Dice ad un certo punto Ferzan Ozpetek: “…la morte non è mai la fine delle cose…”. Ed in noi scocca una scintilla: in questa sintesi filosofica si può ritrovare la base autoriale, strutturale, filosofica, di tutto il suo cinema?
Dice Ferzan Ozpetek: “ho imparato che la vita non ti offre mai assolute certezze, anzi è fatta proprio di salite e di discese improvvise ed improvvide. Di fronte a questo quello che rimane veramente importante, per me, sono i rapporti umani, la condivisione degli affetti e delle emozioni, i sorrisi, le lacrime, le gioie ed i dolori….”.
Ferzan Ozpetek, proprio per il coraggio che dimostra mettendo in scena questi temi, sempre molto delicati, concreti, veri, quali appunto il senso dell’amore e della amicizia, la morte e la sua paura, l’omosessualità, il tradimento, la malattia, la religione, l’olocausto, il disagio esistenziale, fa veicolare la sensibilità e la tenerezza di ognuno verso il genere piuttosto autoriale, la strada insomma dove indirizzare ed ordinare il suo cinema.
Oggi Ferzan Ozpetek è sul set del suo romanzo Rosso Istanbul, superfice dove, ci pare proprio di intuire, tutti i temi annunciati al capoverso li possiamo ritrovare al suo interno, qualcuno a limitarne proprio i varchi del racconto, altri per esserne quasi sviscerati. D’altronde, come ci ha spiegato subito Ferzan, Rosso Istanbul era già un film prima ancora di nascere romanzo. Rosso Istanbul, il libro, mette soprattutto in risalto, tra le ombre, il rapporto di Ferzan con la madre, ed il rosso del titolo altri non è, in fondo, che il colore preferito dalla madre in età matura, in gioventù invece la signora amava di più i colori sobri, delicati, quasi invisibili, e nel romanzo Ozpetek tenderà a chiarire questa controtendenza, “ma il film, rispetto al romanzo” come ci ha spiegato “subirà certamente qualche naturale cambiamento…”.
Ferzan Ozpetek è un regista che, nel dubbio acuto dello spettacolo più puro, abbiamo, in definitiva, sempre amato profondamente. In ogni suo film, ed è un pregio assoluto, abbiamo trovato sempre un momento che ci riguardava, o ci ha riguardato, che ci ha scoperti o ci ha riscoperti. Secondo noi non si può mai dire, per la filmografia di Ozpetek, quale il suo film più bello: tutti sono semplicemente importanti. Il cinema di Ozpetek è autenticamente, strutturalmente culturale e non fa assolutamente finta di esserlo, ma è certamente dominato, come pochi, anche da un profondo senso emotivo. Cose che alle opere prettamente culturali, e dobbiamo ammetterlo, anche realizzate da registi sensibili, questo senso spesso manca assolutamente. Questa convivenza tra cultura ed emozioni è, secondo noi, il dono assoluto che il cinema di Ferzan Ozpetek può regalarci. Si dice che Ferzan Ozpetek abbia fatto sempre lo stesso film? Può darsi, ma in tutti ha dato tratti somatici puntuali e precisi. I suoi orpelli psichici e sentimentali (come li chiamano i critici autorevoli) li ha certamente sviscerati ed analizzati in più punti di vista, sezionati in più parti, ordinati in più scompartimenti logistici. Ed è sempre un grande cinema, soprattutto quando lo pensi: il cinema di Ferzan Ozpetek va certamente visto, appunto per essere semplicemente pensato. Consideriamo Cuore sacro, 2004, comunque, il suo film più affascinante.

Cuore sacro arriva nella filmografia di Ozpetek dopo La finestra di fronte.
Dice Ferzan Ozpetek: “in realtà subito dopo La finestra volevo realizzare un soggetto divertente, decisamente più leggero, pensavo già allora a Mine vaganti (quella commedia in cui si mostrava la difficoltà ancora oggi di fare outing, n.d.r.), il trattamento di Mine e la sceneggiatura erano già pronti, all’epoca, ma ho rinunciato. In realtà era successo qualcosa che mi aveva suggerito di cambiare quel registro brillante…”.
