La seconda serata del Festival Visioni Fuori Raccordo si è svolta ieri nella sala del cineclub Detour . Sono stati presentati documentari diversi tra di loro e alcuni con tematiche molto importanti e di grande riflessione.
Il primo Se avessi le parole di Giovanni Piperno è un documentario girato con la collaborazione di Tor Sapienza Film Lab. Sono gli stessi ragazzi del corso ad aver interpretato la storia del documentario e aver collaborato alla sceneggiatura. Più che di un documentario Se avessi le parole è un piccolo corto di 18 minuti girato nella periferia romana dove un ragazzo di nome Gabriele si innamora di Azzurra. La timidezza di Gabriele è palese ma per fortuna Azzurra comprende le difficoltà del ragazzo e quasi lo “sprona “ a rivedersi ancora. Purtroppo il mestiere di Gabriele porterà un grande intoppo al loro primo vero appuntamento …Gabriele sicuro dell’amore che i due ragazzi provano l’una verso l’altra cercherà di farsi perdonare attraverso l’unico modo e mezzo che gli fa perdere la sua timidezza, ovvero la musica.
Il secondo sempre di Giovanni Piperno, sempre in collaborazione con Tor Sapienza film Lab è Quasi eroi. La storia è quella di due ragazzi Cristian, 21 anni, e Valentina, 17, lei rimane in cinta ma il padre non vede di buon occhio il ragazzo che è disoccupato e poi, si capirà più avanti, anche con un passato nemmeno troppo sereno alle spalle. I due impauriti dalla reazione del padre di lei decidono con grandissima tenerezza e ingenuità tipiche di un amore puro (questo nel corto viene fuori piuttosto bene) di sposarsi prima che la pancia cresca. A voler quasi dimostrare una sorta di responsabilità che il ragazzo riesce a prendersi nonostante intorno l’ambiente gli sia ostile. Dei due corti vengono fuori l’ottima fotografia, inquadrature decisamente originali e la genuinità dei ragazzi interpreti. Forse un po’ meno originalità ce l’hanno le storie, ma nel complesso il lavoro svolto dai ragazzi è davvero notevole.
Passiamo al documentario Roma Termini di Bartolomeo Pampaloni. Devo dire la verità sono tornata a casa dopo la proiezione molto toccata dalle immagini che ho visto nel documentario. Per chi abita a Roma sembra quasi normale la questione dei senza tetto, passare per la stazione Termini e vederli lì, chi beve, chi chiede l’elemosina; ma sapere e far conoscere le loro storie, come viene fatto in questo documentario, è qualcosa che non lascia indifferenti (se nel quotidiano questo accade). Il regista segue le storie di quattro clochard, quattro storie completamente diverse, uno alla fine riesce anche a ritornare a casa. E in Roma Termini si sente quella disperazione, quel senso di vuoto, quella voglia di lasciarsi andare di persone alla deriva che veramente lascia senza domande e senza risposte. Le immagini che si vedono sono dure, aspre, purtroppo reali, talmente reali che alla fine è quasi tutto un dispiacersi di come nel 2015 ci possano essere persone così sole e di come la società le abbia resi invisibili seppur lì, evidenti in mezzo alla strada. Persone con un passato, con una famiglia, che si ritrovano a vivere o morire (perché alla fine è quasi un senso di morte quello che avvolge il documentario). Si conoscono fra di loro, parlano, si incazzano pure. Ecco la verità è che Roma Termini è un ritratto reale che il regista Pampaloni ha saputo gestire con grazia e intelligenza, facendo arrivare allo spettatore quella solitudine profonda che circonda l’essere umano, facendoci anche sentire piccoli. Per quanto sia triste e sconvolgente ho trovato Roma Termini di una bellezza struggente.
Graziella Balestrieri