Sinossi: Durante una missione su Marte, l’astronauta Mark Watney viene considerato morto dopo una forte tempesta e per questo abbandonato dal resto dell’equipaggio. Ma Watney è sopravvissuto e ora si ritrova solo sul pianeta ostile. Con scarse provviste, Watney deve attingere a tutto il suo suo ingegno, alla sua arguzia e al suo spirito di sopravvivenza per trovare un modo per segnalare alla Terra che è ancora vivo. Nel frattempo, a milioni di chilometri di distanza, la NASA e un team di scienziati internazionali lavorano instancabilmente per cercare di portare “il marziano” a casa, mentre i suoi compagni cercano di tracciare un’audace, se non impossibile, missione di salvataggio.
Recensione: Ecco qualcosa che non ci aspettavamo davvero più di vedere: un bel film diretto da Ridley Scott. Un film bellissimo in verità. Anzi, per dirla tutta Sopravvissuto – The Martian rappresenta il ritorno al capolavoro dell’autore di Alien che, al culmine di una bulimia creativa che lo ha portato, negli anni, a raggiungere i ritmi alleniani (ilvecchio Woody ci scuserà se lo tiriamo in ballo) di un film all’anno con risultati il più delle volte risibili (Exodus – Dei e re) quando non da prendere e dimenticare (The Counselor – Il procuratore), firma la sua opera migliore addirittura dai tempi di Thelma e Lousie.
Lo fa grazie a uno script ricchissimo di Drew Goddard (già regista del bellissimo Quella casa nel bosco e autore di Daredevil, una delle serie TV migliori dell’anno) tratto dall’omonimo best seller di Andy Weir. Perché nelle scorrevolissime due ore e venti di Sopravvissuto – The Martian ci sono spunti per almeno tre film diversi, oltre a una serie di intelligenti richiami a tutta la fantascienza che conta e non solo. Se si escludono infatti gli ovvi e possibili paralleli con Moon, Interstellar e Gravity, lo spunto narrativo di partenza sembra essere quello di un Cast Away declinato in salsa sci-fi. Scott garantisce all’operazione stile visivo e solido mestiere, ma la vera carta vincente è però in una scrittura che, piuttosto che rimestare nell’angoscia che pure l’idea di un uomo lasciato solo su un pianeta a milioni di chilometri da casa potrebbe suggerire, sceglie coraggiosamente di concentrarsi sul versante più leggero dello spettro emotivo, fin quasi a connotare l’intero film come una commedia.
Tale risultato è garantito, in buona parte, dal fatto che il protagonista non rappresenti in alcun modo nessun idealtipo di uomo comune, bensì un astronauta perfettamente addestrato e un geniale botanico, due elementi che, se da un lato allontanano lo spettatore da una piena immedesimazione con il suo dramma umano, gli permettono dall’altro di godere delle virate più ironiche della storia, senza che il tema della mera sopravvivenza diventi il fulcro del film. A favorire il coinvolgimento in chi guarda provvedono i videodiari che Watney registra come lascito ai futuri astronauti qualora lui dovesse morire nell’attesa di una nuova spedizione, utili ad informare lo spettatore di tutto quello che passi per la mente del protagonista, spezzando quello che sarebbe potuto essere un silenzio assordante, ma senza ricorrere al troppo facile escamotage della voice over.
Accuratissimo da un punto di vista scientifico (anche se immagino che fioccheranno gli esperti di ingegneria aerospaziale dell’ultim’ora con i loro “però l’allacciatura della tuta spaziale non è come si vede nel film”) per molti versi Sopravvissuto – The Martian rappresenta il lato più umano e insospettabilmente ironico di Interstellar – risultato notevole, soprattutto se consideriamo come la risata non sia mai stata una delle prerogative del cinema di Ridley Scott – e, in generale, un chiaro invito a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà che la vita ci pone davanti, nemmeno quando tutto intorno sembra remarci contro.
Matt Damon è perfettamente a suo agio in un ruolo così complesso – di fatto è realmente solo per quasi tutto il film – e stupisce con una gamma espressiva tutta modulata sui mezzi toni, senza indulgere in eccessivi scoramenti né in un registro patetico che avrebbe rischiato di appesantire il tutto.
Impreziosito da un corredo di musica pop perfettamente funzionale in termini narrativi – qualora ve lo steste chiedendo, sì, c’è anche Starman di Bowie – e da un cast “stellare” (oltre al già citato Damon e a Jessica Chastain ci sono il 12 anni schiavo Chiwetel Ejiofor, Kate Mara, Jeff Daniels, Sean “Eddard Stark” Bean e una Kristin Wiig in un ruolo più serio rispetto ai suoi standard abituali) The Martian avvince e diverte grazie a un delicatissimo equilibrio degli elementi in gioco alternando tanta sostanza ad almeno un paio di americanate inevitabili trattandosi comunque di un blockbuster, ma tutto con gusto, riuscendo a non avere mai un solo attimo di cedimento. Ciò che più stupisce è però l’estrema vitalità di un regista che, quasi ottantenne e dopo due decenni spesi dietro progetti il più delle volte fuori fuoco, tira fuori dal cilindro un vero colpo da maestro capace finalmente di non far rimpiangere i suoi tempi migliori.
Speriamo continui così.
Fabio Giusti