Il generale Della Rovere è un film del 1959 diretto da Roberto Rossellini, realizzato su un soggetto di Indro Montanelli, dalla rielaborazione del quale prese forma l’omonimo romanzo.
Dopo la trilogia sulla guerra conclusasi nel 1947 con Germania anno zero, Roberto Rossellini con questo film e con il successivo Era notte a Roma torna ai temi bellici e resistenziali; Rossellini aveva da poco concluso il film India e si era già recato in Brasile, nell’agosto 1958, col proposito di verificare le condizioni per la realizzazione di un film tratto da Geografia della fame dell’etnologo brasiliano Josué de Castro. “[…] Vorrei continuare ciò che ho iniziato con “India”: scoprire gli esseri e le cose così come sono, nella loro estrema semplicità.”
Rossellini viveva allora a Parigi (dove lo aveva condotto dall’India la sua nuova compagna, Sonaly Sen Roi). Egli accetta la proposta del produttore Moris Ergas, di fare un film in coproduzione italo-francese; Ergas pone come condizione quella di presentare il film alla Mostra del Cinema di Venezia. Questo obbliga Rossellini, per accelerare le riprese, a concentrare i lavori nel teatro di posa. Il film infatti enfatizza la riproduzione artificiale dello spazio (come si vede bene nelle scene degli esterni e dall’uso dei “trasparenti”).
Il generale della Rovere un film tradizionale?
Il ritorno alla realizzazione di un film tradizionale rappresentò per Rossellini un’operazione di compromesso. “[…] Temo che il film ottenga un grande successo e malgrado tutto lo spero. Forse è stato un errore tattico da parte mia volerlo realizzare. […] Cerco di figurarmi il pro e il contro, i pericoli per la continuazione delle mie ricerche e le possibilità che mi offre.” Di fronte alle perplessità del produttore Sergio Amidei sulla fattibilità nell’immediato dell’ambizioso progetto brasiliano, accettò l’offerta di Moris Ergas di lavorare su un racconto di Indro Montanelli, proprio mentre in Francia stavano per cominciare le trasmissioni del programma in 10 puntate L’India vista da Rossellini.
Il soggetto cinematografico (Il generale, Roma, Zebra film, 1959), che dopo l’uscita del film, rimaneggiato, diventerà anche un romanzo, nacque dall’esperienza di Montanelli stesso che venne imprigionato a San Vittore e conobbe realmente un certo Giovanni Bertoni, poi fucilato dai tedeschi a Fossoli nel 1944. Il film viene infine prodotto da Angelo Rizzoli che era detentore dei diritti sul racconto pubblicato dal giornalista. I familiari di Bertoni, dopo l’uscita del film, intentarono contro il regista una causa per diffamazione.
Alla 20ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il film venne premiato con il Leone d’oro, a ex aequo con La grande guerra di Mario Monicelli (pur in presenza di notevoli opere straniere quali Il volto di Ingmar Bergman).
Più del dissacrante attacco di Monicelli alla retorica militare legata agli eventi della prima guerra mondiale, fu proprio il film di Rossellini (che pure sarebbe stato fatto oggetto di clamorose contestazioni: “[…] Su Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini si rovesciano lo sdegno e la collera della destra, con il lancio di uova marce e bombette puzzolenti nelle sale in cui il film viene proiettato”) a raccogliere i consensi più diffusi, sulla stampa moderata come in quella di sinistra. Sul Corriere della sera del 1º settembre si scrisse di “felice ritorno alla sua vena migliore” del regista e, sulla stessa linea, il commento del giornale del PCI insisteva “[…] È accaduto ciò che da almeno dieci anni ci ostinavamo a sperare”: cioè il ritorno alle origini di Roberto Rossellini, “[…] dopo la penosa, allucinante…decadenza”.
Pier Paolo Pasolini giudica il film “un avvenimento davvero importante”, che mostra che in Italia esiste una cultura capace di “togliere nuovamente la maschera all’Italia, vedere ancora la sua faccia vera, quindici anni dopo”.
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