Ancora Ozu, ancora grande Cinema. In questi ultimi film della sua carriera (interrotta dalla prematura morte), il regista giapponese ritorna su temi che aveva già ampiamente trattato in precedenza (fa eccezione Buongiorno in cui un’insolita ilarità irrompe), nella fattispecie l’abbandono dei genitori da parte dei figli, fortemente invitati a convolare a nozze e a intraprendere una loro autonoma vita. Però, rispetto al passato, Ozu pare porre l’accento su questioni meno squisitamente famigliari, come la condanna, neanche troppo velata, della guerra (Il gusto del sakè), che tanto aveva depresso il Giappone, divenuto dopo il conflitto quasi un protettorato americano, articolando una serrata critica al consumismo che cominciava a contaminare una cultura antica che per secoli aveva mantenuto una sua rigida coerenza interna. Visionando le opere di Ozu l’una dopo l’altra si ha la sensazione di trovarsi davanti un unico grande Film, in cui gli attori (sempre gli stessi) si scambiano i ruoli, e gli argomentati affrontati ritornano in una circolarità che, in un certo senso, ‘eternizza’ le dinamiche intercorrenti tra i vari personaggi, sempre in bilico tra lo slancio verso il futuro (i giovani) e una malinconica resa rispetto a un destino che fatalmente deve compiersi (gli adulti). Lo scontro generazionale produce una serie di effetti dirompenti su quei rapporti che erano stati tessuti nel corso degli anni e che, all’improvviso, vengono messi in discussione, fino alla loro definitiva rottura.
È bello ritrovare nel cinema di Ozu alcuni tipici tratti che ne caratterizzano lo stile, in particolare quelle lunghe chiacchierate tra uomini intorno a un tavolo bevendo fiumi di sakè, o quei bei dialoghi, apparentemente inessenziali ma in realtà sublimi proprio per la loro semplicità, scanditi da campi e controcampi in cui gli attori sono ripresi frontalmente come se parlassero direttamente allo spettatore, guardando quasi nell’obiettivo della macchina da presa. Le case, quelle tipiche giapponesi, con gli accoglienti interni in legno, ma anche i nuovi angusti edifici in cui le persone sono stipate in maniera massiva, gli uffici sempre uguali con i lunghi corridoi che diventano passerelle per le camminate delle segretarie che consegnano la posta ai loro capi, le salette dei bar dove, tra una bevuta e l’altra, si decidono i destini dei propri figli architettando, per l’ennesima volta, un matrimonio combinato: i luoghi del cinema di Ozu ritornano sempre uguali e, in tal modo, rassicurano quasi lo spettatore, che capisce, più o meno, dove si andrà a parare, ma non per questo perde interesse per l’esito delle vicende messe in scena, anzi è forse proprio la famigliarità con i fatti rappresentati a coinvolgerlo, come se si stesse parlando di lui. Un cinema, quello del regista giapponese, anti spettacolare, in cui trionfa la quotidianità, colta al di fuori della dimensione cronologica del tempo, in una celebrazione dell’ordinario che rende eterni i fatti rappresentati.
Come si accennava all’inizio, Buongiorno (1959) presenta un umorismo insolito, che davvero – chi scrive l’ha provato – provoca una certa ilarità nello spettatore. Protagonisti stavolta sono dei bambini che criticano il linguaggio dei grandi, fatto di convenevoli che non aggiungono nulla alla comunicazione, anzi, il più delle volte, occultano ciò che veramente si vorrebbe dire. Minoru e Isamu contestano i genitori perché vogliono che si acquisti una tv per poter vedere gli incontri di sumo. Per tale motivo prima attuano uno sciopero della fame, e poi quello del silenzio. Particolarmente divertenti i siparietti in cui i ragazzi, premendosi con il dito sulla fronte, emettono dei rumori intestinali, arrivando a fare delle vere e proprie gare e a ingerire polvere di pietra pomice per aumentare la capacità di produrre gli scurrili suoni. D’altronde pare che le flatulenze siano assai presenti nella cultura giapponese (e ciò, per qualcuno, potrebbe costituire lo spunto per riabilitare tanto nostro cinema che di questo stilema ha fatto il proprio cavallo di battaglia……). Non c’è nel film la malinconia solita presente nelle precedenti opere, e Ozu stavolta pare volgere lo sguardo sull’invasione del progresso tecnologico che degrada i personaggi al ruolo di inetti consumatori. Alla fine tutto si conclude pacificamente, dato che il padre esaudisce il desiderio dei figli comprando una televisione (precedentemente aspramente criticata per la sua capacità di obnubilare le menti).
Con Tardo autunno (1960) e Il Gusto del sakè (1962) tornano i temi tipici del cinema di Ozu. Nel primo film una madre vedova, Akiko (l’affascinate Hara Setsuko, già vista in Tarda primavera), spinge la figlia, che invece vorrebbe rimandare, a sposarsi, e tre amici del defunto marito, ancora attratti dalla moglie che avevano anch’essi corteggiato in gioventù, cercano di combinare il matrimonio della ragazza, e, successivamente, anche le seconde nozze della signora. Dopo una serie di incomprensioni e malintesi la faccenda si dipana e si conclude con il matrimonio di Ayako (Tsukasa Yōko), e la mamma, che rifiuta una proposta giunta da uno dei tre amici (un altro vedovo), decide di rimanere nubile, accentando un destino di solitudine.
Con Il gusto del sakè è di nuovo protagonista il grande Chishû Ryû, che, anche stavolta, interpreta un padre vedovo che rimane solo in seguito al matrimonio della figlia. Ozu in quest’occasione affronta la questione della guerra, stigmatizzando la politica espansionistica del Giappone che condusse la nazione al secondo conflitto mondiale, di cui ben conosciamo il funesto epilogo. Ci sono anche altri personaggi nel film, come Il Tasso, l’ex professore del padre, che rivela la volontà del regista di raccontare la misera parabola esistenziale di un uomo che, assurgendo a simbolo della società giapponese, rappresenta la decadenza di un mondo che forse si appresta definitivamente a scomparire.
Pubblicato da Tucker Film e distribuito da CG Entertainment Ozu Yasujirō – Autunno e primavera. Volume 2 comprende i film Buongiorno, Tardo autunno e Il gusto del sakè, restaurati in 4k. I tre dvd sono muniti di contenuti extra comprendenti splendide gallerie fotografiche. I film sono disponibili anche in blu ray. Imperdibili.
Luca Biscontini