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Crimson Peak

Il Guillermo Del Toro di Crimson Peak è un grande venditore d’immagini con un debito d’amore per il gotico letterario e cinematografico. Il regista messicano reinventa un genere marginale e secondario, approcciandosi all’opera in maniera personale e autoriale

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Sinossi: Nella industriale New York di metà Ottocento, la giovane Edith sogna di diventare una scrittrice di racconti del terrore. La ragazza vive nella casa paterna, dove il ricco genitore Carter Cushing la copre di affetto per compensare la precoce assenza della madre, morta quando Edith era ancora una bambina. Un bel giorno si palesa davanti ai suoi occhi l’inglese Thomas Sharpe, che aspira a conquistare il cuore della fanciulla, magari entrando anche nelle grazie del signor Cushing, il quale potrebbe facilmente finanziare i suoi progetti imprenditoriali. Ma, né il pretendente né la sorella di lui vanno particolarmente a genio a Cushing, che tenta di troncare qualsiasi rapporto tra Edith e Thomas.

Recensione: Il Guillermo Del Toro di Crimson Peak è un grande venditore d’immagini con un debito d’amore per il gotico letterario e cinematografico. Il regista messicano reinventa un genere marginale e secondario, approcciandosi all’opera in maniera personale e autoriale. Crimson Peak rappresenta una tappa – assolutamente non trascurabile  –  di commistione totale tra l’horror in versione Hammer e il melodramma puro, senza che uno stile tenti di soffocare l’altro. Il più “sublime dei terrori” messo in scena dall’autore de Il labirinto del fauno conosce appieno le regole del gotico e le rispetta fino in fondo, non tradendo mai l’estetica dalla cui costola è nato. Del Toro stabilisce delle corrispondenze significative con i romanzi gotici con cui si è formato, abbracciandone i principali topoi narrativi: la giovane protagonista innocente e perseguitata, l’eroe tenebroso e un castello in rovina soffocato da un’atmosfera oppressiva e da inquietanti presenze.

Il regista si distacca però dall’ambientazione storica prediletta da questa forma di racconto, ossia il medioevo, legando tra loro i fili della narrazione sullo sfondo di un’epoca storica più recente. Infatti, le terribili vicende rievocate nel film hanno luogo nel diciannovesimo secolo e avvengono a cavallo tra il nuovo e il vecchio continente, dove i fantasmi sono un argomento da non prendere tanto alla leggera. Interessante la contesa inscenata da Del Toro tra la moderna New York della metà dell’Ottocento, dove l’anemica aristocrazia di sangue cede lo scettro all’aristocrazia del denaro, e la vecchia Inghilterra impersonata dall’asfittica dinastia nobiliare degli Sharpe. La solida regia di Del Toro rende incredibilmente veritiero l’affresco storico di Crimson Peak, che raggiunge il suo apice nella romantica sequenza in cui Edith Cushing e Sir Thomas Sharpe danzano a lume di candela sulle note di un tenero valzer.

Il talento sfaccettato dell’autore, talmente bravo da trafiggere l’immaginazione dello spettatore giovandosi anche di un solo minimo dettaglio, lo si esamina meglio alla luce di due fattori: la direzione degli attori e la resa estetica. Riguardo al primo punto, Mia Wasikowska, Jessica Chastain e Tom Hiddleston riescono a dare libero sfogo a tutte le tensioni psicologiche represse all’interno dei loro personaggi senza mai smarrire l’impressione di autenticità e senza dare origine ad alcuna sbavatura. In Crimson Peak, poi, forme, colori e materia concorrono tra loro per fungere da punti di approdo di un universo determinato dalla continua lotta tra l’esigenza di raffigurare qualcosa del mondo e puro approccio emozionale. L’effetto finale consiste pertanto nell’unire assieme registri del tutto differenti, che hanno un significato sia all’interno del codice visivo sia negli anfratti più reconditi della nostra psiche. Nella pellicola i diversi registri tonali non solo rafforzano il senso oscuro di quanto avviene a livello tematico, ma addirittura lo precedono, in un libero gioco di rifrazioni e anticipazioni. Prova tangibile di questo rapporto dialettico è l’argilla rossa intorno al tetro maniero degli Sharpe, che rassomiglia sin troppo sinistramente al sangue quando la sabbia si confonde al candore della neve.

Maria Cristina Caponi

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