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Eventi

CSC – Cineteca Nazionale rende omaggio a Pier Paolo Pasolini, nei quarant’anni della sua morte, con una ricchissima retrospettiva

A quarant’anni dalla sua morte, la Cineteca Nazionale omaggia Pier Paolo Pasolini attraverso la proiezione di tutti i suoi film, inclusi i cortometraggi. Si segnala in particolare il recente restauro di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”

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A quarant’anni dalla sua morte, la Cineteca Nazionale omaggia Pier Paolo Pasolini attraverso la proiezione di tutti i suoi film, inclusi i cortometraggi. Si segnala in particolare il recente restauro, a cura della Cineteca di Bologna con la collaborazione della Cineteca Nazionale, di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”.

Domenica 1

ore 16.30 Accattone di Pier Paolo Pasolini (1961, 117′)

“Accattone” è il soprannome di un ragazzo nullafacente che vive in una borgata romana sfruttando una prostituta, Maddalena. Quando la ragazza finisce in carcere, Accattone si trova senza soldi e cerca di tornare dalla moglie che vive insieme al figlioletto in casa del padre e del fratello. «Il mondo dei “ragazzi di vita” del sottoproletariato romano, dei diseredati, ha trovato nell’opera di Pier Paolo Pasolini […] i giusti toni di una partecipazione affettiva e di una interpretazione commossa. Siamo lontani dal clima dei film sugli Sciuscià e sui Ladri di biciclette; qui il rapporto tra l’autore e i suoi personaggi si basa non sull’osservazione di una serie di fenomeni umani e sociali, ma sulla diretta partecipazione a un mondo di vita; e lo stile della rappresentazione deriva direttamente dalla volontà di dar forma visiva e letteraria ad una esperienza reale» (Rondolino).

ore 19.00 Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini (1962, 106′)

«Quando il suo protettore (Citti) si sposa, la prostituta Mamma Roma (Magnani) decide di rifarsi una vita assieme al figlio Ettore (Garofalo). […] Il tema dell’incoscienza, o della diversa coscienza, proletaria è il centro del secondo film di Pasolini […] dove il regista nobilita i suoi personaggi con richiami alla pittura rinascimentale (ilCristo morto del Mantegna), e tocca vertici di pathos senza versare una lacrima: Mamma Roma rappresenta la femminilità dolente ma indistruttibile, mentre Ettore, scettico e prematuramente deluso dalla vita, è fratello ideale di Accattone, senza esserne una scialba replica. Quella della Magnani […] è una delle sue migliori interpretazioni. Il debuttante Garofalo fu scoperto dal regista mentre faceva il cameriere in una trattoria. Lo scrittore Paolo Volponi è il prete» (Mereghetti).

ore 21.00 Padre selvaggio di Pier Paolo Pasolini (1962, 11′)

Provini per il film Padre selvaggio, svolti in una sola giornata di riprese: il 6 dicembre 1962. Riprese con varie inquadrature di un campo di zingari alla periferia di Roma. Inquadrature di una zingara in campo.

a seguire La ricotta di Pier Paolo Pasolini (ep. Di Ro.Go.Pa.G., 1963, 36′)

«Stracci, che “interpreta” come comparsa la parte del ladrone buono in un film sulla Passione di Cristo che un pretenzioso regista (impersonato da Orson Welles) che si autodefinisce marxista ortodosso sta girando su un enorme prato della periferia romana, è un sottoproletario perennemente affamato. La scena è ingombra di decine di membri della troupe e di comparse, che in mezzo alla scenografia “sacra”, alcuni ancora in costume da santo, ballano un twist scatenato. Quando la sua povera e numerosa famiglia lo va a trovare sul set, Stracci dona loro il cestino del pranzo che gli spetta in quanto attore per consentirgli di consumare un misero pasto in mezzo al prato, che assume il valore di una vera e propria eucaristia. Per non saltare il pasto, Stracci, approfittando della confusione del momento di pausa, si traveste da donna e riesce a “rimediare” un nuovo cestino dalla produzione. Con infantile entusiasmo si accinge quindi a mangiarlo, al riparo da tutti, in una piccola grotta poco lontano dal set. Ma dal set giunge l’ordine di presentarsi in scena, e Stracci a malincuore è costretto ad abbandonare il suo cestino dietro un sasso. Quando torna, trova che il cagnolino della prima attrice del film ha divorato tutto il contenuto del suo cestino. Stracci, sconsolato, piange a grandi lacrime come un bambino» (Murri). «L’intenzione fondamentale era di rappresentare, accanto alla religiosità dello Stracci, la volgarità ridanciana, ironica, cinica, incredula del mondo contemporaneo» (Pasolini). Con Mario Cipriani nel ruolo di Stracci.

