In Sala

Bella e perduta

L’ultima opera di Pietro Marcello, Bella e perduta, è un’ibridazione di generi, dal documentario al realismo magico, passando per i dichiarati toni della fiaba, in cui ad essere affrontati sono temi che spaziano dalla più scottante attualità all’ancestrale rapporto dell’Uomo con la Natura. Da non perdere

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Arriva nelle sale dal 19 Novembre Bella e perduta, ultima, struggente opera di Pietro Marcello.

Sinossi: Dalle viscere del Vesuvio, Pulcinella, servo sciocco, viene inviato nella Campania dei giorni nostri per esaudire le ultime volontà di Tommaso, un semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone. Nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata a se stessa nel cuore della terra dei fuochi, delle cui spoglie Tommaso si prendeva cura, Pulcinella trova il bufalotto e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono un lungo viaggio in un’Italia bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare.

Recensione: L’inconsueta soggettiva di una bufala, che drammaticamente sbanda all’interno dell’angusto cunicolo del ‘circuito di morte’ di un allevamento, ci introduce subito nel vivo delle questioni sollevate dall’ultima opera di Pietro Marcello, Bella e perduta, un’ibridazione di generi, dal documentario al realismo magico, passando per i dichiarati toni della fiaba, in cui ad essere affrontati sono temi che spaziano dalla più scottante attualità all’ancestrale rapporto dell’Uomo con la Natura, attraverso la tessitura di un legame che amalgama felicemente oggetti ossimorici, alternando, dunque, poesia e prosa.

Tommaso è un semplice pastore che da anni, gratuitamente, custodisce la Reggia di Carditello, residenza creata dai Borboni nella metà del Settecento, originariamente destinata alle attività agricole, che dopo l’arrivo dei Savoia fu disgraziatamente abbandonata all’incuria, e che, fino a poco tempo fa (prima del recente intervento delle istituzioni campane), giaceva ancora in uno stato di assoluto degrado. Amante e difensore della Natura, Tommaso trova un giorno, come se fosse un novello Edipo, un cucciolo maschio di bufalo, legato mani e piedi,  e decide di strapparlo al suo tragico destino di morte (i bufali maschi, non producendo latte, ed essendo ormai superflui anche per la riproduzione che avviene artificialmente, vengono immediatamente uccisi), portandolo con sé. Purtroppo, il mite pastore muore (fatto realmente accaduto) la notte di Natale, ed è a questo punto che interviene Pulcinella, che, prima di essere una maschera della Commedia dell’Arte, nella cultura etrusca era uno psicopompo, ossia una semi divinità che ascolta i morti per parlare ai vivi, riferendo i messaggi dell’Oltretomba.  Non solo, Sarchiapone, il giovane bufalo, parla (con la voce di Elio Germano), e ci racconta del suo stato di schiavitù presso gli uomini che lo accomuna al suo salvatore, servo degli Immortali, fatalmente destinato a eseguirne le direttive. A questo punto comincia un viaggio che conduce i due verso il nord del paese, in una ricognizione del territorio che rivela lo stato di abbandono in cui versa, una bellezza, dunque, non valorizzata, drammaticamente lasciata al proprio destino, in una parola, “perduta”. Nel loro girovagare incontrano il pastore Gesuino, che, dopo l’accoglienza iniziale, svela il reale intento di restituire il piccolo quadrupede al suo destino di morte, costringendo Pulcinella a un’amara presa di coscienza, dato che non può evitare che il funesto esito si compia.

Dunque, Marcello, insieme allo sceneggiatore, Maurizio Braucci, compone un’opera complessa, articolata, in cui i vari registri utilizzati configurano una riflessione profonda che poggia sulla consapevolezza di aver smarrito il senso del Sacro, fortemente connesso alla dimensione primordiale della Natura, anzi il film è tutto un evocare proprio quell’Origine che custodisce una riserva inesauribile di senso, senza la quale si rimane irrimediabilmente esposti alla colonizzazione di un mondo drammaticamente precipitato in una condizione tragicomica, in cui non è dato poter accedere alla ricomposizione di una frammentarietà che disorienta e annichilisce, sopprimendo, dunque, quella speranza che si dà a partire dalla possibilità di esperire il libero arbitrio. Tant’è che assistiamo ad un’intensa sequenza in cui Pulcinella, di fronte all’albero della Morte, si toglie la maschera, perdendo le sue capacità soprannaturali, ma smarcandosi dallo stato di sottomissione rispetto ad un compito che lo riduce a mero esecutore dell’altrui volontà. Da segnalare anche l’altra incantevole scena in cui sempre Pulcinella (interpretato da un ottimo Sergio Vitolo) stringe le mani di una contadina incontrata sul suo cammino: la bellezza antica dei volti dei due personaggi, ripresi nell’austera semplicità di un campo-controcampo, ricorda la fierezza rurale delle espressioni catturate dalla macchina da presa di Pier Paolo Pasolini (il primo riferimento che viene in mente è Edipo re), accostamento che viene naturale e che sottolinea la dimensione poetico-prosaica (stando sempre al concetto di discorso libero indiretto del poeta di Casarsa) fortemente presente nell’opera del regista casertano.

Distribuito da Cinecittà Luce, il film sarà inizialmente diffuso con 15 copie, sperando poi che il passaparola produca un afflusso di pubblico che permetta di aumentare il numero di sale che lo ospiteranno. Coraggiosa, poetica e decisamente attuale, Bella e perduta è un’opera da non perdere.

Luca Biscontini

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