In nome del Papa Re è un film diretto da Luigi Magni. È il secondo della trilogia iniziata con Nell’anno del Signore (1969) e proseguita con In nome del popolo sovrano (1990); film nei quali ricorre il tema del rapporto tra il popolo e l’aristocrazia romana con il potere pontificio, tra gli sconvolgimenti accaduti nel periodo risorgimentale. Il film, liberamente ispirato a I segreti del processo Monti e Tognetti (di Gaetano Sanvittore, Milano, 1869), rappresenta una rilettura romanzata dell’ultima condanna a morte decretata dall’autorità papale, il 22 ottobre 1867: Magni venne accusato di anticlericalismo ma il regista rispose di essere semplicemente contrario al potere temporale dei pontefici e ai processi fatti senza ragioni. A questo film si è ispirata la miniserie televisiva L’ultimo papa re, andata in onda su Rai 1 l’8 e il 9 aprile 2013.
Nell’ottobre del 1867, la Roma pontificia guidata da Pio IX viene sconvolta da un attentato dinamitardo compiuto nelle fogne della caserma Serristori, dove perdono la vita ventitré zuavi pontifici francesi. La contessa Flaminia, madre segreta del rivoluzionario Cesare Costa, accusato insieme agli amici Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti di aver compiuto tale strage, si rivolge a un giudice della Sacra Consulta, monsignor Colombo da Priverno, affinché la aiuti. Per vincere la resistenza del Monsignore gli confessa che lui è il padre dell’arrestato, nato da una fugace relazione nel 1849. Il prelato riuscirà a liberarlo, nascondendolo in casa sua insieme alla fidanzata di lui, ma non riuscirà a intervenire a favore degli altri due arrestati che verranno condannati a morte dal tribunale ecclesiastico, nonostante la celebre arringa effettuata proprio da monsignor Colombo, che per questo sarà pesantemente redarguito dal pontefice e dal padre generale dei gesuiti. Il giovane verrà però ucciso in un’imboscata tesa dal marito della contessa che lo riteneva l’amante della moglie. Infine, Colombo cita una lettera piena di amarezza e risentimento che vorrebbe scrivere al Papa, ma senza riuscirci, perché il suo perpetuo piange per il dispiacere, mentre Colombo rompe con il generale della Compagnia di Gesù, a cui durante la Messa non concede la santa comunione. Il film descrive in modo fulgido la decrepitezza del potere temporale e delle sue leggi nella Roma papalina dove, dopo la citata arringa di monsignor Colombo, uno degli anziani vescovi viene risvegliato dal sonno per il tempo necessario a votare la condanna a morte dei due patrioti. Tale potere cadrà tre anni dopo con la breccia di porta Pia.