a seguire La rabbia di Pier Paolo Pasolini (1963, 53′)

«Il produttore del film era Gastone Ferranti, colui che aveva fondato “Astra cinematografica”, una società che monopolizzò il documentario negli anni cinquanta. Dato che Ferranti aveva prodotto il cinegiornale “Mondo libero”, aveva tantissimo materiale e chiese a Pasolini di fare un film utilizzando proprio quella fonte. Pier Paolo era entusiasta. […] Ferranti, che era un conservatore liberale, venne consigliato da alcune persone dell’ambiente del cinema, di cui io non conosco il nome, che dicevano che l’operazione così com’era non poteva reggere a un impatto commerciale, anche se la distribuzione venne trovata presso una società molto importante il cui titolare era un uomo di sinistra ed ex comandante partigiano. Allora qualcuno gli suggerì l’idea di riprendere quello che veniva fatto su Candido, cioè “visto da destra e visto da sinistra”, come le due vignette che apparivano sul giornale di Guareschi. Vennero proposti alcuni nomi ma poi Ferranti decise per Guareschi che avrebbe bilanciato il film a destra. Naturalmente Pier Paolo al nome di Guareschi insorse in quanto era evidente che c’era anche un problema di livello, cioè non era soltanto un problema politico ma di livello culturale e anche di persona.

Il punto era questo: l’accettazione di Pier Paolo del film non fu per lui un grande trauma, cioè fu una ribellione del momento, come lui faceva, che poi ha razionalizzato e ha capito che senza quella operazione il suo film non sarebbe mai uscito. Questo è il punto fondamentale. Il suo discorso era: “È importante che io faccia comunque questo film con un testo in prosa e in poesia”, cosa che per quei tempi era molto particolare e che, per la modernità, anche oggi lascia senza parole…» (Carlo Di Carlo).

Lunedì 2

ore 16.30 Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964, 138′)

«Rispetto ad Accattone, il Vangelo secondo Matteo segna un progresso indubbio, prima di tutto per l’eccezionale impeto espressivo che in questo film rivela direttamente e immediatamente quali sono le cose che stanno a cuore a Pasolini. E in secondo luogo perché, nelle singole parti, Pasolini mostra questa volta di saper alleare la poesia ad una raffinatezza e levità che in Accattone, più elementare, non si potevano ancora che intravvedere. (Pasolini). Con Enrique Irazoqui nel ruolo di Gesù.

Ore 19.00 Incontro moderato da Emiliano Morreale con Alfonso Berardinelli, Goffredo Fofi, Franco Grattarola

a seguire Sopraluoghi in Palestina di Pier Paolo Pasolini (1964, 54′)

«Nel periodo che va dal 27 giugno all’11 luglio del 1963, in una pausa di lavorazione del film-inchiesta Comizi d’amore, Pasolini visita alcuni Luoghi Santi nelle terre di Galilea, Giordania e Siria: il lago di Tiberiade, il monte Tabor, Nazareth, Cafarnao, Baram, Gerusalemme, il Giordano, Bersabea, Betlemme, Damasco. È in compagnia di don Andrea Carraro e del dottor Lucio Settimio Caruso della Pro Civitate Christiana di Assisi, di Walter Cantatore dell’Arco film (la società di produzione di Alfredo Bini) e di un operatore alla macchina da presa, Aldo Pennelli. Alle riprese dei paesaggi e degli abitanti si alternano quelle in cui Pasolini espone in presa diretta le sue riflessioni, i suoi appunti di viaggio, oppure dialoga ora con don Andrea ora con i membri di un kibbutz. Da questo materiale di base prende forma Sopralluoghi in Palestina» (Loris Lepri).

ore 21.30 Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini (1965, 93′)

«Nel 1963 Pasolini girò un film-inchiesta sulla sessualità, percorrendo tutta la penisola, dalle grandi città alle campagne e chiedendo a passanti, contadini, operai, calciatori famosi, studenti, commercianti, a persone comuni appartenenti a diversi ceti sociali, che cosa ne pensassero dell’erotismo e dell’amore» (Angela Molteni).

