La nipote di Elsa Morante, Laura, racconta che la zia amava chiedere a tutti, nell’ultimo periodo della sua vita, quale fosse la più bella frase d’amore. Alle grandi cose che gli altri dicevano, lei rispondeva: “No. La frase d’amore, l’unica, è: hai mangiato?”.
Come avesse visto il film di Gianluca Tavarelli, Una storia sbagliata, nel quale Stefania (Isabella Ragonese) sceglie dal suo libro di ricette una pietanza a sorte da preparare al marito Roberto (Francesco Scianna). “Ma non ti stanchi mai di cucinare”? Chiede lui, “No, per te mai!”. La sollecitudine verso la persona amata è fatta anche di questo, di piccoli gesti quotidiani dedicati, che insieme ai grandi costruiscono una grande storia d’amore.
Non sono le promesse a coinvolgerci in questa relazione, piuttosto lei che dà dello scemo e del cretino a lui, con un sorriso pieno e una dolcezza nella voce che caricano d’affetto quelle parole; lui che la prende in giro: “La mia cuciniera vecchia fattucchiera”, la spinge nell’acqua della piscina, ma più di tutto le canta Una storia sbagliata di De André. Stefania risponde con l’espressione compiaciuta, divertita, intimidita, e innamorata.
La scena ricorda quella del matrimonio in Hungry Hearts di Saverio Costanzo in cui lo sposo americano, Jude (Adam Driver), canta alla moglie italiana, Mina (Alba Rohrwacher), niente di meno che Tu si ‘na cosa grande di Domenico Modugno. Anche qui lei si schermisce, mentre gli occhi sono commossi fino alle lacrime. Jude è un po’ impacciato, ma deciso, al contrario di Roberto che da subito ha l’aria disinvolta, quasi spavalda.
L’amore al cinema: due storie
Due storie d’amore che cominciano con una canzone e che diventano, ciascuna a proprio modo, drammi esistenziali e di coppia. Stefania alimenta il marito e il loro rapporto con mangiarini cucinati senza risparmio di tempo. Mina sottrae il nutrimento a se stessa e al suo bambino, precipitando in uno stato quasi psicotico dal quale le attenzioni e il rispetto del marito non riusciranno a risollevarla.
In Una storia sbagliatail dolore di Stefania è reso in continua alternanza con il passato solare della vita a due: l’innamoramento, il gioco, gli abbracci, la richiesta di un figlio da parte di lui, la ricerca di una casa nuova. Poi anche i flashback si incupiscono, e si fanno quasi cronaca di una morte annunciata. Eppure, il contesto è ancora piacevole (la piscina, le tende rosse della stanza da letto, la spiaggia dall’alto); ma diventa del tutto buio quando Stefania viene ripresa, una sigaretta via l’altra, nell’autismo della sua solitudine.
Al contrario, la casa di Jude e Mina è claustrofobica fin da subito e non a caso i due si incontrano la prima volta nello spazio angusto della toilette in un ristorante cinese, al piano inferiore, intrappolati da una chiave che non apre più. Quasi un presagio di cosa sarà la loro vita, dopo.
Le storie di Stefania e Roberto, di Jude e Mina hanno in comune la narrazione di un sentimento che sa commuovere. Di scene d’amore al cinema possiamo rievocarne chissà quante. Potremmo chiedere agli amici, come faceva Elsa Morante, qual è per loro la migliore. Ma anche noi forse diremmo, insieme a lei, che la scena più avvincente è quella che ricalca la realtà (“Hai mangiato?). Quando i personaggi ci paiono vicinissimi, credibilissimi: Francesco Scianna e Isabella Ragonese lo sono davvero tanto con il loro accento siciliano non recitato. Anche Alba Rohrwacher che ripete ad ogni film quell’aria quasi dimessa, ma con la luce nello sguardo che la contraddistingue. Protagonisti belli, ma non bellissimi, vicini nei loro dialoghi che sanno di quotidiano, come le linguine al pesce che Stefania cucina per Roberto.
Amori pacati
Storie coniugali, tra l’altro che si devono piegare, non ai tradimenti, al disamore, al disincanto del tempo che passa, ma ai fantasmi della mente di Mina per Hungry Hearts o alla crudele realtà della guerra per Roberto in Una storia sbagliata, legata anch’essa, a un travaglio psicologico che, indipendentemente dall’amore, lo allontana da Stefania. Roberto e Stefania hanno molto in comune; sono dello stesso paese, Gela, in Sicilia, amano Vasco Rossi, condividono gli amici. Jude e Mina sono di due continenti diversi, ma quando lui canta Modugno per lei ogni distanza si azzera.
Amori pacati, eppure intensi, nei quali ci si può riconoscere, e sui quali proiettare molto dei nostri vissuti. Insieme alle paure, alla fragilità che si nasconde dietro ogni legame, anche il più solido. “Non siamo mai così privi di difese come nel momento in cui amiamo”, diceva Freud, riferendosi forse alla fase che ci lascia più scoperti, quella dell’innamoramento. Ma il timore di perdere l’affetto perdura, anche quando i sentimenti diventano più sicuri.
L’amore tra Jude e Mina, tra Roberto e Stefania ci vengono narrati in modo diverso. Il primo seguendo una fabula, che inizia gioiosamente, attraversa poi rivalse intollerabili, prima di risolversi in tragedia. E, per avviarci al thriller psicologico della storia, il regista ricorre ad evidenti ellissi. Dura poco l’amore raccontato tra i due, ma è di un’intensità spiazzante. Il secondo con un intreccio continuo di presente e passato, che rende ancora più forte la presenza dell’altro e impossibile la rassegnazione della mancanza. Ma entrambi hanno il potere di farci sentire il peso dell’imprevisto, che può essere esterno alla coppia, ma minacciarla anche da di dentro, fino a sconvolgere la vita e la stessa identità delle persone che alla coppia si sono affidate senza difese.