“Rosebud”, sussurava Charles Foster Kane prima di esalare l’ultimo respiro in Citizen Kane (Quarto Potere), l’immortale capolavoro di Orson Welles. La slitta che gli era stata sottratta, assieme alla purezza, l’innocenza e la gioia dell’infanzia, veniva fatalmente rievocata, incarnando la malinconia di un’esistenza privata di quell’originario rapporto d’amore che dovrebbe avvolgere l’inizio e lo sviluppo della vita di ogni essere umano. Emanuela Ponzano, attrice e regista, ancora una volta mutua l’iconografia di uno dei classici indiscussi della cinematografia per allestire una messa in scena in cui trattare questioni che spaziano dalla salvaguardia dell’infanzia sino alla possibilità della coesistenza delle diversità. Se in Riflessi, il suo primo cortometraggio, Ponzano, rifacendosi a Persona di Bergman, si intratteneva in un riuscito tentativo di autoanalisi che si concludeva con la rinascita della protagonista, con La slitta torna alle origini, in quella zona franca in cui si plasma l’identità di un soggetto, un bambino che assorbe con voracità tutti gli stimoli che provengono dall’esterno, in un processo di introiezione che fissa i caratteri di quella che sarà la futura personalità. Stavolta, però, forte di un progetto che ha interessato diverse istituzioni che hanno fornito il loro contributo, la regista ha potuto usufruire di un cast tecnico e artistico di ottimo livello, e il risultato è un cortometraggio che colpisce per la solarità del suo messaggio che arriva diretto al cuore dello spettatore, grazie anche a una scrittura in sottrazione che lascia alla forza delle immagini, dei volti, dello splendido scenario innevato della montagna lucana il compito di fornire quegli stimoli emotivi che una sceneggiatura troppo verbosa avrebbe rischiato di occultare.
La storia è semplicissima: ci sono un padre (Ivan Franek), una madre (Emanuela Ponzano), un figlio (l’ottimo esordiente Riccardo Specchio), una famiglia, dunque, in cui s’insinua, forse a causa dell’isolamento in cui vive, il germe dell’intolleranza, e solo grazie al piccolo Alfred questo pericolo viene scongiurato. Realtà e sogno magicamente si confondono, ma a differenza dell’opera di Welles, di cui questo film sembra quasi ‘il risarcimento morale’, la slitta c’è, è lì, pronta ad accompagnare la crescita di una giovane vita e ad assolvere la funzione di collante per tenere insieme quelle differenze che se valorizzate costituiscono un arricchimento cui non si può rinunciare. I due ragazzini (l’altro piccolo attore è Alban Pajolli che interpreta il bambino albanese), prima tenacemente ostili, si ritrovano nella gioia del gioco e nulla può contenere l’eccedenza di un incontro che sfonda tutti quegli steccati che il pregiudizio e la paura dell’altro spesso erigono, e, dunque, non resta che scivolare insieme con la slitta sulle pendici di una montagna che si offre come lo scenario ideale per suggellare l’unione di due anime. È una festa vedere Alfred e il suo giovane amico ridere abbracciati mentre scorrono via, è il degno epilogo che finalmente si realizza.
Da segnalare, inoltre, la bellezza del paesaggio lucano che costituisce l’altro indiscutibile protagonista della storia, la cui austera ma al tempo stesso affascinante freddezza fa da perfetto sfondo alla vicenda raccontata. La slitta per la bontà dei valori civici che veicola si rivela assai adeguato anche alla proiezione nelle scuole, nell’intento di educare i giovani spettatori al rispetto delle diversità e alla presa di coscienza in riferimento a propri diritti di bambini che meritano il giusto trattamento.
Prova riuscita, dunque. Non ci resta che augurare a questo piccolo, prezioso film un lungo percorso che ne permetta la visione a un folto pubblico.
Luca Biscontini
LA SLITTA – promo/spoiler web from Emanuela Ponzano on Vimeo.