Martedì 3

ore 17.00 Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini (1966, 89′)

«Antonio de Curtis e Pier Paolo Pasolini: è possibile immaginare due cineasti tanto diversi? Il primo è un comico, scatena la sua fantasia in piena libertà; il secondo è un intellettuale, la sua vita, le sue poesie, i suoi film sono atti politici. Il principe è un conservatore di spiccate simpatie monarchiche, il regista un uomo di sinistra pronto al duello dialettico con chiunque, anche con il partito di riferimento; l’arte di Totò si muove nel solco di una tradizione culturale, quella di PPP è spesso violenta opera di sperimentazione. In comune Totò e Pasolini hanno almeno una cosa, la timidezza. La sera in cui s’incontrano, in casa del principe, Pasolini gli parla di un progetto cinematografico tra lunghe pause di imbarazzato silenzio; Antonio de Curtis ascolta compunto, covando dentro di sé il disgusto per i jeans sdruciti di Ninetto Davoli. Da quest’incontro stentato nasce Uccellacci e uccellini, girato subito dopo La mandragolae ancora prodotto da Alfredo Bini» (Morandini).

A seguire l’episodio inedito Totò al circo

ore 19.00 Edipo re di Pier Paolo Pasolini (1967, 105′)

Versione della tragedia di Sofocle in forma di saggio, con gli opportuni riferimenti alla psicanalisi. La storia dell’uomo che, inconsapevolmente, uccide il padre, sposa la madre e, quando scopre la verità, si acceca diventa per Pasolini un dramma universale e al tempo stesso autobiografico. Prologo negli anni Venti, epilogo nella Bologna moderna, parte centrale in una immaginosa Grecia barbara e fuori dal tempo (ricostruita in Marocco). Questa è la prima apparizione su un set cinematografico di Carmelo Bene come attore, a segnare l’inizio di quella “parentesi cinematografica” che va dal 1967 al 1972 e che gli darà notorietà e risonanza internazionale, in Italia non senza scandali e attacchi feroci, non solo dalla critica dei detrattori ma anche dagli spettatori comuni, che causarono devastazioni selvagge e incendi nelle sale in cui avvenivano le proiezioni. Con Silvana Mangano, Franco Citti, Alida Valli, Carmelo Bene, Julian Beck, Ninetto Davoli.

ore 21.00 Medea di Pier Paolo Pasolini (1969, 110′)

La tragedia di Euripide rivista da Pasolini: Medea aiuta Giasone a conquistare il vello d’oro e fugge con lui. Si sposano e hanno due figli, ma Giasone l’abbandona per unirsi alla figlia del re di Corinto. «Grazie a una presenza magnetica come la Callas, che si cala anima e corpo in un personaggio che aveva già ispirato l’opera di Cherubini, riesce ad afferrare il senso di fatalità e di orrore del mito greco. Costumi e scenografie (Pisa, Grado, Aleppo in Siria, la Cappadocia) suggeriscono, come inEdipo re, una dimensione temporale leggendaria, ben lontana dalla classicità di cartapesta cui ci ha abituato il cinema» (Mereghetti). Con Maria Callas, Giuseppe Gentile, Massimo Girotti, Laurent Terzieff, Margaret Clementi.

Mercoledì 4

ore 17.00 Teorema di Pier Paolo Pasolini (1968, 98′)

«Uno strano studente (Stamp) s’insinua in una famiglia borghese e i suoi cinque membri finiscono per avere un rapporto con lui. Quando se ne andrà nessuno sarà come prima […]. Pensato come un poema in versi poi diventato film, Teorema è il tentativo di dimostrare “l’incapacità dell’uomo moderno di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il verbo sacro”: mescolando suggestioni bibliche a influenze psicoanalitiche, Pasolini eleva l’erotismo a “tangibile e quasi fisico segno rivoluzionario”, di fronte al quale la borghesia non può che rivelarsi per quello che veramente è» (Mereghetti). Con Silvana Mangano, Massimo Girottie Anne Wiazemsky.

ore 19.00 Porcile di Pier Paolo Pasolini (1969, 98′)

«Due storie parallele, una arcaica e l’altra moderna. Nella prima un giovane che vive isolato alle falde di un vulcano, nutrendosi famelicamente di rettili, insetti e sterpi, incontra un soldato, lo uccide e lo mangia. Improvvisamente altri sbandati si uniscono a lui e insieme continuano a vivere da cannibali […]. Nella seconda il giovane figlio di un ricco industriale tedesco disdegna le profferte amorose della fidanzata perché invischiato in rapporti con dei porci; inoltre rifiuta sia di aderire alla contestazione sia di interessarsi dell’azienda paterna» (www.cinematografo.it)

ore 21.00 Pier Paolo Pasolini – La ragione di un sogno di Laura Betti (2001, 94′)

«Film di montaggio molto ben fatto, pudico, toccante, evoca insieme con Pasolini un clima culturale e una società letteraria belli e spariti, che forse non torneranno mai. La scelta di immagini e citazioni è originale, affettuosa» (Tornabuoni). «Montando interviste e brani di film, delegando al grande amico di PPP e grande poeta e scrittore Paolo Volponi il racconto del PPP più privato e più intimo, scegliendo e organizzando o, talora, disorganizzando i suoi materiali, la Betti va con mano sicura al dunque, all’essenziale, senza requisitoria, perché immagini e parole dicono da sé» (Fofi).

