Torniamo a parlare del Genova Film Festival e in particolare della sezione Genova per noi, che quest’anno (anche per merito dell’esplosivo duo Davide Scovazzo / Johnson Righeira, visto all’opera durante la presentazione del corto horror Rigorosamente dissanguati da vivi) ci è parsa particolarmente in salute, perché vi è innanzitutto un piccolo aneddoto che merita di essere raccontato, a riprova di quanto lo “zoccolo duro” di una manifestazione cinematografica possa affezionarsi a determinate opere.
La breve parabola che vi andiamo a riferire riguarda una proiezione iniziata il primo luglio alle ore 17.30, proiezione che (senza calcolare i tempi di un conciso incontro col pubblico) sarebbe dovuta terminare dopo circa un’ora e mezza… e che si è invece protratta ben oltre le 20! Il motivo di questo mostruoso ritardo? Semplicemente quegli inconvenienti tecnici che nell’era del digitale accadono sempre più spesso, e che nella circostanza hanno disturbato a tal punto il regolare svolgimento della proiezione, da richiedere addirittura lo spostamento nella sala adiacente fornita di un diverso strumento di riproduzione video. Nonostante ciò, la nota positiva è che una parte consistente del pubblico si è talmente fomentata, durante la visione di Ti offro da bere, da resistere a tutte le avversità e riservare poi una calorosa accoglienza all’autrice e alla piccola rappresentanza del cast rimasta in sala, dopo la fine del lungometraggio.
Morale di questa storiella è pertanto che un piccolo film indipendente come quello diretto da Ilaria Gambarelli, film la cui origine va cercata produttivamente tra Spagna e Italia, proprio grazie alla vivacità e all’attualità del racconto, al sovrapporsi di diverse tracce di genere, alla scelta di interpreti poco famosi ma perfetti per i rispettivi ruoli, si è rivelato capace di appassionare il pubblico oltre ogni previsione; risultando così a nostro avviso meritevole di una distribuzione in sala, più di tanto altro cinema italiano sostenuto da produzioni ricche, solide, ma senza idee alla base.
Al contrario, Ti offro da bere riesce col suo ritmo spigliato a focalizzare i contenuti di una storia, ambientata tra Genova e l’Inghilterra, che con la giusta dose di ironia sa esprimere il disagio, le aspettative, le incertezze esistenziali di tanti giovani tra i 30 e i 40 anni, ancora alla ricerca di un’identità in un mondo sempre più cinico.
Nel suo ondeggiare tra tanta buona volontà e comportamenti a volte ingenui, superficiali, Christian è il protagonista perfetto di un simile racconto, che lo vede inizialmente alle prese con guai sentimentali ed economici in quella Londra, dove si era trasferito tanto per questioni di cuore che per tentare la fortuna nel mondo delle arti marziali miste (MMA); un mondo che lo vede approdare al rango di campioncino locale, proprio nel momento in cui altre necessità pratiche (per sbancare il lunario era comunque costretto a fare un altro lavoro) si impongono drasticamente alla ribalta, fino a delineare una situazione per niente rosea: si rischia infatti di perdere allo stesso tempo la propria donna e l’appartamento dove loro due erano andati a convivere.
Il precipitare della situazione impone a Christian un ritorno nella natia Genova, che ha tutta l’aria di una fuga. Senza voler raccontare troppo di un plot che si rivelerà, strada facendo, sempre più coinvolgente, pur mantenendo un’apprezzabile semplicità di fondo nei rapporti umani, diciamo che quel tono agrodolce già percepito nel segmento londinese viene poi a perfezionarsi in terra ligure, abbracciando il mondo delle relazioni famigliari assieme a una concezione dell’amicizia vissuta a fior di pelle, con una schiettezza talvolta persino ruvida. All’interno di questo spaccato generazionale fuori dagli schemi e mai banale, Ti offro da bere sembra garantire gli spazi di maggior sincerità e presa emotiva proprio a ridosso del rapporto di Christian coi suoi vecchi compari, dei quali al suo ritorno in Italia escono subito fuori cambiamenti importanti, nel bene e nel male: che li si provi a descrivere come I vitelloni del nuovo millennio, o come la più castigata variante italica di certe commedie anglosassoni ad alto tasso alcolico (vedi Una notte da leoni e relativi sequel) i personaggi di Ti offro da bere hanno una loro genuinità che nelle scene più riuscite, su tutte quella con la veduta di Boccadasse a far da cornice, non manca di appeal cinematografico. Complimenti perciò all’autrice Ilaria Gambarelli, come anche all’affiatata, simpatica formazione di attori, che questa produzione indipendente ha saputo mettere insieme.
Stefano Coccia