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Venezia 72: Francofonia di Alexander Sokurov (Concorso)

Con Francofonia: Il Louvre sotto occupazione, Alexander Sokurov torna a esplorare uno dei musei più importanti d’Europa per avvolgerci in una delle sue estasianti riflessioni sull’umanità, l’arte, la storia

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Lo avevamo visto a Venezia 4 anni fa vincitore del Leone d’Oro con Faust, opera magnifica intrisa di letteratura e arte sulla natura errabonda e perduta dell’essere umano, nonché epilogo della tetralogia sul potere dopo Moloch (su Hitler), Taurus (su Lenin) e Il sole (su Hiroito). Con Francofonia: Il Louvre sotto occupazione, Alexander Sokurov torna a esplorare uno dei musei più importanti d’Europa per avvolgerci in una delle sue estasianti riflessioni sull’umanità, l’arte, la storia. Dopo il Bojimans Van Beuningen Museum di Rotterdam (Elegy of a Voyage, 2001) e l’Hermitage di San Pietroburgo (Arca russa, 2002), per il regista russo è la volta di Parigi e del suo Louvre, che “da solo vale più di tutta la Francia (?)”. Affiancando video e immagini di repertorio alla contemporaneità delle scene nel suo studio e sulla nave, alla bidimensionalità delle opere pittoriche e fotografiche la tridimensionalità del video, Sokurov crea un collage spazio-temporale che segue l’ordine rigoroso della riflessione. I filmati d’archivio ci riportano al 1943, all’inizio dell’occupazione nazista di Parigi. Le sorti del Louvre vennero allora affidate a due uomini dalla natura piuttosto diversa poi ingiustamente dimenticati dalla storia: il direttore del museo, Jacques Jaujard (Louis Do de Lencquesaing), un funzionario francese, e il rappresentante delle forze naziste, Conte Franziskus Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath), un militare e aristocratico tedesco.

Quello che all’inizio sembrava un incontro impossibile tra due universi culturali diversi, finirà poi per rivelarsi un atto di collaborazionismo spinto dal fine ultimo di proteggere l’arte, ossia la rappresentazione dell’umanità e del suo pensiero più elevato. Mentre Sokurov ci riporta indietro nel tempo e nello spazio e la sua voce ci assicura che a breve smetterà di raccontare, sul monitor del suo ultra moderno computer appare una comunicazione disturbata e intermittente con un capitano e amico imbattuto in una navigazione impervia. La sua nave trasporta incosciente decine e decine di opere d’arte che rischiano di essere inghiottite negli abissi marini per sempre. Mentre Sokurov fa rivivere il passato eroico di due uomini allontanati dai loro incarichi per aver preso troppo a cuore la causa di preservazione a discapito dell’obbedienza alla madre patria, il presente compie minaccioso il suo “disumano” attentato alla memoria scampato con meticolosità e coraggio negli anni bui della guerra. Come osserva Sokurov l’arte europea, a differenza di altre, ama indugiare sul ritratto, e grazie a quei volti immortali l’uomo di oggi ha conosciuto il padre del padre, i suoi atavi perduti nel tempo e nella storia, dando radici e memoria a un presente altrimenti orfano.

In questo appassionato e denso di simboli excursus dei fatti ai tempi dell’occupazione, Sokurov prende a bordo dell’arca due personaggi d’eccezione, La libertà che guida il popolo nella forma in carne ed ossa della donna ritratta da Delacroix, e Napoleone, colui che con le sue battaglie ha riempito i muri del Louvre e che si mostra a noi su un mulo (come in realtà fu quando attraversò le Alpi) e non sul focoso cavallo bianco di Jacques Louis David. In questa fascinazione per l’arte e per la lotta alla sua preservazione, Sokurov non esenta dal suo sguardo derisorio l’essere umano, creatura facilmente soggiogata dall’avidità e dalle manie di grandezza, troppo debole per non dare in pasto al fallimento i valorosi propositi che in un’epoca non troppo lontana agitarono una rivoluzione.

E mentre l’esistenza dell’uomo si conferma caduca e avvilita dalla sua natura abominevole, l’arte in quanto alto compimento di un pensiero eletto è pura ed eterna, esisterà e resisterà anche quando l’uomo incapace di salvaguardarla non sarà più in grado di guardarla.

Francofonia è un’ode all’illuminato Jaujard, il quale già nel 1938, aveva avviato un piano di salvataggio conservando gran parte delle opere nel castello di Chambord e in altri castelli e lasciando ai nazisti solo cornici vuote.

Francesca Vantaggiato

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