Giovedì 5

ore 17.00 Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini (ep. Di Capriccio all’italiana, 1968, 22′)

In un teatro viene rappresentata una versione in chiave comica della tragedia di Shakespeare Otello. I personaggi sono attori-marionette: Totò interpreta Jago, Ninetto Davoli è Otello, Laura Betti è Desdemona, Franco Franchi è Cassio, Ciccio Ingrassia è Roderigo. Una riflessione amara, ma con un raggio di luce finale, sul senso dell’esistenza umana, tra il vivere e l’apparire, la vita e la morte.

a seguire La sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini (ep. Di Amore e rabbia, 1969, 10′)

Riccetto (Ninetto Davoli) percorre le strade di Roma senza rendersi conto del male e della sofferenza intorno a sé. Dio gli parla, ma non ne ascolta la voce. La lunga sequenza, alternata ad immagini di Riccetto che balla per la strada con un grande fiore rosso in mano, è spesso sovrapposta a filmati che ritraggono le più crude immagini della storia della prima metà del Novecento.

a seguire La terra vista dalla luna di Pier Paolo Pasolini (ep. De Le streghe, 1966, 31′)

Tutto inizia in un piccolo cimitero di periferia, dove Ciancicato Miao (Totò) e suo figlio Baciù (Ninetto Davoli), due uomini dai capelli color rame che vivono in una dimensione temporalmente non definita, piangono la morte della madre e moglie Crisantema. Brava moglie e massaia, come sottolineato dalla statua presente sulla tomba (lei con il mattarello in mano), morta per ingestione di funghi tossici. Appena finito il lamento funebre, i due si rendono subito conto del fatto che Totò, impiegato comunale, non troppo vecchio e con casa di proprietà, potrebbe ancora incontrare un’altra moglie. «Pier Paolo Pasolini ha realizzato, con l’episodio La terra vista dalla luna, il momento fino ad ora più inedito, più singolare dell’intera sua traiettoria cinematografica. Chi nutrisse ancora dubbi su quale debba essere oggi considerato l’uomo di punta del cinema italiano, può accantonarli tranquillamente» (Lodato).

a seguire Appunti per un film sull’India di Pier Paolo Pasolini (1968, 35′)

Il film venne realizzato da Pasolini per conto della rubrica Tv7 del primo canale della Rai. Fu girato a Bombay, a Nuova Delhi e negli stati di Uttar Pradesh e Rajasthan nel dicembre 1967 e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia l’anno seguente insieme Teorema. In queste riprese Pasolini si concentra su vari aspetti dell’India, dal mito alla realtà.

ore 19.00 Il Decameron di Pier Paolo Pasolini (1971, 111′)

«Al tempo del Vangelo secondo Matteo Pier Paolo Pasolini spiegò che per l’interpretazione aveva voluto evitare le ipotesi particolari e aggiornate e tenersi invece al senso comune. Cosa intendeva Pasolini per senso comune? Evidentemente, la fruizione del testo, attraverso i secoli, “fuori della storia”, da parte di infiniti lettori, nei luoghi e nelle situazioni più diverse. Il senso comune: cioè il senso di tutto ciò che sfugge alla moda, alla storia, al tempo. […] Per il Decameron, Pasolini ha proceduto in maniera non dissimile che per il Vangelo. Ha accettato e fatta sua la visione del senso comune di tutti i tempi la quale considera il Decameron come un libro non solo privo di tabù ma anche privo del compiacimento di non averne; un libro, cioè, in cui letteratura e realtà si identificano perfettamente per una rappresentazione totale dell’uomo.

