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Invictus

“Altro sport, altro capolavoro. Il cinema di Clint Eastwood pare non avere limiti in quanto a profondità emotiva. Bastano pochi elementi e il gioco è fatto”.

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Altro sport, altro capolavoro. Il cinema di Clint Eastwood pare non avere limiti in quanto a profondità emotiva. Bastano pochi elementi e il gioco è fatto. Anche perché il genere è solo un pretesto. La poesia, tra SergioLeone e John Ford, per citarne qualcuno, fa il resto. Con Invictus, però, Eastwood torna nel già esplorato mondo sportivo (dopo Million dollar baby sulla boxe realizzato nel 2004), a cui aggiunge un altro filone da sempre molto amato: il biopic (Bird del 1988 n’è un esempio).

La storia è ambientata in Sud Africa. Subito dopo essere stato eletto presidente, Nelson Mandela (Morgan Freeman), deve trovare un modo per riunire la popolazione del suo paese letteralmente spaccata in due, bianchi e neri. Nonostante l’apartheid sia stato ufficialmente sconfitto, si manifestavano ancora molte forme di razzismo. Mandela, quindi, per riunire il paese approfitta della Coppa del Mondo di rugby del 1995. Infatti, proprio quell’anno agli Springboks (il soprannome della nazionale sudafricana di rugby) è permesso di partecipare a eventi internazionali. Mandela voleva che il Sud Africa vincesse il mondiale, sperando che questo evento di grande importanza potesse in qualche modo riunire il paese. Purtroppo gli Springboks erano reduci da numerose sconfitte. Secondo alcuni addetti ai lavori, non avrebbero potuto superare neppure i quarti di finale. Mandela però non si arrese e convocò il biondissimo capitano della squadra Francois Pienaar (Matt Damon) per informarlo di cosa aveva bisogno l’intero Sud Africa. I due unirono le forze per la pacificazione del loro Paese. Per l’occasione vennero addirittura coniati slogan quali “The rainbow nation” e “Una squadra, un Paese”. Il resto è già storia. «ll rugby non è un fattore politico… è umano!», parola di Morgan Freeman.

Invictus (in latino invitto, mai sconfitto) è il secondo film dedicato a Nelson Mandela dopo Il colore della libertà (2007) di Bille August, che però ne racconta il rapporto con James Gregory, il secondino che lo seguì durante il periodo di prigionia (autore anche del libro da cui è tratto il film). Invictus, invece, è legato a un preciso momento storico, la Coppa del Mondo di rugby del 1995 in Sud Africa, paese la cui partecipazione a partire dagli anni Ottanta era stata proibita a causa dell’apartheid.

Nello specifico si tratta di un adattamento, fortemente voluto da Morgan Freeman, del romanzo di John Carlin “Playing the enemy: Nelson Mandela and the game that made a nation” (in Italia pubblicato con il titolo “Ama il tuo nemico”), anche se il titolo Invictus, “L’invincibile”, (inizialmente il film doveva intitolarsi “The human factor”) fa riferimento ad un poemetto di William Ernest Henley del 1875 molto amato da Mandela nel periodo di detenzione. Non è un caso, infatti, che sono i versi del poeta ad accompagnare la grande impresa di unità di un popolo diviso. Unità che si compie su un campo di rugby, perché anche lo sport ha la forza di cambiare il mondo. «Non importa quando sia stretta la porta, quanto piena di castighi la pergamena. Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima».

Giacomo Ioannisci

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