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3a edizione del Festival del Cinema Veramente Indipendente

Dopo tre giorni è terminato il 31 maggio il Festival del Cinema Veramente Indipendente. La manifestazione, che per la terza volta impegna le poltrone del cinema Trevi, ha un volto diverso rispetto alle altre manifestazioni cinematografiche

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Dopo tre giorni è terminato il 31 maggio il Festival del Cinema Veramente Indipendente. La manifestazione,  che per la terza volta impegna le poltrone del cinema Trevi,  ha un volto diverso rispetto alle altre manifestazioni cinematografiche. Ad essere mostrati sono prodotti  a basso budget, senza legami produttivi, prodotti realizzati da registi emergenti e spesso e volentieri senza alcun aiuto alle spalle. Sono prodotti genuini, ritroviamo quell’ imperfezione che spesso manca nel cinema preconfezionato. Ovviamente questo porta anche alla visione di opere scadenti e ai primordi, senza alcun concetto registico alle spalle. Il panorama cinematografico è sommerso da piccoli prodotti con la voglia e la capacità di emergere, capacità che viene negata a causa di vincoli maggiori. Il Festival del cinema veramente indipendente  nel suo piccolo smuove la staticità delle cose mostrando quelle opere che pochi avrebbero mostrato e permettendo a queste di non essere solo un prodotto da lasciare nel cassetto. L’esperienza insegna che tante volte  dove non si sperava escono diamanti, magari ancora grezzi ma in grado di essere competitivi. La vera innovazione del festival sta nella rete comunicativa che riesce a creare tra cineasti, addetti ai lavori, curiosi e appassionati, tutti riuniti nel dibattito sul cinema e per il cinema. Nella serata di sabato 30 maggio sono stati mostrati sei corti dei sessantaquattro selezionati.

In Alamor (Raw Tomatoes) Özer Kesemen ci riporta quasi indietro nel tempo sotto il sole cocente delle campagne turche. Buona l’idea di far girare l’intero mondo raccontato intorno al prodotto della terra, il pomodoro, ma poco solido da un punto di vista registico. Il secondo cortometraggio di Jacobo Atienza, Mientras Somos,  piace per la storia, sembra quasi riportare sullo schermo un piccolo film. Il terzo prodotto arriva direttamente dal festival di Shakesperare e come spiega il regista, Marcello Caroselli, è un film commissionato proprio per portare sullo schermo uno dei più grandi drammaturghi inglesi. Si capisce che ad approcciarsi alla macchina da presa non sia un principiante ma il film pecca di contenuto e di stile. Uno stile fatto da un doppio piano, quasi due realtà girate che si avvicinano senza mai scontrarsi. Angelo e Isabella altro non è che il libero adattamento dalla quarta scena dell’atto II di “Measure for Measure” di W. Shakespeare.  Bello e forte nei colori Nosotros Mismos della regista Maria Belén Banega, povero nei temi ma ben costruito e girato. Incantevole, tosto, ruvido, spigoloso e doloroso si presenta Requiem pour mon père con una fotografia da lasciar senza fiato. Ancora di più si rimane estasiati dall’interpretazione che tocca ogni corda dell’anima. Il corto di Quentin Perez è un prodotto senza alcuna sbavatura ma davvero degno di nota. Ben fatto e artisticamente coerente è Admission. Nonostante il tema che potrebbe avere il sapore del già visto tutto è ben raccontato e si nota un gusto quasi minuzioso in ogni scena e nelle scelte registiche. Un corto piacevole  quello di Gianluca Balla, rafforzato dall’interpretazione genuina del protagonista.

Alessandra Balla

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