Cuore sacro lo abbiamo trovato massimo anche verso l’idea che, religiosi o no, tutti in fondo cerchiamo un senso nella vita. E siamo rimasti assolutamente contrari con l’idea, espressa da più parti e foriera nei dibattiti culturali intavolati sul film, che Ozpetek sia diventato, con l’esperienza di Cuore sacro, anche un esaltato spirituale. Noi da Cuore sacro abbiamo capito una cosa fondamentale: certamente il divario tra ricchi e poveri, centrato così bene nel film, continua a danneggiare assolutamente il mondo e non contribuisce certo a creare altre ricchezze, ma solo esclusivamente profonde miserie. Cuore sacro rimane nella filmografia di Ozpetek, e non può essere altrimenti viste queste forti premesse, il suo film più ricco e personale.
Dice Ferzan Ozpetek: “l’idea di girare Cuore sacro, in realtà mi venne in un periodo molto spensierato per la mia esistenza. D’estate, durante la lavorazione de Le fate ignoranti. Stare su quel set mi rendeva felice, l’atmosfera era sempre brillante, tutte le sere, dopo il lavoro, si usciva. Fu un periodo molto divertito. Ma era in quei momenti di spensieratezza che l’idea di Cuore sacro si concretizzava”. Anche se in realtà Ozpetek dopo Le fate ignoranti non seguirà questa cronologia, porterà la sua macchina da presa invece nel racconto dell’ olocausto e nell’intreccio di una relazione di coppia: La finestra di fronte.
Leggi qui la recensione di Le Fate Ignoranti
Il cinema di Ozpetek ci sembra essenzialmente sincero, ed è un altro pregio assoluto, nasce da un’esigenza anche intima e profonda, è un cinema davvero necessario pensiamo, per lui che lo fa, proprio perché realizzato in quei modi ed in quei temi. Poi è bello semplicemente perché è fatto con competenza e con arte. E poi riesce a cogliere e ad unire tanti talenti attoriali, davvero tutti insieme, riesce a farli agire al meglio. Il cinema di Ozpetek è davvero un risultato di insieme. Insomma tante persone, tutte, comunque e sempre al servizio di una idea. Il cinema di Ozpetek regala proprio la sensazione di un momento assoluto di condivisione, lo diventa quando il pubblico lo vede nelle sale, ed il cinema di Ozpetek arriva davvero nelle sale e le riempie, lo è quando Ozpetek lo pensa e lo gira. Ferzan come ci ha detto ama molto gli attori che sceglie per i suoi film. Dice di sceglierli senza passare per un provino di scena specifico. Preferisce solo fare leggere la loro parte. Dice Ferzan Ozpetek: “l’attore deve andare sul set disarmato, senza la protezione dello scudo, che è la recitazione. Io lavoro sulle emozioni degli attori, se l’attore le spreca nei provini, io di quella emozione perdo la novità”. Sembra di capire che Ferzan sul set è davvero un regista con le idee molto chiare, un regista a cui un vero attore sicuramente è felice di affidarsi.
“Credo di sbagliare davvero raramente sugli attori”
Dice Ozpetek: “credo di sbagliare davvero raramente sugli attori. Non faccio provini anche per questo. Con gli attori ci chiacchiero molto, cerco di capire che vita fanno, e di che segno sono…”. Forse solo con gli attori storici potrebbe cambiare atteggiamento, e Ferzan è un regista, uno tra i pochissimi, che non li dimentica mai: infatti con lui sono tornati sul set Massimo Girotti, Lucia Bosè, Lisa Gastoni, Anna Proclemer, Ilaria Occhini, Erika Blanc, Milena Vukotic. Sappiamo ad esempio che per Cuore sacro Ferzan avrebbe voluto Valeria Golino, ma Barbora Bobulova, l’attrice che poi ha ereditato il severo ruolo di Irene, la giovane e volitiva imprenditrice che individuerà un percorso atto a spogliarsi di tutte le ricchezze, é reso sullo schermo con un’intensità semplicemente straordinaria. La verità è che Ozpetek non sbaglia mai i suoi cast, pensiamo in questo momento, ad esempio, al cast di Saturno contro (Stefano Accorsi, Margherita Buy, Pierfrancesco Favino, Isabella Ferrari, Luca Argentero, Ambra Angiolini, Ennio Fantastichini, Filippo Timi, Milena Vukotic). A quello di Mine vaganti (Riccardo Scamarcio, Alessandro Preziosi, Elena Sofia Ricci, Carolina Crescentini, Lunetta Savino), anche a quello di Magnifica presenza (Elio Germano, Giuseppe Fiorello, Vittoria Puccini, Alessandro Roja).
