Drive è un film del 2011 diretto da Nicolas Winding Refn, il quale ha vinto il Premio alla migliore regia al Festival di Cannes, basato sull’omonimo romanzo di James Sallis.
Con un budget attorno ai 15 milioni di dollari, il film è stato girato interamente a Los Angeles, California. Il film presenta numerose differenze rispetto al romanzo, mantenendone comunque l’atmosfera. Gli eventi, che nel libro sono divisi su due piani temporali diversi (presente e passato del protagonista), nel film vengono concentrati in un unico blocco narrativo, senza il ricorso a flashback.
Il film è stato presentato in concorso alla 64ª edizione del Festival di Cannes il 20 maggio 2011, aggiudicandosi il Prix de la mise en scène per la miglior regia. La distribuzione nelle sale cinematografiche statunitensi è avvenuta il 16 settembre 2011, mentre in Italia il 30 settembre dello stesso anno. Il film si è rivelato un grande successo di critica e di pubblico incassando 80 milioni di dollari in tutto il mondo, lanciando definitivamente il regista Nicolas Winding Refn e l’attore Ryan Gosling.
“Ci è voluto il premio come miglior regia al Festival di Cannes 2011 per aprire gli occhi a molti addetti ai lavori e ad una larghissima fetta di pubblico sul cinema di Nicolas Winding Refn, occhi che adesso si spalancano scintillanti ed estasiati al cospetto di un film come Drive, ultimo acuto di una filmografia che dal 1996 in poi ha visto, una dopo l’altra, approdare sul grande schermo pellicole di straordinaria potenza visiva, drammaturgica e stilistica: dalla trilogia di Pusher a Bleeder, da Fear X a Bronson, passando perValhalla Rising. Cinema, quello di Refn, volontariamente e allo stesso tempo inconsciamente citazionista, nel quale si ritrovano le lezioni tecnico-stilistiche, le atmosfere e il modo di raccontare dei maestri (da Scorsese a Leone, da Hill ad Argento, da Mann aMelville), lezioni che il regista danese ha fatto sue plasmandole a propria immagine e somiglianza, tanto da permettere alla fascinazione e alla metodologia americana di coesistere con la sensibilità europea. In tal senso, Drive è il riflesso condizionato, la cartina tornasole, di un modo di fare cinema di genere, spettacolare e popolare, conservando però intatta e incontaminata una profonda autorialità.
Motore portante della filmografia di Refn è senza alcun dubbio la rappresentazione della violenza: raggelante, calcolata, brutale e cruda, senza filtri e perennemente in campo (fatta eccezione per la scena finale dove viene mostrata in un sublime gioco di ombre proiettate sull’asfalto rovente), che spesso detta, come accade inDrive, i tempi del racconto e i ritmi della narrazione. In questa trasposizione dell’omonimo romanzo di James Sallis, nella quale è possibile tuttavia individuare sostanziali differenze rispetto all’origine letteraria, soprattutto nella scansione temporale degli eventi (nel libro questi sono divisi su due piani diversi – presente e passato del protagonista – mentre nel film sono concentrati in un unico blocco narrativo senza l’utilizzo di flashback), la violenza segue un percorso evolutivo graduale fino all’incontrollata e incontrollabile deflagrazione che sullo schermo finisce con il travolgere tutto e tutti, in primis il protagonista. È attraverso lui e con lui che questa si manifesta allo spettatore in una sequenza di scene via via sempre più efferate ed estreme, che portano un uomo silenzioso, meticoloso e preciso fino a spaccare il secondo, che ama stare nell’ombra e ama stando nell’ombra, a percorrere le strade californiane in cerca della vendetta e di una tanto desiderata pace. In Drive, però, il regista danese mostra la violenza con follate istantanee, bagni di sangue più stilizzati (ricorrendo a volte con sospensioni temporali dell’atto con ralenti) rispetto a quelli perpetrati con insistenza e cura dei particolari nei film precedenti (vedi Bronson e Valhalla Rising), a dimostrazione di un rinnovamento continuo e costante, che fa di lui un autore a tutto tondo capace di mettere il suo tocco al servizio della storia.
Refn, grazie alla solida e coinvolgente sceneggiatura di Hossein Amini, riesce laddove molti colleghi sbagliano, ossia nel controllo e nella gestione degli elementi in gioco. Il segreto di Drive, ma in generale del cinema di Refn, è l’equilibrio: prima di tutto nella commistione di generi che ciclicamente si presentano nella storia con al seguito il rispettivo carico di ingredienti imprescindibili, si passa così in un battito di ciglia dal melodramma all’action puro, dal noir al dramma, senza che la mutazione di registro venga necessariamente indicata. Come accaduto nel folgorante Driver diWalter Hill, con il quale il film di Refn condivide non pochi punti di contatto, a cominciare dalla fonte d’ispirazione romanzesca, siamo immersi in una notte nerissima che circoscrive a sua volta un gioco iperrealistico di guardie e ladri dove le scene d’azione e di inseguimento in automobile acquistano una potenza geometrica quasi astratta (vedi le riprese escatologiche e chirurgiche dall’alto). Il tutto intervallato da momenti di stasi dove emozioni diverse, dalla paura e dall’adrenalina, rubano letteralmente la scena (il bacio nell’ascensore). Poi è il turno dei personaggi, delineati e strutturati quanto basta per spingere lo spettatore alla scelta della catarsi o del ripudio; se a questo aggiungiamo che a interpretarli sono chiamati attori in stato di grazia come Ryan Gosling o Carey Mulligan, allora il risultato è garantito al 100%.
Risultati alla mano: Drive è una straordinaria e preziosa lezione da tramandare ai posteri, tanto di regia quanto di scrittura e recitazione. Un autentico compendio che riassume in meno di due ore tutto quello che un film dovrebbe essere, avere, saper trasmettere e mostrare”. (Francesco Del Grosso, Taxi Drivers)