Finanziamenti pubblici sempre più magri e incostanti, per il Genova Film Festival, ma non per questo sono venute meno le idee, le proposte cinefile dotate di una certa originalità che rendono anche questo 18° appuntamento con la kermesse ligure un serbatoio di potenziali scoperte.
L’evento più scoppiettante è stato senz’altro quello che martedì 30 giugno ha generato, in sala, un clima quasi da Fantafestival. Il The Space del Porto Antico, che anche quest’anno ospita il festival, si è riempito d’un tratto di una serie di personaggi coloriti, stravaganti, animati in molti casi da una genuina passione per l’horror, e pronti soprattutto a festeggiare con Davide Scovazzo la proiezione dell’attesissimo Rigorosamente dissanguati da vivi.
Di cosa si tratta? Rigorosamente dissanguati da vivi è il segmento genovese di un progetto cinematografico molto stimolante, quel lungometraggio a episodi ideato dallo stesso Scovazzo che prenderà poi il nome di Sangue misto: otto storie differenti portate avanti da altrettanti registi, ognuno in una diversa città italiana, per raccontare con ironia, gusto della provocazione estetica e paradossale consapevolezza il rapporto con gli immigrati e la complessità stessa del processo di integrazione. Senza sofismi politici, per carità, ma con l’idea ribadita più volte dallo sfrontato film-maker di dare per acquisita la presenza delle altre culture, di una più fitta immigrazione, facendo però un piccolo passo avanti; un passo in direzione della catartica rappresentazione di questo incontro/scontro attraverso gli stilemi dell’horror, riproposto magari in quell’ottica grottesca e goliardicamente sanguinolenta, per cui lo stesso Scovazzo ha optato.
Succede così che in Rigorosamente dissanguati da vivi, la cui vena irriverente e demenziale produce, anche nel foraggiare scene irresistibilmente splatter, un forsennato divertimento, siano i terribili segreti custoditi nel classico negozio di Kebab della Genova più popolare il motore dell’azione. Ignari clienti vengono infatti sedotti da una bella mediorientale e da un aitante maghrebino, per contribuire direttamente con la loro carne alla solidità dell’esercizio commerciale. Il gioco, condotto da Scovazzo in modo disinibito e ammiccante, si avvale poi della partecipazione di una straordinaria “factory” composta da interpreti abituati a un cinema così alternativo, da donne decisamente attraenti, da divertite presenze straniere, da volti più o meno “freak” che popolano le notti genovesi e da un ospite d’eccezione: quel Johnson Righeira legato nei nostri ricordi ai grandi successi musicali degli anni ’80, ma che da vero appassionato di horror si è prestato, qui, ad arricchire la galleria di vittime del kebabbaro assassino con un piccolo, memorabile ruolo.
Stefano Coccia