In questo carrozzone rumoroso e dalla trama bislacca, compatibile solo e soltanto per un target costituito da spettatori della domenica, l’unica protagonista che non perda mai la faccia è la città eterna, ritratta scopiazzando l’immaginario cinematografico della Roma Dolce Vita style.
Sinossi: Al culmine della Guerra Fredda, l’agente della CIA Napoleon Solo e la spia del KGB Illya Kuryakin sono costretti – loro malgrado – a collaborare per sventare i piani di una diabolica organizzazione criminale che ha sede a Roma. Stando alle informazioni ricevute, i malviventi vorrebbero servirsi dello scienziato missilistico Udo Teller, un tempo legato a doppio filo con il regime del Terzo Reich, per costruire un proprio armamentario nucleare. A fare luce sulla misteriosa scomparsa del dottore entra allora in scena Gaby, la figlia ventenne di Teller.
Recensione: Si può parlare di “orizzonte di aspettativa” per Operazione U.N.C.L.E. di Guy Ritchie? Sì e no. Sì perché il rocambolesco film di azione ideato dall’autore di Snatch predispone lo spettatore a una modalità di ricezione implicitamente basata sul riferimento a The Man From U.N.C.L.E, ovverosia la serie televisiva statunitense degli anni ’60 interpretata da Robert Vaughn e David McCallum. D’altra parte, no perché il pubblico più giovane finora pasceva beatamente nell’ignoranza, infischiandosene del serial ideato da Sam Rolfe trasmesso in Italia con il titolo Organizzazione U.N.C.L.E. o L’uomo dell’U.N.C.L.E.. In realtà, l’ultima fatica di Ritchie ha una familiarità più a largo raggio con il genere spy story (in generale) e con l’epopea di 007 (in particolare). Già dalle prime sequenze scatterà immediatamente davanti ai vostri occhi un piccolo particolare: l’agente della CIA Napoleon Solo (Henry Cavill) ha sia la licenza di uccidere sia il fascino dandy e sornione della ben più celebre spia al servizio di Sua Maestà.
Forse, dopo aver avuto per un bel po’ di tempo le storie brevi di Sir Arthur Conan Doyle sul comodino accanto al letto, Ritchie ha deciso di infilare il segnalibro in qualche romanzo di Ian Fleming. Magari, ispirato dalla scrittura emozionante del papà di James Bond, il regista ha pensato bene di cimentarsi in un’avventura cinematografica che fosse una sorta di “mille e una notte” ambientata all’epoca della guerra fredda. Ritchie e il suo sceneggiatore Lionel Wigram ci hanno riflettuto un po’ su e poi hanno ritenuto opportuno che anche i loro due eroi dovessero essere provvisti di un armamentario degno del migliore tra gli agenti segreti. Parte così il solito carosello di cliché legato ai numerosissimi gadget super-tecnologici dal sapore retrò. Essendo poi le due spie nemiche giurate, ubbidienti agli ordini emanati dalle rispettive cortine di ferro, si scatena tra Napoleon Solo e Illya Kuryakin (Armie Hammer) un’interminabile competizione virile per vedere “chi ce l’ha più lungo”… il gadget, qui inteso in quanto mero prolungamento dei personaggi. Tra i due litiganti, spicca però la bella tedesca Gaby Teller (Alicia Vikander), che in maniera ironicamente irriverente ruba più di una volta la scena ai maschietti, rifiutandosi di recitare la parte di preda impotente pressata in un ruolo codificato in maniera rigida.
Nella migliore definizione possibile, Operazione U.N.C.L.E. si dimostra una galleria di corpi, volti e nomi dallo spessore millimetrico di una figurina Panini. Per non parlare poi dei tratti psicologici di Napoleon Solo e Illya Kuryakin: le loro personalità sono a tal punto schematiche che basta unire le singole caratteristiche dei nostri eroi per tracciare una figura qua e là abbozzata, esattamente come negli almanacchi e nelle riviste di enigmistica. In questo carrozzone rumoroso e dalla trama bislacca, compatibile solo e soltanto per un target costituito da spettatori della domenica, l’unica protagonista che non perda mai la faccia è la città eterna, ritratta scopiazzando l’immaginario cinematografico della Roma Dolce Vita style.
Maria Cristina Caponi
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