IL 27. TRIESTE FILM FESTIVAL CELEBRA KRZYSZTOF KIEŚLOWSKI A VENT’ANNI DALLA MORTE
IN PROGRAMMA “DECALOGO”, “LA DOPPIA VITA DI VERONICA” E “FILM ROSSO”
PRESENTATI DA IRÈNE JACOB, OSPITE D’ONORE DEL FESTIVAL
Trieste, 22-30 gennaio 2016
www.triestefilmfestival.it
“Il poeta del Decalogo”, “Il grande regista dell’anima”, “Una meteora che lascia il segno”: così, nel 1996, sui quotidiani italiani, l’addio a KRZYSZTOF KIEŚLOWSKI. Nel ventennale della prematura scomparsa, a soli 54 anni, del grande regista, il 27. TRIESTE FILM FESTIVAL – in programma dal 22 al 30 gennaio – gli dedica un omaggio, promosso in collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, con la proiezione di alcuni dei suoi film più amati. A cominciare proprio dai dieci capitoli di quel Decalogo che – liberissima rilettura dei comandamenti biblici – per primo rivelò al “grande pubblico” il nome di Kieślowski, noto fino ad allora solo ai più stretti frequentatori del cinema polacco ma destinato a diventare di lì a poco tra i più influenti del cinema contemporaneo, per la capacità di indagare “l’inferno dell’etica”.
Ad accompagnare a Trieste l’omaggio a Kieślowski sarà una delle interpreti-simbolo della sua intensa filmografia, IRÈNE JACOB, indimenticabile protagonista nel 1991 di La doppia vita di Veronica (che le valse il premio come migliore attrice al Festival di Cannes) e nel 1994 di Tre colori: Film rosso, episodio conclusivo della trilogia dedicata ai colori della bandiera francese e ultimo film dell’autore, candidato a tre premi Oscar.
«L’incontro con Kieślowski – spiega oggi Jacob – ha significato molto per me: era un grande artista e un uomo molto affettuoso. Il suo cinema ci offre un viaggio molto personale e, allo stesso tempo, sconvolgente, ma senza mai imporre nulla. Come diceva lui, “quando qualcosa diventa troppo esplicito, io taglio!”».
L’omaggio sarà inoltre l’occasione per ricordare una volta di più – attraverso una delle sue passioni cinematografiche – Annamaria Percavassi, fondatrice, anima e direttrice artistica del Trieste Film Festival, scomparsa pochi giorni fa.
Il Trieste Film Festival è il primo e più importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro-orientale, giunto quest’anno alla 27. edizione, diretta da Annamaria Percavassi e Fabrizio Grosoli: nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987), il festival continua ad essere da quasi trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.
KRZYSZTOF KIEŚLOWSKI
Regista e sceneggiatore polacco, nasce a Varsavia nel 1941. Dopo il diploma in tecniche teatrali nel 1962, inizia a lavorare al Teatr Współczesny di Varsavia. Nel 1969 si diploma alla Scuola nazionale di cinema, teatro e televisione di Łódź. A questo periodo risalgono i suoi primi documentari da studente, Urząd (1966), Koncert życzeń (1967), Z Miasta Łodzi (1969, il suo film di diploma) e il cortometraggio di fiction Tramwaj (1966). Dal 1970 al 1980 lavora per la WFD (Wytwórnia Filmów Dokumentalnych – Casa produttrice del film documentario) di Varsavia. Nel 1973 gira per la tv il mediometraggio di finzione Przejście podziemne, mentre del 1975 è il suo primo lungometraggio, Personnel (prodotto dalla televisione polacca, in collaborazione con lo Studio TOR di Krzysztof Zanussi). Il 1985 segna l’inizio del suo lungo e duraturo sodalizio nella scrittura con Krzysztof Piesiewicz, noto avvocato di Varsavia, e con il compositore Zbigniew Preisner: il loro primo film è Bez końca (1985). Seguono Krótki film o zabijaniu (t.l. Breve film sull’uccidere, 1988, inedito in Italia) e Krótki film o miłości (Non desiderare la donna d’altri, 1988) versioni lunghe di due episodi di Dekalog (Decalogo, 1989), la serie di 10 episodi della durata di un’ora nata per la televisione polacca. Con La double vie de Véronique (La doppia vita di Veronica, 1991) Kieślowski inizia una serie di coproduzioni con la Francia che porteranno, dal 1993 in poi, alla piena collaborazione con il produttore francese Marin Karmitz. Dopo aver completato la trilogia dei Tre Colori (Film Blu, 1993, Leone d’oro a Venezia; Film Bianco, 1994, Orso d’argento alla Berlinale; Film Rosso, 1994, in concorso a Cannes e candidato a 3 premi Oscar) annuncia di voler abbandonare la professione di regista. Durante l’ultimo periodo della sua vita inizia a lavorare con Piesiewicz a una sceneggiatura per un trittico su Paradiso, Purgatorio e Inferno (Raj, Czyściec, Piekło). Muore il 13 marzo 1996, all’età di 54 anni, durante un’operazione a cuore aperto in seguito a un attacco di cuore.
