungometraggi del 27° Trieste Film Festival ha offerto, tra alti e bassi, diversi spunti narrativi interessanti, senza però che lo stesso film risultasse convincente, sincero e coerente dall’inizio alla fine. Con una sola lodevolissima eccezione: il lituanoThe Summer of Sangaile. Quella realizzata dalla giovane regista Alanté Kavaïté è difatti un’opera cinematografica di cui innamorarsi perdutamente.

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Fino ad ora il Concorso Lungometraggi del 27° Trieste Film Festival ha offerto, tra alti e bassi, diversi spunti narrativi interessanti, senza però che lo stesso film risultasse convincente, sincero e coerente dall’inizio alla fine. Con una sola lodevolissima eccezione: il lituano Sangailės vasara (titolo internazionale The Summer of Sangaile). Quella realizzata dalla giovane regista Alanté Kavaïté è un’opera cinematografica di cui innamorarsi perdutamente. E non siamo nemmeno i primi ad innamorarcene. Oltre ai numerosi premi raccolti in giro per il mondo, tra cui spicca senz’altro quello per la Miglior Regia al Sundance 2015, The Summer of Sangaile in quello stesso anno è stato inserito nella prestigiosa Top Ten dei Cahiers du Cinéma. Tutto questo entusiasmo non ci stupisce affatto. Per freschezza registica, sentimento, libertà narrative e volontà di sfidare, ma con assoluta naturalezza, le convenzioni sociali, siamo davvero di fronte a una grossa sorpresa, condita di immagini che lasciano un segno nella memoria pur imitando la leggerezza di una piuma, nel loro scorrere sullo schermo. La leggerezza di una piuma, sì, o volendo quella degli aeroplani acrobatici le cui ardite manovre nei cieli fanno da cornice a un racconto sentimentale così delicato, sognante, intimista.

Paura di spiccare il volo. In senso metaforico e letterale. Ma per vincere le proprie fobie, sostituendo così l’ebrezza del volo alle vertigini a una apparentemente insormontabile acrofobia, la giovanissima Sangailė (Julija Steponaityte) dovrà non solo recuperare un’autostima azzerata dalla freddezza e dalla rigidità di una famiglia conformista, mediocremente borghese, ma anche concedersi a un sentimento per lei nuovo: quello che finirà per legarla all’altra protagonista, la più libera e spensierata Auste (Aiste Dirziute).
Sensibilità a fior di pelle (altra espressione suscettibile qui di interpretazioni meno allegoriche della norma) nel filmare gli atti di autolesionismo compiuti da Sangailė sul proprio corpo. Amori saffici sbocciati come fiori primaverili e rappresentati al di fuori dei soliti schemi. Meravigliose sequenze di volo riprese dall’abitacolo del piccolo areo, usato per compiere gli avvitamenti più spericolati. E tanti altri frammenti di uno sfumato racconto di formazione estivo che sa mette insieme empatia e ruvidezza, inquietudini post-adolescenziali e ricerca di nuove armonie.
Con un approccio alla macchina da presa dal tocco lieve, ma in grado all’occorrenza di osare, la film-maker rivelazione Alanté Kavaïté sa come appassionare il pubblico più sensibile a questa storia, semplice e irripetibile, che parla della volontà di superare i propri limiti così come della costante attrazione verso chi ci può aiutare a riempire un vuoto interiore, anche profondo.

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