Si chiude il Rome Indipendent Film Festival che dal 7 al 15 maggio ha appassionato il pubblico romano e i turisti della Capitale nelle sale del The Space Cinema Moderno – novità di questa edizione – e della storica location del Nuovo Cinema Aquila al Pigneto; il festival diretto da Fabrizio Ferrari, con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura e Turismo di Roma, il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – DGC e il contributo dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio ha offerto la visione e l’approfondimento di 120 opere in concorso, tra lungometraggi, cortometraggi e documentari provenienti da oltre 40 Paesi; l’intervento degli ospiti, quali Citto Maselli, Edoardo Leo, Angelo Orlando, Alessandro Haber, Valentina Carnelutti, Nicoletta Romanoff, Marco Bonini, Luca Lionello, Agnese Nano e Carmen Giardina ha reso possibile il confronto e il dibattito tra il pubblico e gli Autori, arricchendo un cartellone sempre più vasto, sia da un punto di vista di tematiche esplorate, che di provenienza geografica, che di forme espressive (come la novità dei corti-documentari).
I RIFF Awards 2015 sono stati assegnati dalla Giuria Internazionale del Festival, composta da Louis Siciliano musicista e compositore, vincitore nel 2005 del Nastro d’Argento; Philippe Antonello, fotografo di scena che vanta collaborazioni con Gabriele Salvatores, Pupi Avati e Nanni Moretti, Mel Gibson e Wes Anderson; Ines Vasiljevic produttrice croata; dall’attrice e produttrice indiana Vishakha Singh; dal documentarista Antonio Pezzuto; dall’attrice giapponese Jun Ichikawa, da Fabio Mancini responsabile dello slot di documentari DOC3 di Raitre e collaboratore alla scrittura del programma Storie Maledette e dal regista Gianfranco Pannone.
Sono due opere dell’Est Europa a vincere ex-aequo nella sezione Lungometraggi Internazionali: Fair Play della regista e sceneggiatrice ceca Andrea Sedlackova e Kebab&Horoscope del polacco Grzegorz Jaroszuk; in Fair Play siamo negli anni Ottanta della cortina di ferro e della Guerra Fredda; è la storia dell’adolescente Anna, una velocista su cui la madre e l’allenatore ripongono le speranze per un futuro migliore attraverso lo sport, al punto tale che per migliorare le proprie prestazioni acconsente ad assumere sostanze dopanti. Kebab&Horoscope osserva con telecamera fissa i protagonisti, senza partecipare, e attraverso i toni freddi ne sottolinea l’alienazione stemperata dalla loro goffaggine nella ricerca di un amore che combatta la solitudine.
Miglior Lungometraggio Italiano è La mezza stagione di Danilo Caputo, in una co-produzione con Romania e Grecia, film sulla provincia italiana, sullo sforzo che i suoi abitanti compiono per essere moderni e innovativi, che si scontra inevitabilmente con tradizioni profondamente radicate; sempre nella sezione di lungometraggi italiani, viene premiata l’attice Caroline Goodall per la sua interpretazione in The Elevator di Massimo Coglitore, film ambientato a New York e girato a Cinecittà.
Per i documenari, The Land Of Many Palaces (UK/China) del documentarista inglese Adam Smith vince nella sezione Documentari internazionali; sempre nella stessa sezione una menzione speciale va a Return To Homs (Siria) di Talal Derki, opera oggi ancora più attuale di quando è stata girata, già premiata al Sundance Film Festival dello scorso anno che ripercorre le tappe della guerra civile siriana, sfociata in conflitto internazionale, dalla piccola cittadina di Homs, bombardata e trasformata in una città fantasma. Nella sezione Documentari Italiani vince Gente dei Bagni di Stefania Bona e Francesca Scalisi, con menzione speciale a Gianni De Blasi per il suo Altamente; Il Segreto di Otello documentario di Ranieri Martinotti, riceve una segnalazione dalla giuria, per il racconto divertito di un pezzo di storia del cinema italiano che non c’è più.
Per i cortometraggi, che in un’epoca di crisi come quella che stiamo vivendo stanno diventando una forma espressiva sempre più importante, dando voce a infinite storie e sfumature e superando la difficoltà del ristretto tempo di narrazione a disposizione; vince nella categoria Corti Documentari My Dad’s a rocker (USA/China) del cinese Zuxin Hou, mentre Invisible Spaces della georgiana Dea Kulumbegashvili si aggiudica il premio per il miglior Cortometraggio Internazionale; sempre tra i cortometraggi internazionali, una menzione speciale va a Discipline (Svizzera) di Christophe M. Saber, nato al Cariro e di origini svizzere. Tra i Cortometraggi Italiani vince L’uomo pietra di Luca Scivoletto, e a Child K di Roberto De Feo e Vito Palumbo e Due piedi sinistri di Isabella Salvetti vanno le menzioni speciali.
Tra i Cortometraggi degli Studenti viene premiato Paris On The Water dell’israeliana Hadas Ayalon laureata in Cinema all’Università di Tel Aviv e How I Didn’t Became a Piano Player (UK) dell’italiano Tommaso Pitta ottiene una menzione speciale; l’iraniano Farnoosh Abedi si aggiudica la sezione dei Corti d’Animazione con The Old Tree.
Anna Quaranta