IRÈNE JACOB
Nata a Parigi, dopo aver trascorso l’infanzia a Ginevra torna in Francia dove debutta al cinema in Arrivederci ragazzi di Louis Malle (1987, Leone d’oro a Venezia). Dopo un piccolo ruolo in La Bande des quatre di Jacques Rivette (1988), nel 1991 interpreta la protagonista (meglio: le protagoniste) di La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski, ruolo che le vale il premio come migliore interprete al Festival di Cannes e la consacra a livello internazionale. Segue tre anni dopo Tre colori: Film Rosso, terzo capitolo della trilogia di Kieślowski dedicata ai colori della bandiera francese. Il successo del film – coronato da tre nomination all’Oscar – apre all’attrice le porte di una carriera internazionale in Europa e negli Stati Uniti. Tra i suoi film ricordiamo: Il giardino segreto di Agnieszka Holland (1993), Othello di Oliver Parker (1995), Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni e Wim Wenders (1995), U.S. Marshals di Stuart Baird (1998), Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi (2007), La polvere del tempo di Theo Angelopoulos (2008), Rio Sex Comedy di Jonathan Nossiter (2011), Salaud on t’aime di Claude Lelouch (2013). Alla carriera di attrice, anche teatrale, ha affiancato quella di cantante: nel 2011 è uscito l’album “Je sais nager”, composto col fratello Francis Jacob, chitarrista jazz; a febbraio uscirà il suo nuovo album, “Picador”.
DECALOGO
Polonia 1989, col., 561’
Legato a un preciso progetto produttivo e artistico, Decalogo nasce quando Kieślowski e Piesiewicz iniziano a scrivere il copione di Krótki film o zabijaniu (Breve film sull’uccidere, 1988). Durante la preparazione del film, Piesiewicz matura l’idea di un ciclo televisivo che comprenda varie storie, ciascuna corrispondente a un comandamento. Consapevoli che difficilmente la televisione polacca avrebbe accettato di assicurare loro i finanziamenti necessari alla realizzazione di un progetto così costoso, Kieślowski e Piesiewicz si rivolgono a Krzysztof Zanussi, all’epoca direttore degli studi cinematografici statali Tor, e gli propongono la realizzazione di due film destinati al circuito cinematografico: Krótki film o zabijaniu appunto (che verrà premiato a Cannes nel 1988), e un altro episodio a scelta. La decisione è quella di utilizzare per le sale anche il capitolo dedicato al sesto comandamento: “Non commettere atti impuri”. Nasce così Krótki film o miłosci (Breve film sull’amore, distribuito in Italia con il titolo fuorviante di Non desiderare la donna d’altri), versione lunga di Decalogo 6. Tutte le 10 storie si svolgono o hanno inizio nel quartiere Stowki alla periferia di Varsavia, in un ampio piazzale delimitato da grandi condomini, molto simili a quelli di tante periferie delle città occidentali. La struttura drammatica rimane pressappoco la stessa: un conflitto o confronto tra 2 personaggi principali con l’intervento o la presenza di una coppia di personaggi secondari. Sono scontri in cui non ci sono né vincitori né vinti. A confermare la complessità del progetto esistono poi dei nessi tra i vari film: i protagonisti di un episodio che s’intravedono in un altro film, la presenza enigmatica in 8 storie di una stessa figura (l’attore Artur Barciś), il “testimone silenzioso”, un personaggio che non parla mai ma assiste muto allo svolgimento delle vicende. Decalogo esce nel 1989 e viene presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vince il Premio Fipresci e contribuisce alla definitiva consacrazione internazionale del regista.
