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Gamer

«In “Gamer” ci troviamo in un futuro non troppo lontano, dove alcuni detenuti condannati a morte vengono usati come pedine di un micidiale gioco on line chiamato Slayers (assassini)».

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In Gamer ci troviamo in un futuro non troppo lontano, dove alcuni detenuti condannati a morte vengono usati come pedine di un micidiale gioco on line chiamato Slayers (assassini), e i videogamers, comodamente da casa, ne possono controllare le volontà, come se fossero in tutto e per tutto in un ordinario videogioco.

Le star  sono Kable (Gerard Butler) e il suo manovratore Simon (Logan Lerman), vincitori di 29 scontri mortali, ormai vicinissimi alla soglia dell’ambitissimo trentesimo round che rappresenta la libertà per il moderno gladiatore e la fama e la ricchezza per il giovane giocatore.

Ma non tutto va come previsto… e non solo con riferimento alla trama del film.

Il nuovo giocattolo della coppia Neveldine-Taylor appare subito rotto, la perfetta alchimia tra azione e divertimento senza pretese raggiunta con il loro film d’esordio, Crank (2006), è veramente lontana. Non che non ci fossero già stati dei segnali premonitori di questa parabola discendente intrapresa dai due registi di origine pubblicitaria: basta vedere il secondo capitolo della saga di Chev Chelios, dove il divertimento genuino del primo film è scivolato in una pura demenzialità in Crank: High Voltage (2009).

Ma Gamer è un prodotto strano, ibrido che cerca di coniugare adrenalina e cervello, spettacolare violenza e riflessioni mass-mediatiche, ma non riuscendoci minimamente, penalizzando entrambi gli aspetti. C’era il potenziale di partenza, anche se non originalissimo, per confezionare un buon film di azione, ma che purtroppo è venuto a mancare. Tante sono le occasioni non sfruttate a dovere, come per esempio il rapporto tra l’avatar videoludico e il suo giocatore o, ancor di più, l’imbarazzante uso di Micheal C. Hall nel ruolo del cattivo “burattinaio”, attore che ha costruito la sua celebrità con il ruolo dello psicopatico per eccellenza nella serie televisiva Dexter.

Ovviamente sul piano visuale, come ci hanno abituato Neveldine-Taylor, il film offre interessanti soluzioni, alternando la sporca fotografia delle scene di battaglia, a quella patinata, pop, dei momenti televisivi e virtuali, che nonostante la loro spettacolarità, non riescono a coprire le voragini di una vacante sceneggiatura.

Enzo Pompeo

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