«In Italia, il vero cinema politico lo ha fatto Alberto Sordi!». Questa determinata dichiarazione, rilasciata due anni fa dal regista Pasquale Squitieri nel corso di un’intervista televisiva, fornisce un notevolissimo spunto critico con il quale rileggere, attraverso sei film-chiave (tra i quali Tutti dentro e Assolto per aver commesso il fatto invisibili nelle sale cinematografiche dall’epoca della loro uscita, raramente proposti in televisione e attualmente irreperibili in home video), l’imponente filmografia di colui che in mezzo secolo di carriera ha specularmente incarnato l’eterna maschera degli italiani. L’ostentata miopia della critica nazionale ha impedito un’idonea valutazione professionale della magistrale arte interpretativa dell’Attore/Autore, etichettandola spesso in facili demagogici luoghi comuni. Nella vulgata comune Sordi avrebbe rappresentato sullo schermo solamente l’arrivismo e la faciloneria attraverso i quali il pubblico ha potuto identificarsi con troppa accattivante semplicità. In realtà fin dagli anni Cinquanta, grazie anche all’apporto di inarrivabili sceneggiatori e grandi registi, Sordi ha gradualmente costruito i vari capitoli della cinematografica “Storia di un italiano” compiendo delle scelte esclusive in merito ai singoli ruoli da interpretare, tanto perfetti per la definizione della loro sfaccettata personalità quanto scomodi per il coraggio della lucida e spesso profetica denuncia del malcostume intrisa di satira: un po’ come accadrà a Gian Maria Volontè a distanza di un decennio abbondante, seppure in film dall’impegno politico più dichiarato, ma non privi di risvolti volutamente grotteschi.
Diretto da Luigi Zampa (L’arte di arrangiarsi, Il vigile, Contestazione generale), Giorgio Bianchi (Il moralista), Mario Monicelli (La grande guerra, Un borghese piccolo piccolo), Francesco Rosi (I magliari), Luigi Comencini (Tutti a casa, Il commissario, Lo scopone scientifico, L’ingorgo), Dino Risi (Una vita difficile), Alberto Lattuada (Mafioso), Vittorio De Sica (Il boom), Elio Petri (Il maestro di Vigevano), Luciano Salce (Il Prof. Dott. Guido Tersilli, primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue), Nanni Loy (Detenuto in attesa di giudizio), Steno (Anastasia mio fratello), Ettore Scola (La più bella serata della mia vita, Romanzo di un giovane povero), o da se stesso come nella maggior parte dei film presenti in questo ciclo, pur non avendo mai utilizzato la sua professione per intenti propagandistici o pubblicitari, Sordi ha moderatamente esaltato il potere sociologico della commedia all’italiana fino a condurla alle sue svolte più cupe e irreversibili, popolandola di memorabili individui talmente schiacciati dall’involuzione del proprio percorso esistenziale da rimanerne definitivamente sconfitti.
Non a caso i progetti irrealizzati dei quali avrebbe dovuto essere protagonista tra il 1991 e il 1994 riguardavano le figure di un avvocato in pensione che tornando a esercitare la professione per difendere un giovane accusato di omicidio incorre nel nuovo codice penale (Cravatta a farfalla scritto da Furio Scarpelli per la regia di Luigi Filippo D’Amico) e di un iscritto nelle liste Gladio alle prese con il bilancio del suo inglorioso passato (Omissis o Tragedia all’italiana scritto da Furio Scarpelli ed Ettore Scola prevedendo prima la regia di Sordi, poi di Giuliano Montaldo).
Con il suo impareggiabile stile diretto, sarcastico e beffardo, in un cinema in cui oggettivamente c’è sempre stato ben poco da ridere, Alberto Sordi ha rappresentato e rimarrà sempre il più grande “antieroe” dei nostri tempi.
Per informazioni e il programma completo:
Centro Sperimentale di Cinematografia – Cinema Trevi