LA DOPPIA VITA DI VERONICA
Francia/Polonia/Norvegia 1991, col., 98’
Weronika e Véronique sono nate lo stesso giorno, nel 1966, una in Polonia, l’altra in Francia. Crescono separatamente, ignare della reciproca esistenza, ma con la vaga sensazione di “non essere sole”. La storia inizia in Polonia, dove Weronika è una cantante di talento e studentessa di musica a cui, dopo aver vinto un prestigioso concorso, viene data la possibilità di esibirsi con un’orchestra sinfonica locale. La sera del concerto, cantando un duetto sul palco, Weronika perde conoscenza e muore. A Parigi quello stesso giorno una giovane donna francese che si chiama Véronique, dopo aver fatto l’amore con il suo ex fidanzato, è oppressa dalla tristezza, quasi fosse in lutto. Il giorno dopo nella scuola dove insegna musica, Véronique assiste con i suoi studenti a uno spettacolo di marionette. La giovane donna ne è colpita ed è spinta a fare la conoscenza con il marionettista, e autore di libri per bambini, Alexandre Fabbri, i cui spettacoli e le cui storie sono quasi delle varianti al suo “misterioso” problema. Ed è proprio Alexandre che, guardando le foto di un viaggio in Polonia di Véronique, ne scopre una fatta a Weronika durante una dimostrazione studentesca a Cracovia. L’uomo mostra la fotografia a Véronique, che intuisce subito l’importanza della sua perfetta somiglianza con Weronika…
Primo film di Kieślowski a essere realizzato in parte fuori dalla Polonia, La doppia vita di Veronica fu presentato a Cannes (dove vinse il Premio FIPRESCI e valse a Irène Jacob il premio come migliore attrice) e venne scelto come candidato della Polonia all’Oscar per il Miglior film in lingua straniera.
TRE COLORI: FILM ROSSO
Francia/Polonia/Svizzera 1994, col., 99’
Valentine è una modella solitaria e inquieta la cui vita, a Ginevra, s’incrocia con quella di un giudice in pensione, al quale investe il cane con la macchina. La ragazza si prende cura del cane e lo riporta al suo padrone, il quale però le dice che può tenerselo. Sebbene in un primo momento stia quasi per scacciare Valentine, l’uomo un po’ alla volta inizia a raccontarle la sua storia. L’occupazione principale del giudice è quella di intercettare le telefonate dei suoi vicini, spiandoli anche dalle finestre. Da giovane l’uomo era stato molto innamorato, ma dopo essere stato abbandonato non è mai più riuscito a vivere normalmente. Un po’ alla volta scopriamo che la storia del giudice e del suo perduto amore ha delle affinità con quella di Valentine e del suo fidanzato che non c’è mai, ma anche con la vita di un giovane studente di legge che vive di fronte all’appartamento della modella, uno studente che lei non ha mai incontrato, che aspira a diventare giudice e ama una donna che lo tradisce… È il terzo e ultimo film della trilogia dedicata ai tre colori della bandiera francese (e al motto “Liberté, Égalité, Fraternité” della Rivoluzione francese ), preceduto da Tre colori: Film blu (1993) e Tre colori: Film bianco (1993). Il film venne presentato al Festival di Cannes e, dopo aver ottenuto un forte consenso di critica e di pubblico, ricevette tre nomination agli Oscar, inclusa quella per la migliore regia.