A seguire l’episodio inedito Set di Sana’a

ore 21.00 Il fiore delle mille e una notte di Pier Paolo Pasolini (1974, 130′)

«Un film semplicissimo, ma anche difficile, suscettibile di letture molteplici: stilistiche, ideologiche, etnologiche. Incominciamo dal testo. La sua fonte, naturalmente, sono Le mille e una notte, l’opera letteraria più famosa della civiltà araba da cui, come dal Decamerone e dai Racconti di Canterbury, è nata tutta intera una letteratura (e per questo Pier Paolo Pasolini vi ha fatto ricorso per il suo ultimo film della “Trilogia della vita”, sorretta all’interno dal denominatore comune della nostalgia del passato). Le novelle scelte sono una decina, volutamente le meno note, con un filo conduttore che riassume in chiave meno favolistica quello di Shahrazàd e del re Shahriyàr sostituendolo con quello del giovinetto Nur ed-Din che vaga disperatamente alla ricerca della sua amatissima schiava Zumurrud rapita da un rivale. I canovacci delle novelle riproducono fedelmente quelli della celebre raccolta, con varie contaminazioni, però, e delle concatenazioni ripetute che, facendo scaturire i vari racconti l’uno dall’altro e intersecandoli, danno alla struttura narrativa un aspetto concentrico, quasi a scatola cinese. I personaggi, gli uni “raccontandosi” agli altri, oltre ai due innamorati che reggono le fila della narrazione, sono re, principi, demoni, giganti e geni. Quello però che ha attratto Pasolini nelle novelle non è tanto il “loro carattere fiabesco, esotico, magico, quanto il loro realismo: il senso esistenziale della vita quotidiana dell’antico mondo arabo e la rappresentazione della società osservata con rigore quasi etimologico”. Un realismo, comunque, in cui è possibile “vedere il Destino alacremente all’opera, intento a sfasare la realtà: non verso il surrealismo e la magia, ma verso l’irragionevolezza rivelatrice della vita, che solo se esaminata come “sogno” o “visione” appare come “significativa”. Realismo, dunque, ma in un contesto “visionario”, in cui i personaggi sono “rapiti” e costretti a un’ansia conoscitiva involontaria, il cui oggetto sono gli avvenimenti che gli accadono”.» (Rondi).

A seguire i due episodi inediti Nur-Ed-Din e Tagi E Dunya

Venerdì 6

ore 17.00 Appunti per una Orestiade africana di Pier Paolo Pasolini (1969, 73′)

Pier Paolo Pasolini, desiderando innestare l’Orestea di Eschilo nei drammi sociali e politici del Terzo Mondo degli ultimi decenni, percorre tre Stati africani (Kenya, Tanganiga, Uganda) alla ricerca di volti e fenomeni che rappresentino, con immagini reali e non artificiali, Clitennestra, Egisto, Agamennone, Elettra, Oreste e Pilade, che raffigurino la trasformazione delle Furie in Eumenidi, che ricordino il tempio di Apollo, dove Oreste venne giudicato non più da un tribunale divino, bensì da un tribunale umano. Il materiale raccolto viene poi presentato a studenti africani di Roma per verificare l’idea di fondo e per risolvere meglio il problema della datazione della moderna Orestea, se negli anni Sessanta o in quelli successivi.

ore 19.00 I racconti di Canterbury di Pier Paolo Pasolini (1972, 111′)

«”C’è dentro ogni ben di Dio”, scrisse John Dryden dei Canterbury Talesdi Geoffrey Chaucer (1340?-1400), vasto affresco incompiuto in versi sulla società inglese del XIV secolo. Ispirandosi forse a Boccaccio, ma comunque da buon conoscitore degli autori nostri, Chaucer immagina che nell’aprile 1383, durante un pellegrinaggio da Southwark all’abbazia di Canterbury, i partecipanti si narrino delle storie. Questi racconti dovevano essere 120: l’autore ne completò ventuno, ne lasciò abbozzati tre. Pasolini (che ridacchia in prima persona impersonando Chaucer nel film) ne ha scelti otto di tipo grottesco e scurrile, sorvolando sulla cornice che nel testo invece è molto significativa. Chi ha apprezzato il Decameron, più che il divertimento filologico stavolta assente per ovvie ragioni di lingua, ne ritroverà gli estri ribaldi nella nuova silloge (addirittura preceduta stavolta dalle solite contraffazioni truffaldine).» (Kezich)

ore 21.00 Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975, 116′)

Salò o le 120 giornate di Sodoma fu presentato in anteprima a Parigi il 22 novembre del 1975, tre settimane dopo la morte del regista. Pasolini fu ucciso subito dopo le riprese del film, prima di poter ultimare il montaggio. Il film uscì sul mercato italiano nel gennaio 1976 e venne subito sequestrato. Le sue traversie giudiziarie – dall’imputazione di oscenità a quella di corruzione di minori – durarono a fasi alterne fino al 1978. Durante la lavorazione di Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pasolini spiegò a più riprese il progetto di un’opera così geometricamente crudele, violenta, ma anche così enigmatica come un «mistero medievale» ben lontano cioè dai suoi film precedenti e specialmente dalla Trilogia della vita.

Copia restaurata dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con la Cineteca Nazionale

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