La recensione di The Lobster di Yorgos Lanthimos, disponibile su Sky e Now Tv.
The Lobster di Yorgos Lanthimos
In una realtà che ha tutte le sembianze della contemporaneità spazio-temporale essere single è un reato che va punito e espiato.
Si viene pertanto deportati in un hotel e attraverso regole ferree, crudeli e grottesche, in 45 giorni si è obbligati a trovare l’anima gemella.
Una caccia spietata dei ribelli single che vivono fuori l’hotel può prolungare la permanenza e quindi la possibilità di trovare una persona compatibile. Sì, la compatibilità sembra l’elemento da ricercare nell’altro, in modo reale o illusorio.
Al termine della permanenza, se non accoppiati, si verrà trasformati in un animale a propria scelta.
Nel frattempo coloro che si ribellano alla condizione di coppie vivono nei boschi e tornano saltuariamente in città fingendosi coppie convenzionali. Essere nella realtà non consente deroghe: si può essere solo una coppia e i figli sono una garanzia alla sopravvivenza della stessa.
Convenzioni e ipocrisie
Lanthimos dopo Dogtooth e Alps continua a riproporre la deformazione prodotta dalle società convenzionali, con i loro saldi fondamentalismi e le ipocrisie di fondo.
Qui sono l’amore e l’amicizia che emergono in tutta la più radicale e grottesca vanità.
Solo uno sguardo disincantato sul vissuto può creare un nuovo modo di vedere le abitudini, le regole sociali, le credenze, le ideologie che la quotidianità produce.
La funzionalità della specie denunciata dal grande filosofo Schopenhauer torna in tutta la sua attualità; la sessualità è funzionale alla produzione industriale dell’illusione dell’amore e dei suoi consumi; uno stratagemma di cui si serve il genio della specie per sedurre l’individuo e per indurlo alla perpetuazione della vita. Chi non si adegua è emarginato e in costante pericolo.
Alcune domande
Strutturato come un film di fantascienza, il film di Lanthimos veicola un senso di solitudine opprimente, evidenzia la funzione narcisistica dell’amore e pone una infinità di domande invadenti.
Cos’è più forte? La paura di vivere da soli o di morire da soli? La paura di vivere con qualcuno o la solitudine?
Perché ricerchiamo un’anima gemella? Cosa ci spinge a farlo?
Siamo liberi o determinati dalle maglie dell’industria culturale?
Un intrigo confuso e illuminato, impenetrabile e metaforico, racconta la camicia di forza che la nostra società impone e dipinge artisticamente la tela della manipolazione delle coscienze impiegata dal sistema per conservare se stesso e tenere sottomessi gli individui, rendendoli passivi ed eterodiretti, annullandoli come persone e riducendoli a massa informe.
Un mondo tutt’altro che ideale agisce sulle nostre vite e sui nostri sentimenti veicolando l’illusione della libertà nella strada a senso unico della trasgressione; quella pseudo trasgressione che è la tecnica di cui il potere si serve per imporsi.
La fuga nella trasgressione non solo è permessa, ma promossa dall’autorità perché è una tattica della sottomissione; è l’illusione di sentirsi liberi senza esserlo e rispetto all’obbedienza passiva l’opposizione è solo antitetica.
Non c’è scampo sembra dire Lanthimos in The Lobster e anche in amore nessuno ama l’altro, ma ognuno ama ciò che ha creato con la materia dell’altro.
gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro. Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme. E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio.
Platone, Simposio 192 c-d
Beatrice Bianchini