L’ora di religione, noto anche come L’ora di religione – Il sorriso di mia madre, è un film del 2002 scritto e diretto da Marco Bellocchio, ed interpretato da Sergio Castellitto
L’ora di religione, noto anche come L’ora di religione – Il sorriso di mia madre, è un film del 2002 scritto e diretto da Marco Bellocchio, ed interpretato da Sergio Castellitto.
Presentato in concorso al 55º Festival di Cannes, ha ricevuto una menzione speciale della giuria ecumenica.
Il film viene spesso ricordato per la pronuncia di una bestemmia esplicita nel momento di massima tensione narrativa (per questo motivo è stato vietato ai minori di 14 anni).
Ernesto Picciafuoco, pittore e illustratore di favole per bambini, viene da una famiglia molto importante ma decaduta, che vuole riconquistare il proprio prestigio grazie ad una canonizzazione. La donna che viene considerata santa è la madre defunta dei cinque fratelli, debole e stupida, unica vera religiosa della famiglia, uccisa anni prima da Egidio, uno dei suoi figli, malato di mente e bestemmiatore. La canonizzazione è già in atto da tre anni ed Ernesto è l’unico membro della famiglia a non esserne al corrente: i suoi fratelli e i parenti, tranne l’assassino che è internato, si sono prodigati nel corso degli anni creando attorno alla donna una mitizzazione che Ernesto non condivide, né personalmente (ritiene la madre una donna stupida che ha rovinato la vita dei figli) né ideologicamente, in quanto ateo convinto.
Contattato da un cardinale che vuole interrogarlo in merito al processo di santificazione della madre, Ernesto inizia un surreale percorso che dura poco più di 24 ore, in cui cerca di star vicino al figlio piccolo, recandosi alla sua scuola dove conosce una giovane e affascinante “insegnante di religione”, dalla quale è attratto, ma che si rivelerà una simulatrice.
Ha una discussione con un prelato, incaricato di approfondire le circostanze del “martirio”, il quale gli chiede conto del mancato battesimo del figlio, dimostrando di essersi ben informato sul suo conto, e che cerca di sapere come mai Ernesto avrebbe “perso la fede”. Ha un colloquio con una sua zia, che non ha mai dimostrato molta fede, ma che ora, attratta dal possibile guadagno economico e dalla notorietà che la famiglia ricaverebbe dalla santificazione, tenta per mero opportunismo di riportare anche il nipote sulla “retta via”. Ernesto è poi sfidato a duello, per futili motivi, da un nobile che sogna un’improbabile restaurazione della monarchia, ma il duello è interrotto dopo pochi istanti. Intanto la moglie di Ernesto somministra una sorta di battesimo al figlio dormiente, ansiosa di riparare alla precedente “mancanza”.
Accortosi di quanto l’ipocrisia sia dominante nella sua famiglia, arrivando perfino ad ipotizzare che il “miracolato” (un amico di famiglia improvvisamente guarito invocando la santa) sia stato pagato dai fratelli per aver il benestare della Curia, Ernesto non si reca all’udienza per la canonizzazione, a cui partecipa invece l’intera famiglia, e coerente con le sue idee, accompagna il figlio a scuola.