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Romano Scavolini in cofanetto dvd per RaroVideo

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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I fan irriducibili del cinema di genere lo conoscono, sicuramente, perché regista dei thriller a tinte horror Un bianco vestito per Marialé (1972) e Nightmare (1981), ma è da una celluloide sperimentale e maggiormente propensa all’intellettualismo strettamente d’autore che ha preso il via la carriera Romano Scavolini, nato a Fiume nel 1940.
Una carriera aperta da A mosca cieca (1966), che, anche conosciuto con il titolo Ricordati di Haron e girato in bianco e nero, durava inizialmente la bellezza di sei ore, per poi essere stato ridotto prima ad oltre due e mezza, poi a cento minuti e, infine, ai sessantatré circa della copia ormai a tutti nota.
La stessa che RaroVideo rende disponibile all’interno di un cofanetto a doppio dvd riguardante proprio il cineasta, il cui film in questione gli procurò non poche peripezie giudiziarie conclusesi con il sequestro della copia originale (ancora oggi custodita negli scantinati dell’ex Ministero del Turismo e dello Spettacolo), in quanto un seno fugacemente mostrato di Laura Troschel venne ritenuto pornografico.
Con un esordiente CarloLa scortaCecchi protagonista e un non accreditato Pippo Franco coinvolto nelle immagini conclusive, un atipico, anarchico racconto su pellicola joyciano (ma i riferimenti letterari sono anche Albert Camus e Samuel Beckett) che, non lontano dalla Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard, sfrutta l’esile idea di un individuo che fantastica su chi puntare e scaricare una pistola trovata in un’automobile parcheggiata per studiare su schermo le infinite possibilità generate in ogni istante dall’assurdo.
Un racconto su pellicola basato molto più sugli sfondi della Roma di allora che sui dialoghi, quasi assenti, e che, con Remo Remotti incluso nel cast, Elsa Morante interpretò, giustamente, in qualità di spartiacque tra il Neorealismo e un nuovo modo di fare Settima arte.

A mosca cieca
Un racconto su pellicola dal clima politico tenuto sottotraccia per esplodere in maniera evidente, invece, nella seconda prova scavoliniana: La prova generale (1968), anch’essa compresa nel cofanetto insieme a L’amore breve (1969).
Entrambi realizzati a colori, il primo, oltre a quella dei già citati Cecchi, Troschel e Remotti, vanta la presenza di Alessandro Haber, Lou Castel, Leopoldo Trieste e Frank Wolff e, privilegiando stavolta le parole rispetto a ciò che viene immortalato, mette in scena un gruppo di uomini e donne impegnati a provare la loro vita e a vivere la propria recita, senza poter mai debuttare veramente.
Una recita tempestata di interrogativi esistenziali – dall’amore al delitto, passando per il sesso e l’aborto – e cui ralenti, salti di montaggio e ripetizioni dell’immagine provvedono a fornire il (retro)gusto di sperimentazione qui decisamente meno evidente – sebbene si tratti, in sostanza, di un puzzle polidimensionale da smontare e ricomporre in cerca di una sequenza logica – rispetto all’opera precedente.
Il secondo, inizialmente circolato come Lo stato d’assedio, si distacca, al contrario, da entrambi, abbracciando una narrazione più classica – e guardando in parte a Grazie zia (1968) di Salvatore Samperi – nel costruire un torbido melodramma non privo, comunque, di sottotesti politico-sociali (è stato, però, molto rimaneggiato dal produttore).
Del resto, una Trieste in tutta la sua decadenza (con tanto di crisi dei cantieri navali) fa da scenografia alla borghesia capitalista in declino rappresentata dalla famiglia di un giovane Mathieu Carrière, che, soffocato da una madre morbosa e ignorato da un distaccato padre che usurpa un titolo di console che non gli appartiene, intrattiene una relazione con una sexy Joan Collins, amica della genitrice, nonché proiezione incestuosa del rapporto materno.
E si sfiora anche la scottante tematica (per l’epoca dell’uscita in sala) dell’omosessualità nel corso dell’elaborato destinato a chiudere questo trittico da collezione, oltretutto impreziosito da una sezione extra dispensatrice di un’intervista di più di un’ora a Scavolini e dei cortometraggi Alle tue spalle senza rumore e Alzate l’architrave carpentieri… senza contare un interessante booklet a cura di Bruno Di Marino all’interno della confezione.

Francesco Lomuscio

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