Arriva nelle sale italiane dal 27 Agosto, distribuito da Cinecittà Luce, La bella gente di Ivano De Matteo
Sinossi: Alfredo è un architetto. Susanna una psicologa. Gente di cultura, gente di ampie vedute. Cinquantenni dall’aria giovanile, dalla battuta pronta e lo sguardo intelligente. Vivono a Roma ma trascorrono i fine settimana e parte dell’estate nella loro casa di campagna all’interno di una tenuta privata. Un giorno Susanna, andando in paese, resta colpita da una giovanissima prostituta che viene umiliata e picchiata da un uomo sulla stradina che porta alla statale. In un attimo la vita di Susanna cambia, ha deciso che vuole salvare quella ragazza. Salvarla per salvare i propri ideali.
Recensione: Ivano De Matteo filma una sceneggiatura al vetriolo di Valentina Ferlan, riuscendo a provocare l’effetto desiderato, ovvero l’esplosione di tutte le contraddizioni presenti all’interno di una classe sociale abbiente, progressista e molto spesso animata da intenti umanitari che, esposti al giudizio della realtà, si rivelano inconsistenti, vacui, effimeri. Ma prima ancora di entrare nello specifico del plot narrativo, quella di Ivano De Matteo è una messa alla berlina della classe borghese, che, in ultima analisi, non può far altro che cercare incessantemente di salvaguardare la propria fetta di potere, di agiatezza, senza avere alcuna possibilità reale di potersi redimere. D’altronde l’aveva già ampiamente segnalato Pasolini nei sui vari scritti (Scritti Corsari, Lettere Luterane): il borghese è irredimibile. E torna prepotentemente alla memoria la straordinaria sequenza finale di Teorema, dove Massimo Girotti (che nel film interpretava il padre, proprietario d’industria) correva svestito, urlando, in una distesa deserta, trovando intorno a sé solo desolazione e silenzio.
Tra l’altro siamo spettatori di una doppia modulazione dell’assetto borghese: da una parte c’è la coppia di sinistra costituita da Monica Guerritore e Antonio Catania, dall’altra quella becera di destra formata dal redivivo Giorgio Gobbi e dalla brava Iaia Forte. Per quanto i due nuclei siano distanti ideologicamente e politicamente, ciò che davvero li tiene insieme è, ancora una volta, il potere economico, ed è davvero istruttivo assistere ai meccanismi interni che regolano le loro vite, fatte di pranzi all’aperto, nuotate in piscina, passeggiate in belle auto tra gli splendidi scenari di una rigogliosa campagna……Questo è il punto: messo dinanzi alla possibilità di perdere tutto ciò, anche il più nobile degli intenti, come quello di aiutare una prostituta straniera a trovare una nuova vita, cade miseramente. E, ripensandoci bene, appare davvero risibile il moto di sdegno provato da Susanna (Monica Guerritore) quando vede la ragazza russa (o di chissà dove) mentre viene picchiata dal suo protettore. Un borghese che cerca di cambiare il mondo, tra l’altro con isolate azioni individuali, può provocare solo ilarità e, successivamente, sconforto.
Mi scusino i lettori, ma non posso fare a meno di continuare una lettura comparata del film di Ivano De Matteo con il sopra citato Teorema: Nadja (Victoria Larchenko), la prostituta straniera, sembra proprio riproporre la figura che a suo tempo assunse Terence Stamp nel film di Pasolini. Un angelo che penetra all’interno del tessuto borghese e lo scardina irreversibilmente. Niente sarà più come prima, perché ogni singolo componente comprende, finalmente, la propria ancestrale colpa, senza potersene comunque in nessun modo disfare, non esistendo espiazione che tenga. E difatti nelle sequenze finali allo sguardo rivolto al futuro della giovane prostituta (o ex prostituta, a quel punto) si contrappone la porta chiusa della casa della coppia che prima l’aveva accolta: un accostamento ben congegnato che rende efficacemente la differenza ontologica dei soggetti coinvolti.
Un sonoro ceffone, insomma, quello del regista romano a una certa tendenza di un mondo ormai decrepito che non può fare altro che continuare a deflagrare. Nulla, tanto mento qualche risibile intento umanitario, può arrestare questo processo. Solo la cultura può, diceva ancora Pasolini, attenuare un poco questa insuperabile condizione.
Luca Biscontini