Ma sono solo, appunto, esempi, anche tutti gli altri sette film di Ozpetek hanno cast davvero superlativi, in questo contesto ricorda molto la professionalità di Luchino Visconti, la sua severità, il rigore, la perfezione nel comporre i propri casting.

A proposito, piace Luchino Visconti a Ferzan Ozpetek?: “in questo momento penso a Rocco e i suoi fratelli, ad esempio. Si è un film che ho amato molto…”.
E di Visconti, in qualche maniera, Ozpetek riprende anche la beltà delle scenografie, perfette e ricercate, e dei luoghi dove ambienta i suoi film. Dice Ozpetek: “i miei film hanno una distribuzione precisa anche all’estro. Quindi mai mi sognerei di fare vedere una Italia brutta e trascurata…”.
Il cinema di Ferzan Ozpetek è cominciato in Turchia, ad Istanbul, la città dove è nato. Dice Ferzan Ozpetek: “da piccolo non facevo altro che andare al cinema. Film quasi sempre in lingua originale, sottotitolati. Ho visto tanto cinema italiano, ricordo poi film meravigliosi come Il Dottor Zivago o My fair Lady. Trovavo e cercavo al cinema tutto quello che volevo dalla vita: ridere, piangere e sognare”.
Ed i film italiani rimasti incisi nella memoria? Ozpetek non ha dubbi, segnala Il segno di Venere di Dino Risi, Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica, Parigi o cara di Vittorio Caprioli. Dice Ferzan Ozpetek: “dei film che finora ho realizzati sono assolutamente soddisfatto, però sono anche assolutamente scontento…”.
Oggi la filmografia di Ozpetek vanta la bellezza di dieci lungometraggi: Il bagno turco – Hamam, 1997, Harem Suare, 1999, Le fate ignoranti, 2001, La finestra di fronte, 2003, Cuore sacro, 2005, Saturno contro, 2007, Un giorno perfetto, 2008, Mine vaganti, 2010, Magnifica presenza, 2012, Allacciate le cinture, 2014. Vale la regola che abbiamo espresso poc’anzi. Di questi titoli difficile, almeno per noi, indicare il più bello. Ma certamente restano tutti dei film molto importanti. E gli ultimi tre anche piuttosto divertiti.
Sei la mia vita, il romanzo
Oggi Ozpetek è tornato in libreria con il suo nuovo romanzo, Sei la mia vita, che non ha per il momento intenzione alcuna di trasferirlo sullo schermo.
Sei la mia vita, bellissimo tra l’altro per la sua altissima intensità emozionale, concretizza tra le sue pagine quello che è stato un viaggio in automobile, percorso con il suo compagno, e nel racconto dei suoi quarant’anni trascorsi in Italia, proprio dal suo arrivo a Roma. Ferzan Ozpetek è arrivato a Roma negli anni settanta, spinto sicuramente dalla beltà del cinema italiano, ad Istanbul sin dalla più tenera età ne aveva fatto davvero incetta. Ha deciso di fermarsi a Roma per studiare cinema, ma anche perché vedeva, in quel luogo e in quel tempo, la voglia e la tensione “rossa” di un grande paese, l’Italia, in lotta assoluta contro tutti i soprusi e contro tutti i poteri più degeneranti. Ferzan, oggi, forse se lo chiederà, d’altronde dal suo cinema e dalla sua letteratura qualcosa di questo, tra i suoi personaggi e tra le situazioni, sembra trasparire qua e là: come mai quel luogo e quel paese, l’Italia, perennemente in lotta contro i soprusi e contro i poteri degeneranti oggi è diventato, veramente, il paese più addormentato e retorico al mondo? Ribaltiamo un po’ la situazione: un altro Ferzan Ozpetek, oggi, in una Italia simile, vorrà e potrà veramente fermarsi?
Giovanni Berardi